50. Ty Segall Band – Slaughterhouse

 “La Bibbia da consultare ogniqualvolta in sala prove, in live, a casa si abbiano dei problemi con la chitarra: tirare su il riverbero almeno a 7-8 e il master a 11.”, questo scrivemmo tempo fa su uno dei dischi più potenti del 2012 e questo è rimasto. Encomiabile bravura.

49. School of Seven Bells – Ghostory 

Gli SOVIIB tornano con il terzo album ed è quanto di migliore abbiano mai sfornato: dream pop imbottito di elettronica, con richiami shoegaze e parti vocali sinuose e sensuali. L’album è un concept che sviluppa la storia di una ragazza e dei fantasmi che la tormentano. Riuscitissimo anche Put Your Sad Down, l’EP che ha seguito l’album.

48. Sigur Rós – Valtari

Altro buonissimo album per i Sigur Rós, ma forse il meno riuscito e sicuramente il meno accessibile: Al sesto album gli islandesi hanno esaurito quasi completamente la loro vena pop e pure quella sperimentale: ormai si ripetono sempre nella loro stessa, personalissima formula. Ma, se la formula è vincente, perché cambiarla?

47. Stumbleine – Spiderwebbed

Fare chillwave nel 2k12 riuscendo ad aggiungere ancora qualcosa è difficile, ma Stumbleine ci riesce alla perfezione, facendola sconfinare nell’ambient e unendo e ritmiche downtempo, timidi campionamenti che ricordano una certa post-dubstep, soffici incursioni chitarristiche shoegazey. Ottimo produttore e ottimi featuring.

46. Bat For Lashes – The Haunted Man

Disco non impeccabile ma apprezzabile sulla lunga durata, a tratti monocorde ma ogni canzone gode della sufficienza piena e di quella magia che solo BFL con la sua voce riesce a trasmettere in ogni nota. Poi non prendiamoci per il culo, lei in copertina è nuda.

45. Death Grips – The Money Store

Dei due album usciti quest’anno per i Death Grips questo è quello su cui concentrarsi (non quello col cazzo in copertina). Una bomba sonora brutale, ma coinvolgente e adatta a quasi ogni tipo d’orecchio: elettronica sotterranea e industriale (che incontra non di rado electro e dubstep) sovrastata da un rap violentissimo.

44. Zammuto – Zammuto

Un capolavoro underground che inevitabilmente ha lasciato parlare di sè, purtroppo, molto poco. Un disco da rispettare e contemplare, sperimentazione su ogni campo e genio creativo, immancabile in top50.

43. Spiritualized – Sweet Heart Sweet Light

Gli Spiritualized qua han fatto proprio un lavoro della madonna. Approccio classico ma non banale, un disco a un passo dal clamoroso, si lascia ascoltare e scalda il cuore. Chi è che non ce l’ha nell’iPod? Chi non ce l’ha ancora, intendo.

42. Chairlift – Something

Talento pop sconfinato. Caroline Polachek è fighissima e ha una voce sublime che si adatta alla perfezione all’indie pop dei Chairlift, che sconfina nell’electro pop di stampo ’80s. Tantissimi pezzi ultra-catchy, ma il culmine è I Belong In Your Arms, inarrivabile gioiello pop del 2012.

41. The Soft Moon – Zeros

Al secondo LP i Soft Moon di Luis Vasquez tornano con la loro rivisitazione degli anni ottanta neri, ma questa volta con un approccio meno nichilista e più atmosferico: synth pop e dark wave che incontrano qua e là sensazioni kraut e nevrosi industriali. Un vortice di oscurità.

40. Julia Holter – Ekstasis

Il secondo album di Julia Holter è uno di quegli album difficili da catalogare, ripercorre quelle atmosfere eteree in un quadro di sperimentazione in cui si fanno compagnia la sua voce sinuosa, il pop, un’annegare psichedelico, drum machine e l’eleganza barocca, per chiudere un quadro che suona già anche stando fermo.

39. Swans – The Seer

Parliamoci chiaro, questo è un disco difficile, complesso, un’opera con picchi altissimi nella composizione. Un disco non per tutti ma un disco per cui invito tutti ad un approccio, non lasciatevi intimidire dalla lunghezza e dal ben poco facile ascolto. Gli Swans nascondo un ricchissimo mondo di sentimenti nelle loro “macchinose” canzoni.

38. XXYYXX – XXYYXX

Questo disco ha dalla sua una maturità spaventosa, ancor più stupefacente quando veniamo a conoscenza che XXYYXX è un ragazzeto. 16 anni. 16. Roba fuori dal mondo, la musica, nelle produzioni “casalinghe” ha raggiunto frontiere inimmaginabili soltanto 4 anni fa.

