Frah Quintale torna dopo tre anni di silenzio discografico quasi totale con un nuovo album, anzi: un nuovo mezzo album. Banzai (Lato blu) è infatti solo la prima parte del disco che si completerà con una seconda metà, la cui data di pubblicazione è ancora da definirsi. Il nuovo progetto dell’artista bresciano si apre con proclami importanti. Circa la sua gestazione, infatti, Frah Quintale ha spiegato molto, forse anche troppo. Tra annunci, lanci di singoli ed interviste, Banzai è stato presentato come un suo nuovo modo di intendere la musica, una sorta di liberazione e di conseguente patente di libertà espressiva acquisita. Banzai sta appunto a significare – oltre che una vecchia firma di Frah – anche quel balzo ricco d’azzardo che letteralmente la parola vuole denotare. Ma la questione è: un balzo da cosa verso cosa? Da quali catene era imprigionato Frah Quintale? Si è liberato per raggiungere quale nuova condizione? Insomma, come mai tutta questa voglia di rinnovamento, raccontata e alimentata da una presunta voglia di dissoluzione del passato anche artistico?

Regardez moi mi ha gettato nel calderone dell’indie, e – in relazione alle aspettative – temevo per la mia libertà. Penso sia una paranoia tipica del secondo disco. L’ho risolta con un grande ‘sti cazzi: voglio fare il cazzo che mi pare. L’indie mi sembra un po’ quel genere che arriva, spacca e poco dopo va in saturazione. Ma io non desidero essere associato a quella roba là, che passa di moda. È importante essere estranei alle mode: mai seguirle, al massimo dettarle. – Frah Quintale a Rolling Stone

Regardez moi, esordio solista di Frah Quintale, era un buon disco, uno degli apici positivi di quel filone creativo che aveva investito la musica italiana nell’ultimo triennio degli anni ’10. Filone che era un ibrido di trap e itpop, che ha prodotto anche tanta spazzatura, certo – spazzatura che l’ha portato al declino -, ma insomma, la formula di Frah Quintale non faceva parte di questo cassonetto. Invece ad oggi, negli annunci inerenti alla nuova pubblicazione e nel giro di interviste che Frah ha rilasciato, risulta che uno dei moventi di Banzai stia proprio nel volersi distaccare da quell’esperienza lì (dice inoltre che si incazza, se oggi lo accostano all’itpop). Ma ascoltando questa prima parte dell’album, è un proclama che non corrisponde alla realtà: uno, perché questo balzo verso acque internazionali di libertà non si avverte più di tanto, e due perché, per quel poco che si avverte, ne derivano involuzioni anziché evoluzioni, soprattutto dal punto di vista della scrittura.

Banzai (Lato blu) è un album che ha perso l’ironia che costituiva la spina dorsale di Regardez moi – e che era il suo ingrediente più bello. Quella ironia quasi irresistibile tipica della dramedy americana, con la quale è possibile raccontare sentimenti amari filtrandoli attraverso immagini comiche e esilaranti. In questo caso, la freschezza del primo album è stata soppiantata da nuove ispirazioni che, a quanto pare, rientrano in sfere molto più ovvie. Tolto il mantello dell’umorismo, il disco diventa a tratti tragico; in questo album che è nato in seguito a “un periodo abbastanza nero”, Frah Quintale molla l’io narrante auto-ironico e ne mette in campo uno più reale e serio, diretto ed esplicito. Questa nuova vena, che racconta senza sforzo di retorica uno stato emotivo nero, emerge in Buio di giorno, in cui il tema plumbeo si edulcora con un falsetto di difficile digeribilità ispirato a Childish Gambino; emerge in Lambada, che potrebbe essere il tentativo di una cover riuscita non bene di Blinding Lights di The Weeknd; torna in coda al disco con Allucinazioni, un brano confuso e disorientante in collaborazione con il collettivo IRBIS37, che vorrebbe essere lirico ma risulta freddo e distaccato. Ok, non dobbiamo confondere Frah Quintale con l’itpop, ma cos’hanno di diverso queste canzoni da un Gazzelle, a parte le produzioni? Azzardiamo: niente.

