Luxury Problems è l’ultimo album del produttore di Manchester Andy Stott. Luxury Problems è la colonna sonora perfetta dell’inferno. Ma non fraintendetemi, non di un inferno pacchiano e fiammeggiante come siamo abituati ad immaginarlo, ma un inferno che va di pari passo con quello descritto da Dante.

E’ l’oscurità che prevale, la lentezza di una pena eterna, quindi a cosa serve accelerare? A disposizione c’è tutto il tempo del mondo. “Io venni in loco d’ogne luce muto, che mugghia come fa mar per tempesta, se da contrari venti è combattuto”: Stott racconta questi tetri paesaggi come se fosse lì da sempre.
Il filo conduttore è senza dubbio la voce femminile, appartenente ad Alison Skidmore, un tempo insegnante di piano dello stesso Stott, che seduce, vuole ammorbare di lussuria, condurre verso l’abisso sotterraneo delle basi strumentali, dominate da bassline incolmabili dalla inebriante profondità.
C’è una certa tensione, un equilibrio sottile che tiene insieme Luxury Problems e la sua techno di chiara ispirazione British, l’impressione è infatti che con una sola nota fuori posto tutto svanirebbe.
Tra le otto tracce  spicca sicuramente Hatch the Plan: gli elementi che la compongono arrivano piano piano, uno alla volta, tutto ciò che dobbiamo fare è aspettarli. Il punto forte dell’album però non sta nella creazione di possibili singoli, bensì nell’omogeneità non tanto stilistica quanto tematica, che non cala mai di livello nè annoia: prende, avvolge, fa dimenticare il tempo che inesorabile passa intorno a noi, ci rende appunto lussuriosi, ovvero, citando di nuovo Dante, coloro che “la ragion sommettono al talento“.