Fa davvero strano pensare che gli Iceage siano già arrivati al quinto album della loro carriera: sarà perché i primi due finivano in un amen, sarà perché a quei tempi vedere un loro live era un’esperienza orribile, sarà perché il buon Elias per anni non riusciva neanche a cantare in inglese correttamente, sarà perché la loro estetica e la loro fanbase (danese) inizialmente si avvicinava pericolosamente all’estrema destra fascista, sarà la loro continua evoluzione nel passare dall’hardcore post-punk del debutto al rock intellettuale del più recente Beyondless.

Fa ancora più strano pensare che siano arrivati fino a qua senza sbagliare un singolo colpo.

E sapete cosa fa ancora più strano? Che il loro nuovo album, Seek Shelter, inizi con la più classica delle chitarre brit-pop: quella degli Oasis, in particolare di quel capolavoro di Acquiesce. L’opening track Shelter Song, infatti, apre le danze così, trasformandosi poi in una Champagne Supernova post-punk tirata a lucido per il decennio appena iniziato. E se non fosse abbastanza la band ci piazza dietro un fantastico coro gospel (come ci hanno insegnato i Primal Scream) per aiutare Elias a creare il ritornello perfetto per farci esplodere il cuore e soprattutto le corde vocali.

Proprio Oasis e Primal Scream, due band che hanno segnato la musica inglese negli anni ’90, si ripresenteranno nel corso dell’album: i primi nella notte alcolica di Dear Santa Cecilia, i secondi nella Vendetta elettronica piena di cocaina. Ma non c’è solo brit-pop e Madchester sound in questo album, anzi.

La band, guidata da un Elias in modalità full-romantic (“I drink rain to get closer to you” ci sussurra nella jazzante Drink Rain), torna sui passi intrapresi in Plowing Into The Field Of Love regalandoci un nuovo maestoso tributo a Nick Cave prima in Gold City poi nel singolo di lancio The Holding Hand, i cui arrangiamenti rievocano i paesaggi oscuri di David Lynch. Le strofe di The Wider Powder Blue si spostano invece sulla costa atlantica di New York per farci ascoltare un po’ di Strokes maliconici. Per tutto il disco riecheggiano le sonorità dei Rolling Stones di fine anni ’60, a cavallo tra il country blues e lo psych-rock di quegli anni.

Grazie a testi sempre più maturi (“Every man is someone’s successor”), pieni di dramma e tensione (“And we row, on we go, through these murky water bodies”) e grazie alla produzione di Sonic Boom, Seek Shelter è sicuramente il lavoro più corposo e altisonante mai prodotto dalla band: se gli Iceage 10 anni fa erano dei semplici rovi piene di spine, oggi questi rovi  solo ricolmi di bellissime rose, anch’esse piene di spine, ovviamente.
Con Seek Shelter gli Iceage non mettono una pietra sopra l’ondata post-punk degli ultimi anni (IDLES, Fontaines D.C., Shame, Viagra Boys ecc.), ma possono permettersi di guardare tutti quanti dall’alto, con la consapevolezza di essere riusciti a fare nuovamente della grandissima musica, completando quella metamorfosi che li ha trasformati da ragazzini ribelli che giocavano fare i duri a poeti dannati da teatro che giocano a fare i romantici.

Seek Shelter suona esattamente come dovrebbe suonare un gran disco rock in questo decennio.

Tracce consigliate: Shelter Song, Love Kills Slowly, Vendetta