Per quanto la tracklist voglia eluderlo, l’album è schematico e questi tre brani costituiscono un blocco. L’altro blocco, quello centrale che si inaugura con Chanel, è quello più erotico e movimentato, in cui, come faceva in Regardez moi, Frah Quintale parla soprattutto a un “tu” femminile. Ed è qui che c’è la retromarcia più vistosa rispetto all’esordio, perché si possono fare paragoni diretti. Ecco che allora, per esempio, il sorriso che generava la goffaggine fantozziana di Sì, ah si spegne e diventa quasi imbarazzo in Due ali, in cui Frah canta “Quanto è bello scopare con te? / Quanto cazzo sei bella?”; l’umorismo à la Frank che ha ispirato Cratere (come ci suggerisce il video, un chiaro omaggio al film di Lenny Abrahamson) o il riso di tenerezza che suscitava Floppino (brano che auspica un oblio alla Gondry/Kaufman), nel nuovo album sono scomparsi. Insomma, non troviamo più un amore il cui ricordo più bello si configura nel “guidar come Schumacher / Sul furgone di tuo padre”, ma nel nuovo Frah Quintale c’è spazio per versi come

Mi sa che io non ho quello che vuoi
Ma vorrei stare ancora un po’ negli occhi tuoi
Tipo come se fossi il flash di una Polaroid
Che torni a casa, chiudi gli occhi e vedi ancora noi
Vorrei le tue mani addosso tipo perquisa
Ma senza violenza e senza divisa
Ti ho vista e mi hai steso come il fumo di prima mattina
So che mi spezzerai il cuore come una siga’, uh

Ok, non dobbiamo confondere Frah Quintale con l’itpop, ma cos’ha di diverso questa strofa da un Coez qualsiasi? Azzardiamo: niente. Insomma, questo salto al grido di banzaiii! di Frah Quintale verso una unicità individuale ancora non lo ravvisiamo. Nemmeno nell’altro – l’ultimo – blocco tematico che costituisce l’album, ovvero quello fatto da Intro (Fogli colorati) e Contento, nel quale in contrapposizione ai momenti bui sopracitati, c’è spazio per una opposta felicità ritrovata. Anche qui, quell’oggi io sono contento cantato naturalmente in Contento, non è così distante dall’in fondo sotto sotto sotto sto bene di Gazzelle (Sopra). Come anni prima di Chanel, pezzo in cui Quintale canta “E faccio un giro col cane / Soltanto per vederti passare, ma non ho più un cane“, c’era Calcutta che strillava malinconico “Scusa non ho voglia di uscire / Resto a casa col cane anche se lui non c’è più“. E negli stessi periodi, il cantautore di Latina tra le poche canzoni pubblicate ne aveva una che si chiamava Amarena, come la settima traccia di Banzai (Lato blu) – la traccia che tra l’altro si avvicina più di tutte al tono di Regardez moi.

Quello che accade in questa prima metà di Banzai, è quindi un malinteso. Le produzioni di Ceri, che aveva dato il bel suono pop fresco ma non banale al debut di Frah Quintale, si riempiono di influenze provenienti dalla black music; l’arrivo di Bruno Belissimo in cabina raddrizza la cassa, ma il suo marchio non si sposa bene con il lavoro, suona piuttosto fuori luogo; Crookers, quando compare, mette al disco un input street più potente, ma serviva? Queste sono le tre variazioni in termini di produzione rispetto a Regardez moi. La penna di Frah Quintale, come abbiamo visto, abbandona le migliori caratteristiche dell’esordio. Potrebbe essere una scelta volontaria, o forse il ripiego per non essere riuscito a ritrovare quello stile creativo. Crediamo più in questa seconda opzione, perché, in generale, i maestri ci insegnano che è più difficile scrivere comico che tragico; e poi perché le canzoni sono meno vivaci, e non nel senso che i temi sono più scuri, quello ci può stare; ma perché sono proprio le immagini, le parole e gli espedienti retorici ed essersi indeboliti rispetto a ciò che Frah Quintale ci aveva proposto in passato.

Lui ha detto che “non vuole seguire le mode, semmai vuole dettarle. E il malinteso è qui, perché queste strade che ha intrapreso, denotano sì un cambiamento abbastanza forte che lo hanno distaccato dalla sua zona di partenza (la zona della moda?); ma al contempo, la propulsione ha una spinta troppo debole per poter decollare e atterrare in una nuova dimensione. Insomma, abbiamo mezz’ora di pop italiano un po’ meno pop italiano con ingressi r’n’b e funk; e abbiamo mezz’ora di canzoni che non raccontano niente di nuovo, in nessun modo nuovo – una delle quali ha anche la grave colpa di aver riesumato la parola “weeda”. Brrr.

Quindi, se Banzai sarà un salto spericolato, ci auguriamo allora che questa prima metà ne sia solo la rincorsa, e che col resto Frah Quintale possa trovare una quadratura migliore. Perché Lato blu, per come è stato presentato e per come ora lo ascoltiamo, ha i connotati del volo di Icaro.

Tracce consigliate: Amarena