L’idea per questa classifica nasce dopo aver visto la super collaborazione di Ian Cohen e altri giornalisti musicali intitolata 1oo Best Emo Songs of All Time, pubblicata da Vulture lo scorso febbraio. La classifica, frutto di mesi di lavoro, è estremamente dettagliata e comprensiva di molti sottogeneri, però pecca un po’ di americentrismo, ignorando tutto l’emo non anglofono. È difficile fargliene una colpa, ma da qui è nata l’idea: e se facessimo una classifica tutta italiana?

Nasce così la nostra top 50 delle canzoni più belle dell’emo italiano. Quando parliamo di emo, lo intendiamo in modo abbastanza vasto: lo stesso emo americano è frutto di diverse ‘ondate’, dalle origini hardcore al Midwest emo, passando per il famigerato ‘eyeliner’ emo pop-punk per arrivare al revival degli anni ’10. Quindi la nostra classifica include molte delle band italiane che si identificano come emo, screamo, emocore, post-hardcore, ma anche artisti non necessariamente definiti tali e che in qualche modo ne hanno subito le influenze.

Fine Before You Came – foto di Sebastiano Orgnacco

La scena emo italiana è una delle più attive al mondo, e c’è un motivo. Alla fine degli anni ’90, mentre il post-hc e lo screamo si sviluppavano nell’underground statunitense, in Italia nascevano i La Quiete, una delle prime risposte europee alla rivoluzione melodica dell’hardcore e tuttora ritenuti tra i capostipiti del genere. Da un’ala dei La Quiete nasceranno poi i Raein, altra band fondamentale dello screamo italiano, più melodici rispetto ai primi. Queste due band, di base a Forlì, daranno poi vita alla ‘scena romagnola’, tuttora una delle più attive in Italia e ancora uno dei punti cardine dell’emo. Nel frattempo, a Milano nascevano i Fine Before You Came: con un nome preso in prestito dai Van Pelt, le influenze emo erano chiare da subito, ma col tempo la band si è trasformata in qualcosa di molto più grande. Da allora il genere ha preso forma maggiore, dai Gazebo Penguins ai Cosmetic, dai Ruggine ai Dummo, la scena ha continuato ad espandersi per arrivare al suo periodo più attivo nella seconda parte degli anni ’10. Parte del merito di aver dato voce a questo mondo va anche alle etichette che ci sono dietro, tra cui spiccano su tutte To Lose La Track (FBYC, Gazebo Penguins, Havah, Fast Animals and Slow Kids ma anche gli inglesi Crash of Rhinos) e più recentemente V4V (Gomma, Quercia, Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere, Bruuno). Anche il contesto geografico conta, e se è vero che alcune band vengono da zone musicalmente più isolate, è anche vero che la maggior parte di questi progetti nasce dalla già nominata scena romagnola (Riviera, Havah, Cosmetic, And So Your Life Is Ruined); quella campana è in crescita (Gomma, Kairo) e anche Roma e Milano sono presenti (Mary in June, Lags da un lato e Øjne, Leute, Nient’Altro che Macerie dall’altro). Sono parecchi i nomi entrati in classifica, qualcuno è per forza di cose rimasto fuori ma merita comunque una menzione: Voina, Reikä, L’Amo, Cucineremo Ciambelle, Winter Dust, CRTVTR e tantissimi altri.

Gomma – foto di Andrea Pelizzardi

Con una scuola così, l’emo italiano non ha nulla da invidiare a quello straniero. Ma ora dimostriamolo passando alla classifica. In fondo all’articolo troverete anche la nostra playlist su Spotify, che purtroppo non contiene tutti i brani in classifica.

50. Capra – Reset

Capra è il cantante dei Gazebo Penguins, ma forse non tutti conoscono la sua avventura solista del 2015. Tra garage rock e sferzate punk, Reset è il brano che chiude il disco: ideale se cercate lacrime d’autore.

49. Altro – Federico

Gli Altro sono un’inclusione un po’ borderline per questa classifica, ma la loro influenza sulla musica emo italiana rimane innegabile. Le urla sguaiate e l’intensità – soprattutto live – li hanno resi un esempio per la scena.

48. Caso – Inno Generazionale di Noi Sfigati

Andrea Casali da Bergamo: voce, chitarra e tanto da dire. Scambiato spesso per un altro Vasco Brondi, nella realtà suona sporco, aggressivo, urgente. Adesso fa ancora dischi splendidi, ma Inno Generazionale Di Noi Sfigati rimane un piccolo culto underground.

