Ahhh il dream pop, le chitarrine jingle jangle, le ossature di basso e la batteria frenetica, i tappeti di synth, le voci sognanti. Quanto tempo. Quanti anni saranno passati? Dieci? Quindici? No, tre. Era il 2012 l’anno in cui il genere di cui sopra raggiungeva il suo massimo splendore, con l’ennesima riconferma targata Beach House (Bloom), con l’esplosiva sorpresa DIIV (Oshin), con la maturità di Wild Nothing (Nocturne). In tutto ciò i Lower Dens non erano rimasti a guardare, sebbene non fossero riusciti ad emergere con Nootropics, come invece ci saremmo aspettati.
Ci riprovano dunque con questo Escape From Evil, tre anni dopo.
Come già successo in passato viene rilasciato un singolo siderale che lascia ben sperare per il disco in uscita: To Die In L.A. è una rincorsa tutta synth baldanzosi e chitarrine lì a ribadire le battute, con la voce di Jana Hunter a dominare tutto e una batteria a tenere i quarti. Ogni cosa al suo posto, insomma, come nella classica delle tradizioni; e anche se il filone del pop di questa fattura si è un po’ sfaldato, risulta impossibile non farsi prendere dalla melodia.
Le tinte del disco non esitano però a farsi più scure (lo statico ondeggiare di Sucker’s Shangri-La, molto vicino allo shoegaze, il delay sul basso new-wave di Non Grata, il lento incedere di I Am The Earth, tra ride e synth protagonisti, che diventa però presto troppo lento e stanca). È quando la velocità di crociera si alza, però, che si torna a sorridere: il connubio synth e tessiture chitarristiche di Electric Current e Société Anonyme centrano l’obiettivo, fermandosi nella mente, così come la melodia vocale di Ondine, ben eseguita, o ancora il giro di basso di Your Heart Still Beating. Company suona invece un po’ troppo confusionaria e Quo Vadis passa in sordina.
Escape From Evil suona dunque come un buon disco dream-pop, con guizzi sicuramente positivi e trascinanti, ma che sembra mancare ancora di quel qualcosa in più. Fosse uscito nel 2012 sarebbe stato là in alto, ma oggi pesa inevitabile l’aggravante dell’implosione di quello che a tutti gli effetti era un movimento. E la copertina fa schifo.
Ma, come detto, quei pezzi belli sono talmente belli che vanno ascoltati per forza.
Tracce consigliate: To Die In L.A., Société Anonyme