37. Mystery Jets – Radlands

Quanto ci è piaciuto Radlands, quanto abbiamo apprezzato la loro crescita musicale e concettuale. I Mystery Jets che sono caduti nel baratro del “chissenefrega” per molti, per noi è proprio da quel baratro che sono usciti. In questa chiave di lettura abbiamo esaminato l’ultimo lavoro dei MJ, ed è proprio con questa novità che ci hanno rapiti, definitivamente.

36. Ariel Pink’s Haunted Graffiti – Mature Themes

Il secondo disco dell’Ariel Pink “hi-fi” è fantastico: ogni sua canzone è un concentrato esplosivo di ascoltabilità, citazionismo della pop culture dei decenni scorsi, sperimentazione, cazzeggio, genialità e troppa droga. Con il suo essere fuori dagli schemi, Ariel mette d’accordo tutti e ci regala un’altro grande lavoro.

35. Kindness – World, You Need A Change Of Mind

Emozioni, house gommosa ed eleganza che non è facile trovare con questa costanza in un disco elettronico, in un genere strasentito e in cui le sperimentazioni si sprecano a una velocità mostruosa. Davvero convincente.

34. Led Er Est – The Diver

Darkwave figa. Tanto figa. La darkwave in assoluto più figa di tutto il 2012. Il terzetto newyorchese ci (ri)riporta agli 80s più bui e sintetici: synth e drum machine più wave che mai, chitarre sofferenti, mood tetro e una distinta attitudine revivalista che a tratti sprofonda in un’attanagliante nostalgia.

33. Django Django – Django Django

Fichi, niente da dire, fichi e danzerecci, ci hanno un po’ ricordato gli Hot Chip nel loro approccio alla musica da dancefloor. Se a fine 2012 ci siamo ricordati, in tanti, di questo disco, ci dev’essere un perché.

32. Lotus Plaza – Spooky Action At A Distance

Giunto al sophomore, Lotus Plaza veicola lo shoegaze e il dream pop a mezzi meramente formali, creando un disco che non lascia il tempo che trova e risulta sempre attuale. Il perfetto connubio di voce e chitarra dona ai pezzi un’universalità senza tempo e sarà difficile poi toglierseli dalla testa.

31. Liars – WIXIW

La svolta elettronica dei Liars, ma senza snaturare il loro spirito sperimentale, anzi rafforzandolo come non mai: i momenti in cui i synth non sono protagonisti, infatti, sono i meno convincenti, ma con pezzi come No. 1 Against The Rush, WIXIW e Brats i Liars si riconfermano ulteriormente nella loro genialità.

30. Animal Collective – Centipede Hz

Non sono più gli stessi di Merriweather Post Pavillion: Deakin è tornato, Panda Bear è dietro la batteria, Avey Tare è il protagonista e la loro rinnovata inaccessibilità è un divario che li separa da chi li aveva conosciuti con My Girls. Eppure dopo dieci anni e nove album non falliscono neanche questo colpo.

29. Trust – TRST

I Trust non fanno semplice darkwave. Il loro debut non perde mai di vista la sincronia con il presente, è un disco attualissimo, nonostante ogni istante trasudi 80s. Tra cupe cantilene e voci femminili ipnotizzanti, la dinamica segue un crescendo d’atmosfera lento ma continuo e al tempo stesso decadente, fatto di synth e drum machine che ricordano da vicino l’eurodisco.

28. Groundislava – Feel Me

Qui siamo oltre. Oltre ogni cosa. Feel Me è clamorosamente bello. Bello come un film futuristico degli anni 80: hip hop ed elettronica, produzione perfetta, idee sorprendenti. La FoF è una di quelle cose che, abbiamo imparato, non delude neanche a morire.

27. Tall Ships – Everything Touching

Di fronte a un panorama musicale dominato da hype, recensioni, etichette, spasmodica ricerca tanto del nuovo quanto del revival, riusciamo ancora a stupirci di fronte a delle valide novità che non hanno avuto l’attenzione che si meritano? La risposta è sì. Everything Touching è il mare.

26. Kendrick Lamar – good kid, m.A.A.d. city

good kid, m.A.A.d. city è senza dubbio un lavoro molto sentito per Kendrick Lamar, il quale dopo l’esordio underground aveva voglia di produrre qualcosa di completamente diverso e di mettersi in gioco in prima persona, con la sua storia. La qualità è costantemente su buoni livelli, e il passaggio al “business musicale” tra collaborazioni con personalità “ingombranti” non sembra aver corrotto lo spirito del giovane artista. Un album con il quale ci si può immedesimare da protagonisti nella situazione adolescenziale dei ghetti californiani, evocando climi e circostanze da hood movie.