47. Marcovaldo – 27 Volumi

Direttamente da Rimini, nella terra dell’emo, i Marcovaldo fanno uno screamo ruvido e scrivono brani che arrivano al punto in meno di due minuti.

46. Urali – Mary Anne (The Tailor)

Un altro riminese è Ivan Tonelli, che nell’emo ha messo le radici per il suo cantautorato intimo, malinconico ed emozionante.

45. Gazebo Penguins – Pioggia

Gazebo Penguins

Le atmosfere rarefatte di Nebbia non sono state – purtroppo – capite da tutti. Male, perché i Gazebo Penguins continuano a non sbagliare niente, e Pioggia chiude l’ultimo album con un groppo in gola pazzesco. Resto solo se resti con me.

44. Chambers – 200 Metri d’Orso

Nei primi anni Dieci ogni disco emo / hardcore che usciva era un piccolo capolavoro. Non sfuggono alla regola i Chambers, capaci di alternare movimenti tellurici improvvisi ad attimi di calma piatta. Da riscoprire assolutamente.

43. Batièn – Nadia Pece

I Batièn vengono da Bologna, e il loro screamo è di quelli perforanti, sotto il quale si celano grandi testi. Non è chiaro se la band sia in pausa o si sia effettivamente sciolta, ma il cantante ha ora intrapreso la carriera solista con Franek Windy.

42. And So Your Life Is Ruined – Febbraio

È la Romagna o l’Illinois? Gli And So Your Life Is Ruined si muovono da sempre tra leggere chitarre math e muri di suono su cui sbattere la testa. Due album all’attivo, ma è Febbraio – brano di debutto – ad essere il loro manifesto sonoro.

41. Il Buio – Marionette

Cattivi, incazzati ma non arresi. Il Buio è una band che ha costruito un’onesta carriera indipendente su chitarre che tagliano come lame e testi che vanno ben oltre la semplice analisi dei sentimenti.

40. Marnero – Non Sono Più il Ghepardo di Una Volta

Marnero – foto di Luca Giorietto

I Marnero giocano in un campionato a parte. Narrazione e post-rock, eruzioni hardcore, ruggiti improvvisi e crescendo impetuosi. L’impressione è davvero quella di essere alla deriva in mezzo ad una tempesta, e buona fortuna a salvarvi.

39. Raein – 4 di 6

“Scatto una foto alle cose che perdo e la chiamo memoria”. Ogni Nuovo Inizio mostra il talento dei Raein nel creare immaginari alienanti e al contempo realistici, e 4 di 6 è uno dei momenti più catartici del catalogo di una band che parla così tanto di errori, ma difficilmente sbaglia.

38. Futbolín – To All the Teen Crushes On Earth

La musica dei Futbolín potrebbe essere un boccone difficile da mandare giù: le chitarre sono rasoi, la voce è un grido privo di speranza. Questo brano suona come una richiesta di soccorso, ma è solo uno dei migliori pezzi screamo italiani degli ultimi anni.

37. Fine Before You Came – Nonsenso Comune

L’ultimo lavoro dei Fine Before You Came è un’intensa riflessione sulle scelte fatte, sulle occasioni perse e sull’arrendersi alle conseguenze dell’età adulta, e si chiude con il vuoto lasciato da questo pezzo.

36. Nient’Altro che Macerie – Ancora

Che musica poteva suonare una band che si chiama Nient’Altro che Macerie? Ritornello killer, chitarre urticanti e la giusta dose di malinconia mista a riscatto: gli ingredienti ci sono tutti.

35. Shizune – Instructions For Inertia

Shizune – foto di Matteo Leonardi

Il post-hardcore degli Shizune, quintetto DIY dalla provincia di Vicenza, è una lama affilata col giusto contorno di emo.

34. Kairo – Medioemo

Quello dei napoletani Kairo è un emo più melodico, addirittura romantico, che ha le radici nel Midwest emo e nel math rock.

33. Bruuno – Casper

Tra le band più rumorose di casa V4V, i Bruuno picchiano fortissimo, e l’EP Belva è un concentrato di adrenalina pura.

