Una cosa è sicura, The Seer è uno dei dischi più difficili dell’anno. Difficile nell’approccio, a volte negli ascolti, sicuramente nella valutazione. The Seer è un disco impegnativo.

Per i meno ferrati gli Swans sono una band di NYC attiva dall’inizio degli anni ottanta fino al 97, riformatasi poi a partire dal 2010. La band niuorchese vanta la bellezza di dodici album in studio.
Per farvi capire la complessità di The Seer riporto la descrizione che ne fa il frontman della stessa band Michael Gira: “30 years to make. It’s the culmination of every previous Swans album as well as any other music I’ve ever made, been involved in or imagined. But it’s unfinished, like the songs themselves. It’s one frame in a reel. The frames blur, blend and will eventually fade.” Probabilmente è, dunque, il culmine creativo di una band storica ma, nonostante tutto, è solo un frame di una pellicola. Certo, ci pare difficile giudicare The Seer un album incompleto con i suoi undici pezzi in un doppio album, tre dei quali con una lunghezza inimmaginabile (19.10, 23.01 e trentadueqquatordici) e sicuramente non è questo il messaggio che Gira voleva dare con la sua dichiarazione. Quel che è certo è che The Seer, per profondità, complessità nei suoni e nei temi, nonchè immensa maturità, è una delle migliori pubblicazioni del duemilaedodici.
Sono necessari tantissimi ascolti per avere un’idea superficiale e generalista di un’opera così lunga e molti di più per dare un giudizio più approfondito.
The Seer è un album borderline, in alcuni punti è quasi drone, portando l’ascoltatore in un’ipnosi mistica. Allucinazioni medioevali, Canti di guerra e folle esoterismo sono immagini ricorrenti, ritmiche martellanti e riff schizofrenici ci accompagnano in due ore di musica che ha quasi del paranormale. La voce di Gira fa malissimo, distrugge il vaso del subconscio in poche note e in poche frasi, riversando sul pavimento ansie e desideri reconditi. Ci piscia sopra e piange dalla disperazione. The Seer è un disco malato, un viaggio esoterico in un universo di paranoia. Pochi sono gli attimi di apertura e non spezzano il ritmo: sto pensando alla prima traccia del primo e del secondo disco. La prima quasi pop nell’intro degenera in un coro bestiale, la seconda una ballata cantata da Karen O in coppia con Gira. Incredibile è la title track, traccia più lunga di The Seer, quarta canzone del primo disco, è come guardare un film, un mare di rumore, gli Swans ti lanciano dentro dopo averti legato una pietra al collo e tu sei costretto a sguazzarci. Un ballo mortale, mezz’ora d’inferno, tripudio di disperazione, una spaventosa bellezza. L’apice di The Seer è senza dubbio Avatar, canzone dalla lunghezza accettabile che è un po’ l’emblema della dodicesima pubblicazione dei cigni: un inno guerriero, campane in scala minore, batteria frustrante ed epica esplosione finale. Gli Akron/Family hanno collaborato alla stesura di A Piece Of The Sky, la canzone più drone (nella prima metà) del disco. Contribuisce anche questa a quella sensazione di irrequietezza e paranoia che rende The Seer un mezzo capolavoro.