25. Frank Ocean – Channel Orange

È un disco nero per hipster bianchi. Sì, questa cosa l’abbiamo sentita tremiladuecento volte, ma non si discosta troppo dalla verità. R’n’b intensissimo, strapieno di sentimenti, forse un po’ gonfiato. Non tutti in redazione hanno apprezzato l’outing come scelta di marketing (perché quello è stato) però è un disco assolutamente bello. E questo è l’importante.

24. John Talabot – ƒin

Insieme ad Andy Stott, Holy Other, FlyLo e Groundislava è uno dei dischi di musica elettronica dell’anno. Forse stilisticamente pari a quello di Andy Stott, ha una classe unica e ogni traccia potenzialmente potrebbe essere un singolo. Ci ricorderemo molto di ƒin.

23. TOY – TOY

I TOY evadono dalle ovvie similitudini con i compesani The Horrors (estetica dark, ispirazione kraut) sfoderando un debutto magnetico e, pur non dicendo nulla di nuovo, personalissimo. Un disco profondo, intimo, a tratti morboso, romantico e malinconico che fa del krautrock un mezzo per esprimere una sincera vena pop.

22. Godspeed You! Black Emperor! – ALLELUJAH! DON’T BEND! ASCEND!

Dopo una lunga pausa di dieci anni tornano con un album inaspettato i GY!BE, tra i veri padri del post rock. Solo quattro pezzi, due suite (già conosciutissime dai fan) e due pezzi più contenuti, a fare da trait d’union. Sono proprio le due suite a fare da protagoniste e le parole non basterebbero per descriverle: siamo ancora in Paradiso.

21. Holograms – Holograms

Nostalgia degli anni Ottanta, nostalgia degli anni Zero: sensazioni dark, episodi post-punk, sbandate electro pop. Pochi pezzi trascurabili, tanti pezzi perfetti e cool. Con il loro debut gli Holograms dimostrano di saper farsi apprezzare facilmente e di sapersi vendere benissimo. Un disco derivativissimo, ma ci voleva proprio.

20. Holy Other – Held

Cupo, intenso, delicato, intimo, timido ma imponente. Un disco completo e trascinante che porta Holy Other sulla bocca e nelle orecchie di tutti coloro che si approcciano all’elettronica da poco ma anche coloro i quali della musica elettronica, in tutte le sue sfumature, ne fanno un culto. Pad e tenebre, ritmi classici ma suoni stravolti dai normali canoni. Questo disco è un abisso nel quale immergersi. Bisogna avere solo la forza e il coraggio di uscirne senza lasciarsi divorare.

19. Passion Pit – Gossamer

Uscire con un album bomba capita spesso, arrivare al sophomore e continuare a stupire è roba da pochi. Nessuno poteva aspettarsi un album così godibile, così bello per davvero: dodici tracce che sono belle quanto le lucciole in un prato di notte. Synth su synth, ma tutto è pop, in un contesto piuttosto dreamy e con un approccio da dancefloor, che non disdegna il sing-along. Da una parte ci sono falsetti euforici, dall’altra un sound maturo e completo. Freschezza e gaiezza, impossibile non innamorarsi di Gossamer.

18. Perfume Genius – Put Your Back N 2 It

Put Your Back N 2 It ci ha fatto piangere, ci ha spezzato il cuore. Metà della redazione ha assistito ad un suo concerto in una chiesa sconsacrata a Brighton, questo timidissimo personaggio, timido e impacciato immediatamente fuori dal suo ruolo, ancor più timido ma prorompente nella musica, si è imposto come uno dei personaggi musicalmente più importanti del 2012. Il suo passato tormentato è raccontato con una delicatezza e una sfacciataggine rare. Un disco che a un ascolto distratto è la solita robetta da innamorati quindicenni ma al solo primo ascolto attento si trasforma in quello che effettivamente è: capolavoro.

17. A Place To Bury Strangers – Worship

Nessuno sa essere estremamente derivativo e allo stesso tempo perfettamente unico come gli APTBS. Il terzetto di NYC guidato da Oliver Ackermann al terzo album continua la strada di violenza sonica fatta di noise rock, shoegaze e post-punk, sfuriate industriali e momenti oscuri. Ogni nota è stata già sentita e risentita negli ultimi trent’anni eppure il collage profuma ancora, inevitabilmente, di novità. I timpani sanguinano come sempre, ma questa volta sanno anche stupirci con un’inedita dolcezza di spirito prettamente wave.