32. Any Other – To The Kino, Again

Any Other

Sì, è difficile definire emo Any Other, eppure alcuni brani di Silently. Quietly. Going Away portano un’impronta indie rock anni ’90 a sua volta cugino dell’emo.

31. Generic Animal – Tsunami

Il primo lavoro di Luca Galizia (Generic Animal) ha innegabilmente influenze emo, a partire dall’autore dei testi: Jacopo Lietti dei Fine Before You Came.

30. Leute – Colourblind

Non molti sapranno che prima di diventare Generic Animal, Luca Galizia suonava nei Leute, una band poliedrica che non ci dispiacerebbe rivedere insieme.

29. Autunno – Cartoline

Gli Autunno sono due ragazzi perugini che hanno pubblicato due ottimi EP e poi sono scomparsi. Emo punk da manuale, Cartoline è perfettamente in equilibrio tra i concittadini FASK e l’urgenza dei Do Nascimiento. Chissà che fine hanno fatto.

28. Øjne – Ogni inverno

Non è raro trovare i milanesi Øjne nominati in qualche thread online accanto ai grandi nomi dello screamo americano, e mentre all’estero sono spesso conosciuti nelle scene underground, anche in Italia dovremmo riconoscerne l’innegabile talento.

27. Ruggine – Babel

Dove sono finiti i Ruggine? La band, attiva da quasi due decenni, ha pubblicato Iceberg, mix robusto di post-hardcore dalle influenze math, nell’ormai lontano 2014.

26. Mary In June – Nel Buio

Sebbene Tuffo sia l’album che ha fatto esplodere i Mary in June anche grazie alla produzione di Giorgio Canali, è nell’EP Ferirsi (2011) che ritroviamo le origini di un emo più intimo e personale.

25. Lags – A Push and a Rush

I Lags non saranno perfetti per questa classifica: il loro è un punk di quelli corali, che poco ha a che fare con l’emo. Eppure eccoli, se per caso avete voglia di pogo.

24. Raein – Tigersuit

Alzi la mano chi ha scoperto l’emo italiano all’urlo di “This is my tigersuit, ‘cos I’m a fucking lamb!” Eccoci. Storia.

23. Auden – The Winter of Two Thousand and Ten

Gli Auden hanno inciso musica e poi sono spariti per 10 anni. Al loro ritorno il mondo era cambiato, forse in peggio, e la cosa migliore da fare è fregarsene, facendo la stessa cosa di 10 anni prima. The Winter of Two Thousand and Ten suona proprio così, fuori dal tempo.

22. Disquieted By – Aquaplanning

Dieci anni di concerti e poi l’esordio. Lords Of Tagadà è una pietra miliare dell’hardcore italiano, Aquaplanning è la sberla in faccia che meglio lo rappresenta. Pochi fronzoli, qui si poga duro.

21. Regarde – Knots

Zitti zitti, i Regarde si stanno costruendo una dignitosissima carriera. Knots arriva dal loro primo EP, suona come se i Turnover non avessero mai scoperto il dream pop e ha una coda strumentale da asciugarsi le lacrime.

20. Cosmetic – Né Noi Né Leandro

Cosmetic – foto di Antonio Viscido

Nel 2009 i Cosmetic pubblicavano Non Siamo Di Qui, diventando precursori della proibita unione tra emo e shoegaze. All’estero è una combo sdoganata, in Italia rimangono una mosca bianca, pietra miliare per buona parte del rock indipendente italiano arrivato dopo.

19. Do Nascimiento – Baracchetta

Pochi album riescono ad essere perfettamente bilanciati come Giorgio dei Do Nascimiento. Li senti che si muovono come trapezisti, tra sfuriate senza appello e momenti riflessivi e alla fine, non capisci come, tutto torna (e i testi sono brillanti e indimenticabili).

18. Quercia – Buio

I sardi Quercia si sono fatti conoscere con la leggerezza di Non è vero che non ho più l’età, ma la loro prova di maturità Di tutte le cose che abbiamo perso e perderemo merita ancora più l’ascolto e la posizione in questa classifica.

17. Fast Animals And Slow Kids – A Cosa Ci Serve

Probabilmente la band più famosa in classifica, i Fast Animals and Slow Kids meritano una menzione per la capacità di rendere appetibili le influenze emo, soprattutto in Hybris.

