Sling, secondo album di Clairo, dobbiamo immaginarcelo attraverso il ricordo più nitido che abbiamo della sua prima fase della carriera e filtrarlo. E occhio al filtro: per entrare nell’atmosfera del disco, infatti, dobbiamo cercare di avvicinarci quanto più possibile a quello con cui lei e Jack Antonoff, produttore del lavoro, lo hanno plasmato.

Si tratta di un album sophomore, depurato nella sua parte ritmica da elementi elettronici e pop, sintetizzato in un cantautorato elegante e leggiadro, fatto di chiavi minori di piano, batteria minimale, archi e chitarre nascoste. In sostanza, si è versata nel filtro l’immagine di Clairo intesa come icona generazionale, autrice di Sofia e Bags, presente nei lavori di Charlie XCX e Mura Masa, e dall’altra parte è colato invece un mood anni ’70 prossimo alla Joni Mitchell di Blue. Sia chiaro, niente di tutto questo è una sorpresa: Clairo, come tanti nomi grossi dell’industria musicale statunitense, si è ritirata sui monti, a nord dello stato di New York; Sling nasce da questo ritiro spirituale e lo sapevamo, diversi annunci e il singolo Blouse (proposto peraltro in versione acustica da Jimmy Fallon) lo avevano anticipato.

Si sente che è un disco importante, si percepiscono momenti di riflessione personale per lei fondamentali e importanti per qualsiasi ascoltatore riesca ad entrare nelle immagini dell’album, talvolta profondamente figurate. I temi di Sling sono tanti, sinceri e, soprattutto, seri. Clairo, come in Alewife, torna a fare i conti diretti con l’importanza della salute mentale in Just For Today e Little Changes; la traccia d’apertura, Bambi, si può interpretare come uno spunto sulla carriera della giovane artista e sulle difficoltà del successo, così come Blouse evidenzia la mascolinità tossica che pervade la sua vita professionale; il senso di solitudine è centrale in Wade e, per contrappeso. Zinnias è invece un rifugio autobiografico di ricordi sereni. Nel corso del disco, Clairo si pone a tu per tu con la parte peggiore di sé, quella che concentra le energie verso tanti obiettivi sbagliati (Amoeba), in amori fasulli, quella che spera di correggersi (“I can hope tonight goes diffеrently”), ma che sa ancora di non potercela fare (“But I show up to the party just to leavе”).

Ascoltare Sling nel suo complesso fa sorgere questa domanda: è bene che anche Clairo ceda in tutto e per tutto al folk? La sua musica si è avvicinata all’ultima Taylor Swift, al Justin Vernon pre-vocoder, a Phoebe Bridgers di Punisher. Le chitarre da cameretta sono cresciute e sono state educate verso il cantautorato anni ’70. Questa svolta avara di modi pop è stata una valvola espressiva per Clairo, forse l’unica via che l’ha condotta al secondo album, in un momento delicato in cui la gestione del talento si scontra spesso col proprio benessere mentale (dall’arte allo sport). Ecco, a chi già manca la teen idol di Immunity pensi a questo, che l’album di debutto, forse, non avrebbe avuto altro successore al di fuori di questo disco qui, che ha come copertina una foto di lei all’aperto con la sua Joanie in braccio, grande fonte di ispirazione nella canzone omonina e in Reaper.

Sling ci consegna una Clairo più matura e libera dai tentacoli dell’adolescenza; la sensazione, soprattutto per chi è ancorato a Immunity, è che forse la cantautrice di Atlanta sia cresciuta troppo in fretta. Ma rincuora il fatto che questa sia l’unica Clairo possibile e, per questo, va benissimo così.

Tracce consigliate: Bambi, AmoebaZinnias,