La storica scena hardcore italiana sembra essere ancora un punto di partenza per molti dei progetti underground dell’ultimo decennio. I Chambers sono toscani e militano nel roster di un’etichetta indipendente (To Lose La Track) che sul genere in questione si è fatta le ossa (Marnero, Fine Before You Came, Gazebo Penguins, solo per citarne alcuni). I presupposti per sfornare del buon post hc sono i migliori.
La Guerra dei Trent’Anni è il terzo album della formazione, dopo un esordio in inglese e la conversione alla lingua madre nell’ottimo La Mano Sinistra nel 2012. Un occhio di riguardo per le liriche è intuibile sin dal titolo che scomoda la storia, ma sono passati ormai gli anni ‘80 dell’hardcore punk italico, e insieme a loro anche le affliliazioni politiche. La guerra narrata dai Chambers è una battaglia personalissima, alla soglia di un’età che all’uomo del nuovo millennio appare la più complessa da valicare, tutta interiore ma non per questo meno efferata.

Poco più di mezz’ora di ascolto, otto brani e l’apparato strumentale canonico, lo stretto necessario fatto di chitarre dilatate in distorsioni e sezione ritmica martellante, anche se in alcuni episodi si avverte il bisogno di un basso più spietato che faccia da contraltare al cantato in scream, come in Perdiamo, traccia di apertura che confessa sin da subito la  disomogeneità che aleggia in tutto il disco. La matrice sonora è chiara, ma non si forza la mano sugli stilemi del genere, finendo per deviare spesso da un canonico hardcore verso territori ibridi: il ritmo è meno sostenuto che in passato, la forma si concede piccole tentazioni melodiche evitando però i risvolti derivanti da una miscela e al contempo rinunciando all’irruenza consueta. La cadenza che governa l’ascolto ha un che di marziale e contenuto, conducendo il sound verso il più oscuro e inquieto dei rock (il Santo Niente agli esordi, gli ultimi Fluxus).

Insomma, forse non era proprio quello che ci aspettavamo dai tipi in questione, ma fin qui nessuna cattiva notizia. Unica eccezione alla regola è il cantato, ed è qua che i conti non tornano: gli episodi migliori vivono di riff poderosi e ammalianti (in Manifesta e Per strada in particolar modo) che le linee vocali sembrano però ignorare, ostinatamente fedeli ai dettami hardcore. La conferma giunge inequivocabile insieme all’ultima traccia, Ora piano, che si lascia apprezzare per il suo lasciar spazio alle sole chitarre, imbastite in una nuvola compatta e seducente, confinando le voci in echi lontani.
Con La Guerra dei Trent’Anni i Chambers si discostano dai tracciati consolidati ma senza una valida alternativa da intraprendere che giustifichi le rinunce, inciampando così in un compromesso che punisce le liriche, che sono invece meritevoli di attenzione, e le buone intuizioni negli arrangiamenti.

Traccia consigliata: Per strada.