16. Dags! – We All Like Theories, Let’s Not Make Everything Ever Happen

La voce si piega a piacimento mentre chitarra, basso e batteria vanno per la loro strada. I Dags! – supergruppo formato da membri di Minnie’s, Verme e mille altre band – cantano in inglese, girano il mondo e sono specializzati nel creare emozioni complesse. Top players.

15. HAVAH – Martedì

Havah – foto di Sebastiano Orgnacco

Michele Camorani picchia la batteria per Raein e La Quiete, ma nel tempo libero si è pure creato una carriera niente male come HAVAH. Martedì è il singolo perfetto di un concept intitolato Settimana, in cui emo, post-punk e shoegaze si fondono alla perfezione.

14. Action Dead Mouse – I Nostri Mondiali di Scacchi

Gli Action Dead Mouse purtroppo si sono appena sciolti. Peccato, perché sono state pochissime le band italiane a suonare così classicamente emo in questi anni, dai piano-forte delle chitarre ai testi criptici da urlare con il dito alzato al cielo. Ci mancheranno.

13. Le Sacerdotesse dell’Isola Del Piacere – Non Siamo Più

Una delle band più atipiche del roster V4V, il genere de Le Sacerdotesse è più vicino all’indie rock anni ’90, fatto di chitarre taglienti e testi letterari. Non Siamo Più è la perfetta chiusura di un disco bellissimo: una ballad distorta dal sapore amaro e dalla melodia indimenticabile.

12. Dummo – Maschera da Cane

Gelo Contro Gelo suona sporco e urgente come solo un disco emo italiano pubblicato nel 2008 può essere. I Dummo danno tutto, suonano sguaiati e senza speranza, ed è tutto perfetto così. Sono fuori tempo, non ti preoccupare.

11. Lantern – Codeina

I Lantern sono una delle eccellenze dell’hardcore melodico italiano, uno di quei gruppi dalla carriera perfetta che deve ancora sbagliare un colpo. Codeina arriva dal loro EP di debutto e suona come se steste provando a fuggire da una frana colossale. Spoiler: alla fine non solo sopravvivete, ma alzate lo sguardo e vedete un cielo da paura.

10. Riviera – Camminare Sui Muri

Una volta un mio amico disse che i Riviera sono i nostri Neutral Milk Hotel. La mia reazione fu un po’ come il meme della tipa che prova la kombucha per la prima volta. Ora però quando li ascolto penso sempre a quell’affermazione, e devo dire che un po’ ci prende: non è solo per la tromba, e non solo per i suoni lo-fi; nei Riviera c’è un’urgenza, uno spirito punk che li rende capaci di scrivere melodie indimenticabili e ritornelli da urlare in coro ma, nel loro caso, sembra venirgli facilissimo.

9. Distanti – A Fine Giornata

I Distanti sono uno dei nomi di culto per gli amanti della musica emo in Italia. Un album e un paio di EP, ecco come si consuma la storia di questi cinque ragazzi: nessuno è stato capace di replicare così bene un suono fatto di ululati a bassa fedeltà, una sezione ritmica militare e quelle chitarre che più le suoni più sembra ti si sfaldino nelle orecchie. A Fine Giornata ti aggredisce dritta alla giugulare, nel suo sferragliare verso le profondità di un buco nero di alienazione, smarrimento e chissà che altro. È una delle pagine musicali più scure mai scritte, ed anche per questo una delle più conturbanti.

8. The Death Of Anna Karina – Gli Errori e di Fronte a Noi il Nulla


Quando si parla di gruppi simbolo della scena emo italiana, i Death Of Anna Karina non possono mancare nella lista. La loro musica, un mix di screamo e spoken word, è una delle cose più tenebrose mai uscite dalla nostra penisola. Lacrima / Pantera non è solo uno degli album fondamentali per il passaggio dell’emo tricolore dall’inglese all’italiano, ma una pietra angolare per buona parte del nostro hardcore. I testi sono evocativi e disturbanti, alle chitarre si alternano dei synth belli pesi, e saranno in molti a trarre tesoro da questo macigno.

7. Fine Before You Came – Vixi


Un brano fatto per essere urlato dall’alto di tutta la nostra mestizia: MA LE DET TA SFOR TU NA. Uno dei pezzi più iconici dell’emo italiano, Vixi ha la potenza di un pugno in faccia che funziona come urlo liberatorio per esorcizzare dolori e paure. Per i Fine Before You Came, Sfortuna segna il grande esordio in lingua italiana, in cui la band si distanzia dalle influenze americane e prende una forma tutta sua, ed è attualmente uno degli album emo più amati in Italia.

