I Wombats, incredibile ma vero, non hanno fatto un album di merda.

Confessione doverosa: sono un grande fan dei Wombats, trovo il loro stile musicale molto piacevole e credo che Matthew Murphy abbia uno spiccato talento nello scrivere analogie semplici, precise e terribilmente relatable (quante volte abbiamo cantato tutti “I’ve met someone that makes me feel seasick”?). Sono un grande fan, appunto, ma come con altri gruppi (sto guardando proprio voi, White Lies) negli anni ho dovuto separare bene quello che mi piaceva perché di mio gusto e quello che mi piaceva perché effettivamente valido.

I nostri amici di Liverpool hanno sempre fatto i funamboli su questa sottile linea rossa, a volte sporgendosi sul lato “già visto già sentito” (Glitterbug del 2015), a volte mettendo in piedi dischi piacevoli ma tutt’altro che memorabili (Beautiful People Will Ruin Your Life del 2018). Fatto sta che, a prescindere dai gusti, dopo l’accattivante debutto nell’ormai paleozoico 2007 i Wombats non sono più riusciti a replicare la magia, riportando ogni quattro anni tutti gli ingredienti ma non la polverina magica che ancora oggi ci fa ballare Let’s Dance To Joy Division.

Lo dico? Lo dico. Il 2022 inizia con la rottura di questa maledizione. Fix Yourself, Not The World non è paragonabile al loro esordio, ma solo perché per sua natura tanto simile quanto diverso. Resta comunque un disco estremamente valido, solido in tutta la sua durata, piacevole, divertente, accattivante, a tratti anche memorabile. È il disco più bello dei Wombats? Probabile, ma chissenefrega, l’importante è che i Wombats, incredibile ma vero, non hanno fatto un album di merda.

Perché è così importante? Perché nessuno crede nella band di Matthew Murphy. Perché fidarsi di un gruppo che, sulla carta, propone sempre la stessa minestra, vestendola in modo diverso senza però rischiare mai del tutto? Perché assistere alla deriva pop di un gruppo a cui abbiamo voluto bene? Perché osservare la fiamma che si estingue piano piano? Tutte domande lecite che mi faccio anche io ogni volta che sento parlare di un loro nuovo lavoro, finché non lo ascolto e i miei dubbi svaniscono.

Abbandonata la dimensione super british e piovosa degli esordi, il gruppo abbraccia un piglio da surfisti californiani, con giri di chitarra e ritmi che prendono a piene mani dal pop rock fine anni 90 – inizio anni 00. Tolte un paio di tracce filler, seppur non brutte, il disco suona come una parte di me ha sempre voluto sentir suonare i Wombats, come la risposta sfigata e realista dei roboanti Killers d’oltreoceano, con picchi creativi quasi inediti per la band: This Car Drives All By Itself scaverà un tunnel nelle vostre orecchie e non vi abbandonerà più, Work Is Easy, Life Is Hard fa un melange piacevolissimo di “già sentito” che però stupisce e conquista, il ritornello di Worry vi costringerà a premere play ancora e ancora.

A questo punto l’avete capito: Fix Yourself, Not The World è un centro pienissimo da parte di una band che si diverte a fare quello che fa, e lo fa bene, cosa che, al giorno d’oggi, è tutt’altro che scontata (sì, sto guardando ancora voi, White Lies). Cosa succederà quindi tra quattro anni, quando i Wombats annunceranno il loro sesto disco? Ci saremo di nuovo stufati del loro sound? Avremo di nuovo perso la fiducia? Questo non so dirvelo, ma se cinque indizi fanno una prova, allora credo proprio che saremo ancora qui a parlare di loro. Incredibile ma vero.

Tracce Consigliate: This Car Drives All By Itself, Work Is Easy, Life Is Hard