Di chi potrebbe avere bisogno una persona che crede e afferma di essere Dio? Di chi potrebbe fidarsi ciecamente questa persona? A chi affiderebbe un lavoro di grandissima responsabilità? Kanye West scelse Arca, un giovanissimo venezuelano senza troppa esperienza, senza curriculum vitae, ma con un portfolio ricco e interessante. È così che Alejandro Ghersi (Arca, appunto) partecipa alla produzione di ben 4 pezzi nell’album Yeezus, lo scorso anno e, per la serie “non è mai abbastanza“, prende parte ad uno dei miglior album del 2014, (co-)producendo 3 canzoni in LP1 di FKA Twigs.
Arca produce i suoi pezzi col pugno alzato, sicuro dei suoi mezzi, con fare rivoluzionario e anarchico: non bada a regole, sperimenta, gioca, si spinge oltre e non ha paura di affrontare muri e ostacoli. Prendete gli infiniti loop malinconici di Forest Swords, metteteli nella valigetta misteriosa di Onehotrix Point Never e preparatevi a subire un’infestazione di suoni digitali monocromatici scanditi da percussioni di potenza inaudita. Un enorme e affascinante melting-pot che funge da ponte tra le sonorità delle etichette Tri Angle e Ninja Tune. È un disco che ti porta dritto all’interno della torre dell’olocausto del Jüdisches Museum di Berlino: una stanza buia, altissima, dalla quale non si può scappare, dove c’è un minuscolo spiraglio di luce ma si trova là in alto e tu non ci puoi arrivare, neanche attraverso scaletta che hai di fronte.
Ci entri (Now You Know) e sei quasi affascinato dalla sua cupa misteriosità (Held Apart), ma neanche hai il tempo di apprezzare l’opera che vieni trafitto da centinaia di saette sintetizzate (i synth e i riverberi witch-house di Xen, Sad Bitch e Sisters) che ti fanno capire che sei spacciato e che, una volta dentro, uno su mille ce la fa. Intanto le maledette percussioni non ti danno pace e ad ogni battuta è come se ricevessi un pugno pieno di pensieri negativi nello stomaco. Ti fermi e pensi che forse c’è qualcosa di più (il groove future hip-hop di Slit Thru e gli archi pizzicati di Family Violence). E proprio quando ci avevi preso gusto ti aprono la porta e ti chiedono se vuoi uscire a prendere un po’ d’aria (Thievery), ma tu non ne vuoi sapere e sbatti la porta, tornando al punto in cui eri rimasto. Vuoi star dentro a soffrire, godendo però della maestosità dell’opera in cui ti trovi e di cui oramai fai parte. Perché oramai sei infetto da qualcosa di misterioso e tremendo (Fish e Bullet Chained) e la tua mente non è più lucida. Sei stremato dai sintomi del virus e anche quando ti ricordi che lá in alto c’è uno spiraglio di luce, cala la notte (Promise) che ti spegne velocemente, prima la mente poi il corpo.
Prendete il video di Thievery per capire meglio la situazione: un essere asessuato con un enorme culo bootylicious a lá Nicky Minaj che si contorce in uno scenario digitale lugubre illuminato da una strobo-light malfunzionante. È un album farcito delle peggiori malattie virali e delle peggiori droghe disponibili sul mercato: ti attacca l’ebola in formato digitale, portandotela con cura dentro una chiavetta USB. E non c’è anti-virus che tenga.
Tracce consigliate: Now You Know, Fish, Thievery