6. La Quiete – La Fine Non È la Fine


Prima che l’emo italiano fosse quello che è diventato negli anni ’10, all’inizio di tutto c’erano i La Quiete, che sono stati i precursori del post-hardcore non solo italiano, ma soprattutto europeo. È proprio ai La Quiete che dobbiamo l’importazione del genere, se non proprio la vera e propria nascita della ‘scena’ romagnola a cui praticamente più della metà delle band in questa lista appartiene. Nella lunga lista di split ed EP di una band la cui influenza è spesso sottovalutata, La Fine Non È la Fine è uno dei momenti più memorabili: col tempo è diventato quasi un inno generazionale.

5. Gomma – Vicolo Spino


L’impatto dei Gomma è stato importantissimo per la scena emo italiana: con due album ed un EP sono diventati i capofila della rinascita emo degli anni ’10, portando il genere al di fuori dei confini dell’underground rendendolo appetibile ad un pubblico più vasto. Il miracolo e al contempo il mistero è che i Gomma non hanno edulcorato nulla, ed anzi col secondo album Sacrosanto hanno intrapreso una direzione più matura e senza compromessi. E sebbene questo sia il nostro preferito tra i due, Toska contiene Vicolo Spino, amore al primo ascolto per noi cuccioli di emo.

4. Verme – Va Tutto Malone


Quante volte i membri delle vostre band preferite hanno messo su un supergruppo insieme e ha fatto schifo? Bene, per i Verme vale il contrario: loro sono stati il vero supergruppo italiano, hanno scritto dei pezzi memorabili e se ne sono andati da eroi. Fine Before You Came, Hot Gossip, Dummo e Minnie’s, praticamente un all-star delle band indie dell’epoca, e Va Tutto Malone è il brano simbolo, la hit, il pezzo da conoscere per forza. Per la melodia e il tiro, ma anche per l’ironia, la leggerezza e tante altre cose che una volta sembravano diverse e genuine. Un mix di emozioni fortissimo, qualcosa di irripetibile anche solo nove anni dopo.

3. Raein – Come Materia Infinita


Sulla Linea d’Orizzonte tra Questa Mia Vita e Quella di Tutti è uno dei dischi imprescindibili dell’emo italiano: è quello in cui i Raein, nati da un’ala dei La Quiete e antesignani dello screamo con influenze post-rock, hanno intrapreso una strada più melodica, senza perdere di qualità, ma anzi acquisendo potenza emotiva. Per questa posizione è quasi impossibile scegliere un pezzo in particolare, perché questo è uno di quegli album impeccabili e senza riempitivi.

2. Gazebo Penguins – Senza di Te


Nessuno riesce a parlare delle cose di tutti i giorni con la semplicità dei Gazebo Penguins, tanto che è facile pensare spesso ai loro pezzi come appigli sicuri a cui ancorarsi quando la situazione sembra andare a rotoli. È anche vero che nessuno come i Gazebo Penguins riesce a prendere questi momenti di quotidianità e scartarli come caramelle, rivelandone un senso o un lato che a noi era sfuggito. E allora torniamo a pensarci, scopriamo cose nuove, e ci si affeziona. E anche dopo tanti anni quel pezzo e quelle parole avranno un posto speciale nel nostro cuore. È quello che fanno i grandi gruppi, è quello che fanno le grandi canzoni.

1. Fine Before You Came – Sasso


“Come le canzoni tristi quando fuori piove” è uno dei versi che più rappresentano non solo la scena musicale emo italiana e il suo pubblico, ma in particolare l’effetto che fa e il ruolo che ricopre certa musica nei momenti in cui ne abbiamo più bisogno. La matassa di cui parla Jacopo Lietti in Sasso diventa un groppo in gola, e le atmosfere sommesse ci scaraventano dal fondo del mare ai binari vuoti finché, come nella canzone, non facciamo che accettare il tutto, lasciandoci galleggiare e trovando comodità nelle onde. Sasso è una canzone che riesce a parlare alle migliaia di solitudini ma al contempo diventa un’esperienza catartica collettiva quando, dal vivo, ci abbracciamo a cantarla insieme.

Articolo scritto da Claudia Viggiano e Sebastiano Orgnacco.