16. Flying Lotus – Until The Quiet Comes

Il re del beat making, non perde lo swing (quella vaga vena jazzistica), non perde il genio, non perde il suo essere nero (per piacere, senza nessuna eventuale cattiva accezione). Flylo non perde un colpo, ci entusiasma ed entra nell’olimpo dell’elettronica (come se Cosmogramma non fosse stato abbastanza). Disco lungo e a tratti complicato, vanta collaborazioni con la c maiuscola e ci fa male, nel senso buono. Ci rapisce, uno per uno, senza dare spiegazioni. Un disco completo.

15. Alt- J – An Awesome Wave

Per molti sopravvalutato ma a noi deerwavers, in generale, è piaciuto. Prova da signori musicisti, arrangiamenti mostruosi, armonizzazioni avanti anni luce. Un disco pop delicato e prorompente, un successo inaspettato, un approccio ritmico encomiabile e una gran visione d’insieme. Gli Alt-J sono un signor gruppo.

14. Cloud Nothings – Attack On Memory

Potentissimi. Rock di quelli tosti e tirati. Band genuina perchè giovane presenta un Attack On Memory quasi concept della post adolescenza, fa male per come ti sbatte in faccia tutto nel modo più americano e sfacciato possibile. Il loro live è prorompente, Attack On Memory ci stupì troppo a inizio 2012 e nel lungo periodo ci ha convinto talmente tanto da meritare una posizione così alta. Approccio punk vero, un disco che chiunque dovrebbe ascoltare.

13. Andy Stott – Luxury Problems

Questo è senza ombra di dubbio il disco elettronico dell’anno. Fa paura nelle sue azzardatissime equalizzazioni e suoni strani quasi da dar fastidio. Nel complesso è un’opera. Un’opera vera e completa, niente è lasciato al caso: techno che guarda al futuro, stravolge ogni canone, abusa di qualsiasi filtro ed entusiasma a livelli da record. Questo signore è un genio.

12. How To Dress Well – Total Loss

Altro che disco cameretta, qua in una chiesa afro-americana funzionerebbe tutto, con tanto di cori black. Lavori così lasciano il segno, anche se si raccomanda il libretto d’istruzioni prima dell’uso. Preparate i fazzoletti per le lacrime, o almeno, schioccate le dita ogni tanto. Che personaggio, che bomba.

11. Twin Shadow – Confess 

Il secondo capitolo della carriera di Twin Shadow segue alla perfezione il cammino iniziato dal precedente album: riesumazione dei 70s più disco con una spolverata di new wave con uno spirito pop talmente mainstream da fare il giro. Anche qualora non si avesse presente il periodo che viene rimportato magicamente in vita da Confess l’impressione sarà comunque quella di conoscere ogni singolo secondo di quest’album da quando si è nati, di avere quelle note già nell’anima, in attesa che qualcosa o qualcuno le tirasse fuori. Tantissimi momenti epici, ma Five Seconds è ormai un brano mitologico.

10. Wild Nothing – Nocturne

Secondo atto Wild Nothing e sin dai primissimi secondi del disco si avverte l’enorme salto di qualità nella produzione e la stessa medesima freschezza nella composizione, che si riveste però di una forma più matura. Una delle opinioni più autorevoli di cosa sia il dream pop negli anni dieci, qui felice schiavo della new wave in un completo revivalismo senza paura e vergogna. L’indie pop si riveste di sintetizzatori lussuriosi e avvolgenti atmosfere meditative che, schivando di poco lo shoegazin’, ne rubano la melodicità per un’infinità di godibilissimi momenti pop, il tutto immerso in una sensuale atmosfera notturna.

9. Dirty Projectors – Swing Lo Magellan

Il seguito di Bitte Orca vede la dipartita di Angel Deradoorian e il passaggio in secondo piano delle voci femminili, in favore del protagonismo assoluto di David Longstreth, sia come voce che come compositore delle canzoni, che emanano una piacevole atmosfera intima e domestica. Il punto forte di Swing Lo Magellan è la sua non-immediatezza che, alternata a frequenti momenti di pura orecchiabilità, spiazza ancor di più: questo rende il disco difficilmente assimilabile ai primi ascolti, ma ne valorizza ancor di più il fascino, invogliando a farsi ascoltare sempre di più, finché non entra sotto la pelle.

