La line up del Mi Ami Festival è un ottimo osservatorio per le nuove spinte della musica italiana. Il cartellone dell’edizione 2019 presenta, tra i vari, due nomi che in questo momento hanno in mano un timone, quello del rap del paese.

Stiamo parlando di Massimo Pericolo e Speranza. Il primo, sul palco di Milano, farà il suo debutto live, mentre Speranza, testa d’ariete della wave, avrà modo di scuotere un pubblico per lui inedito, e forse farlo risvegliare da una illusione: i concerti non sono un pranzo di gala.

“La rivoluzione non è un pranzo di gala”, massima di Mao, mi è venuta in mente tra il traffico a Roma, congestionato per le limitazioni dovute alla delegazione cinese in visita questi giorni. E vuoi che mi stavo pompando (dome direbbe M. Pericolo) in macchina la nuova di SperanzaManfredi, fatto sta che ecco, a proposito di rivoluzione, questi due rapper – ho pensato – la stanno facendo davvero.

Stanno sovvertendo un codice da capo a piede, proprio nel momento in cui l’hip-hop nostrano si stava facendo esausto, dopo un ultimo lustro di grande innovazione. La svolta drill di Speranza e Massimo Pericolo sta rimischiando totalmente le carte del gioco.

L’ABBIGLIAMENTO

La prima grande rivoluzione si riscontra nell’estetica. Gucci Balenciaga Goyard? No grazie. La nuova ondata veste Givova Zeus Legea. Scardinare la moda e ogni suo movimento propulsore.

Vestire marchi di squadre di calcio di terza categoria significa tante cose: rinnegare il vintage, l’hi-tech, la grande maison. Vuol dire quindi attuare un programmatico e serio percorso riabilitativo della credibilità artistica.

Si fa musica non per essere una vetrina pubblicitaria. Si fa perché si ha qualcosa da dire. Le tute, la Punto del 2000 super inquinante, la Matiz, palazzoni grigi e cupi, giardini malcurati e sporchi: non sono pose. Sono parte di un organismo, di una vita; la vita che torna ad essere centro della produzione rap.

LA PROVINCIA

Una ripartenza così non poteva non avere origine che dalla provincia. Massimo Pericolo è di Brebbia, tremila e rotti abitanti in provincia di Varese. Il quartier generale di Speranza è il Rione Ises di Caserta, setting di tanti dei suoi video.

Che cosa emerge dalla concezione che hanno questi artisti del rapporto tra città e provincia? La città è la morte della fantasia, ormai. La città oggi è l’omologazione, il non luogo, è la scuola di scrittura che monopolizza con una grammatica rigida la creazione.

Invece Brebbia, un posto che – come lo descrive Massimo Pericolo – è privo di una zona, che cosa ti permette? Ti sprona a creartene una. Quel “Polo Nord” che si legge sulle bandiere, font stile North Face, nel video di 7 miliardi, è il luogo immaginario di M. Pericolo, la scena che ha preso forma nella sua mente quando tutto intorno era immobile: quando era in galera. La provincia, nella sua freddezza, ha il pregio di non farsi mancare, quando da essa ci si allontana.

Ancora, la provincia è per Speranza una condizione di esistenza, più che il luogo in cui vivere. Caserta diventa la sua Caserta, quella che condivide con altri nomi che dal medesimo humus stanno uscendo, su tutti Rafilù Rafale. Dalla calma piatta, inibitoria, nociva della provincia, tra i tanti effetti negativi che questa situazione genera, emerge anche questo: permettere ad un rapper di formulare un intero, nuovo programma artistico.

LE TEMATICHE

Qua non si gioca a fare i gangster, e nemmeno ci si vanta di esserlo. La proposta artistica di Speranza e Massimo Pericolo riavvicina le parole alla realtà – alla vita. Le strofe del casertano, sputate fuori con una grinta e un carisma terrorizzanti, sono la voce della realtà che lui vive.

Le tematiche drill, relative al crimine, alla galera, all’odio, alla violenza non sono una invenzione, ricalchi presi per esempio dalla scena americana. No, quando Massimo Pericolo canta “Ma voi di che cazzo vi fate / per mandarmi in galera d’estate?“, parla della sua vera esperienza, di quando nell’estate del 2014 in galera ci è andato davvero. E con questi due versi, ci dice cosa significa stare dentro, col sole di fuori, mentre la burocrazia è in vacanza e “tu sei lì chiuso in galera che aspetti settembre per avere notizie sul tuo destino“.

Per la gioia di Striscia la Notizia e del tanto lavoro che potrebbe arrivare per Valerio Staffelli, ridiventa vera anche la droga. Non una suppellettile da sbandierare insieme alle banconote e alla Lamborghini, circondati da prosperose ragazze twerkanti. No, la droga ridiventa, in questi testi, consapevolmente autodistruttiva. Parte integrante di un nichilismo esistenziale che questi rapper stanno trasformando in artistico.

Soltanto che, almeno per ora, si ha l’impressione che la consegna del tapiro d’oro sia meglio rimandarla. Magari a quando il viaggio di questa nuova ondata raggiungerà una più placida andatura di crociera. Perché adesso, ora che Speranza e Massimo Pericolo sono sul trampolino di lancio, per la loro fame, per il loro impatto, per il loro impeto, è meglio non avvicinarsi.

Proprio questo, è infatti il gusto più bello che si assapora nell’ascoltarli, oggi: si avverte in loro una espressione estrema, una valanga che non ammette più sconfitta. Nelle loro tute volutamente oscene, dalla loro provincia mortificante, Speranza e Massimo Pericolo ci stanno ricordando che la rivoluzione non è un pranzo di gala. E non lo è necessariamente il successo, la musica, il motivo che spinge a farla.

Il 2019 sarà anche l’anno di questi sguardi, che in un mondo che corre verso l’opposto, sembrano dirti: “con le mani, quando ti pare“.