L’entusiasmo della folla accorsa all’Alcatraz per il tour di Stanza Singola ha travolto il palco come un’onda anomala. In un locale stracolmo fin dentro i cessi, le voci hanno cantato senza contegno travolgendo anche Franco126, che a tratti è scomparso sotto assordanti cori da stadio.

La storia del concerto di Franco126 è la storia di questi ultimi anni. Un triennio durante il quale abbiamo assistito all’esplosione del fenomeno it-pop, sintagma quanto mai polisemico qui inteso quale “evoluzione dell’indie italiano in musica da radio” ed alla conseguente trasformazione del circuito indipendente italiano da argomento di nicchia a, appunto, portata principale di qualsiasi serata. E le controspinte di questa deriva si manifestano fin dall’inizio in via Valtellina 25, quando verso le 21.00 entriamo in un locale ancora mezzo vuoto e mentre passa Kiwi di Calcutta i presenti hanno già messo da parte i freni inibitori, cantando come se sul palco ci fosse qualcuno. C’è una playlist in sottofondo, un po’ di Ketama, Frah Quintale; insomma quelle cose lì. Tutti già cantano, tra magliette di Zaniolo e felpe Zeus. L’aria è un po’ quella della festa delle scuole: c’è voglia di scatenarsi e di abbracciarsi in mezzo al profumo di primavera che circonda l’area.

L’apertura vera e propria consiste in un acustico di Francesco De Leo che ha il pregio di rompere la monotonia della playlist che, vedi sopra, sembra essere diventata un must. Altro giro di motivi del repertorio nostrano tra cui compaiono, azzardatamente, Rino Gaetano e Mia Martini e si parte.

Nell’oretta di live c’è tutto Stanza Singola, che è anche tema principale della scenografia del palco, nel quale campeggiano un divano della nonna, qualche liquore ed una nostalgica insegna del Totocalcio. Brioschi, San Siro, Fa lo Stesso e le altre tracce dell’album vengono intervallate da Interrail e dall’incursione di Venerus per Senza di Me, che ha dato una scossa trans-nazionale a tutta l’esibizione. Non compare Gemitaiz e non compare nemmeno Tommaso Paradiso quando parte la title track dell’album, anche se qualcuno ci ha sperato fino all’ultimo.

Ma soprattutto ci sono anche alcuni dei più amati residui di Polaroid, album che ha fatto conoscere questo romano molto serioso e dall’atteggiamento vabbè famo anche questa: Sempre in Due, Solo Guai, Noccioline. Ed è, forse, in questo frangente che il panico in sala raggiunge la sua vetta più alta. Perché, in fondo, anche l’album con Carl Brave è già nostalgia pura, sebbene non sia passato così troppo tempo dalla sua pubblicazione. E qui la nostalgia piace parecchio. Anzi diciamo che è il leitmotiv della serata.

Prima di concedersi il gran finale con Frigobar, c’è spazio per uno dei momenti più nobili del live, il consueto tributo a Franco Califano che viene eseguito col core in mano, ma che – di contro – i più giovani apprezzano più per dovere che per piacere. Io Nun Piango e La Mia Libertà, infatti, non riescono a scatenare la giusta chimica col pubblico che, sembra soffrire una distanza incolmabile con il passato. Questione di mode e di momenti. Ed è, con ogni probabilità, il racconto dei problemi borghesi di oggi, nei quali è più facile immedesimarsi, che scatena un fortissimo contatto tra il pubblico e franchino, che in questo racconto di ricordi dolceamari è maestro fin da tempi non sospetti.