8. Tame Impala – Lonerism

Lonerism più che un album è un viaggio nel subconscio umano, dove tutto è nulla e nulla è tutto, quindi è meglio partire preparati all’ascolto, dato che una volta dentro è molto difficile uscirne. Di sicuro molto più pop, ingenui e “bambineschi” rispetto ad Innerspeaker, il primo album della band uscito nel 2010, i Tame Impala guidati dal pavido ed asociale Kevin Parker sorprendono con questo secondo album, che definire psichedelico è riduttivo.

7. Purity Ring – Shrines

Uno dei casi più hyppati del 2k12, e chi li aveva hyppati non sbagliava affatto. Chillwave e witch house cristallizzate in un electro pop ora giocoso ora spettrale, con incursioni ritmiche post dubstep e un cantato alieno sospeso tra dream pop e semplice e puro pop, che gioca su emozioni soffuse intensificandole con stranianti melodie elettroniche. Si può parlare di future pop? No: il momento dei Purity Ring è il presente. Tra molti anni quando qualcuno vorrà sapere come suonava il 2012 dovrà ascoltare Fineshrine, o Unghirted, o Lofticries.

6. The XX – Coexist

Questo disco fa un male che non vi immaginate, seconda prova che si distacca poco dalla prima ma lo fa su un fondamentale: Jamie XX ci fa sognare così tanto da tirare su il livello del disco di millesettecentoventidue spanne. Drop morbidissimi, testi intensi e un intimismo fuori dal comune. Coexist ti gela il sangue.

5. Japandroids – Celebration Rock

Rock Celebration.

4. Chromatics – Kill For Love

Un disco emozionante dal primo al miliardesimo istante. Sì, è lungo, a tratti monocorde ma nel complesso è così entusiasmante, nei suoi picchi, da lasciare poco scampo a critiche inutili che abbasserebbero un giudizio nel complesso altissimo. Nonostante la traccia più bella sia una cover, questo disco si impone nel rock emozionale come pietra miliare. Non è la prima volta che i Chromatics giocano sull’estetica delle emozioni, notti solitarie e ululati alla luna, in questo disco confermano solo una bravura impressionante.

3. Beach House – Bloom

Tra i più grandi protagonisti della scena dream pop, sicuramente tra i più fondamentali propulsori che hanno riportato questo sottogenere nelle orecchie di tutti un paio d’anni fa, i Beach House tornano con il quarto album, seguito di quello che era stato un capolavoro che pareva irraggiungibile. Con Bloom non superano Teen Dream, sono gli stessi Beach House, ma ora sono sbocciati, soprattutto dal punto di vista della consacrazione definitiva del suono “beach house”, diventando un punto di riferimento non trascurabile per chiunque voglia fare musica pop. Se si volesse invece parlare di Bloom dal punto di vista delle canzoni basterebbe dire che sono tutte semplicemente bellissime e indimenticabili.

2. DIIV – Oshin

Già chitarrista dei Beach Fossils, Zachary Cole Smith era ancor prima Dive, progetto ora ripreso in mano con il nome DIIV. Arrivato alla prova del debut LP dopo una ragionevolissima e a dir poco meritata dose di hype, Zach sfodera un album che rasenta la perfezione nella sua commistione di dream pop, shoegaze e post punk, sommergendo tutto in un riverbero così ampio e perfetto che sembra ultraterreno. Distorsioni, jingle jangle, tastiere. Si passa dai momenti più sognanti a quelli più tetri in un contrasto di chiaroscuri che non lascia scampo, dalla dolcezza di Follow alla spavalderia di Doused, dai sentimenti arcani di Druun alla cavalcata shoegaze di Wait. Un disco assolutamente imprescindibile e impossibile da non amare.

1. Grimes – Visions

Grimes, oh Grimes. Deer Waves l’aveva capito subito con chi aveva a che fare, poi l’hype si è trasformato in puro buzz e Grimes si è ridotta quasi a una macchietta della blogosfera. Eppure riascoltando l’album a distanza di dodici mesi le emozioni sono sempre le stesse. La perfezione dei singoli brani e la perfezione del disco nella sua globalità. Il dream pop più delicato che si mischia con l’elettronica più orgasmica. E il cambio di Nightmusic che riporta a quel pomeriggio di metà gennaio, quando lo si ascoltò per la prima volta e subito si capì di avere tra le mani il disco dell’anno. Non ci si sbagliava. Poi l’anno passava, altri ascolti sopraggiungevano, Grimes la si metteva un po’ in disparte, ma si continuava a ballare Genesis, Oblivion e Circumambient, e si continuava a essere elettrizzati da Be A Body, Colour Of Moonlight e Symphonia IX, e stregati da Vowels = Space And Time e Skin. E poi c’era sempre quel cambio di Nightmusic.