Delineare i contorni di un album così complicato è difficile, ma non impossibile. Non siamo nel cuore di Bristol, ma poco ci manca: FKA twigs (Tahliah Barnett) nasce nella contea di Gloucestershire 26 anni fa e alle elementari per colazione nel pane non ci metteva la Nutella bensì due etti di sano trip-hop. Sì, perché proprio in quegli anni la città di Bristol regalava al mondo artisti del calibro di Massive Attack, Portishead e Tricky. Bella storia, ok, ma son passati 20 anni e Tahliah lo sa meglio di tutti noi.

L’introduttiva Preface è una sorta di prosecuzione dei brani di EP2 – il suo secondo EP uscito nel 2013 –  dove i soliti gemiti in falsetto sorreggono una perpetua e malinconica cantilena di “I hate myself and thus I love another“, che non è altro che la traduzione del verso petrarchescoò in odio me stesso, et amo altrui“. Appunto, l’amore spasmodico verso qualcun altro funge da linfa vitale dell’album, raggiungendo picchi vertiginosi di lussuria, con liriche estreme come “My thighs are apart for when you’re ready to breathe in“, dove Tahliah attende il suo partner a gambe aperte in attesa di un cunnillingus. Proprio il brano Two Weeks è l’erotismo fatto a canzone; un brano per il quale ogni uomo impazzirebbe se solo esistesse una donna in grado di scriverlo (o anche solo dedicarglielo). Attraverso frasi al limite della censura, FKA twigs ci fa intendere che è sicura dei suoi mezzi: sa che può conquistare un uomo in sole due settimane, facendogli dimenticare la sue ex (“give me two weeks you won’t recognize her“), placando la sua sete sessuale (“you know I’d quench that thirst“) e portandolo infine all’orgasmo (“mouth open you’re high“).

Un susseguirsi di testi sensuali e passionali (“I can kiss you for hours“), talvolta dolenti (“was I just a number to you?“) e pieni di frustrazione (“so lonely trying to be yours when you’re looking for so much more“), ma se pensate che questo sia un disco di sole parole e pensieri siete in alto mare, insieme con la Bertè. Quindi lasciatevi andare e godetevi una delle migliori produzioni del nuovo decennio, perché dietro le quinte ci sono nomi come ARCA, Clams Casino, Paul Epworth, Devonté Hynes, Emile Hanye, Sampha e la stessa Fka twigs. Melodie e suoni che arrivano direttamente dal futuro si mischiano alle ritmiche e alla spettralità del primissimo trip-hop bristoliano (Portishead su tutti, forse per la somiglianza vocale a Beth Gibbons) portandoci una tanto attesa aria di freschezza musicale.

LP1 è anche uno dei punti più alti, se non il più alto, di quella grossa montagna di alternative-R&B (definita anche musica nera per hipster bianchi, ndr.) che da qualche anno a questa parte ha preso piede nelle nostre playlist preferite con artisti come How To Dress Well, The Weeknd, Miguel, Kelela, Autre Ne VeutSOHN e Banks. Almeno una spanna sopra a tutti per sonorità, liriche, produzione e tutto quello che gira attorno al personaggio FKA twigs, una giovane ragazza multietnica che non riesce a sopportare il fatto di essere riconosciuta per strada solo per le sue comparse come ballerina nei video di Jessie J, ma per le sue (grandissime) qualità musicali. Qualità che si evincono in brani come Closer dove le capacità canore raggiungono l’apice (a metà tra Enya e Björk) o come Give up, dove un banale ritmo terzinato viene arricchito dalla produzione stratosferica di Dev Hynes e Arca.

Se proprio si vuole essere stronzi e dire qualcosa contro questi 41 minuti di fortissime emozioni è l’assenza di Teardrop dei Massive Attack: non c’è un brano che sia veramente sopra le righe rispetto a tutti e tutto, un pezzo che possa finire nell’antologia musicale ad occhi chiusi. Certo, Pendulum e Two Weeks sono due bombe atomiche, ma all’Olimpo non ci arrivano. Se la Terra è un posto giusto, allora qua termina il filone R&B di cui si parlava prima (Frank Ocean a parte) e inizia un nuovo mondo. Un mondo guidato da Arca, magari.

Tracce consigliate: Pendulum, Two Weeks, Closer