Magica Musica è stato presentato con una lunga veglia su Twitch. Quattr’ore di diretta, un’odissea nello spazio Asian Fake condotta da Venerus e dai suoi ospiti che si sono alternati nel corso della serata. Abbiamo visto come il lancio dell’album sia stato celebrato col lancio nell’etere di un pallone aerostatico, che porta con sé il sigillo di Magica Musica (da qui MM)e una lettera con scritto “In cerca di forme d’amore nell’Universo”. Il rito è stato eseguito da un personaggio folle interpretato da Venerus. Un matto, un po’ alieno e un po’ clochard, che nelle movenze e nel suo borbottare ha ricordato molto Elio Germano in Volevo nascondermi – biopic sul pittore Antonio Ligabue.
Come nel film di Giorgio Diritti, la storia artistica di Venerus e di questo suo primo album è una storia di fatica: fatica nel trovare il proprio modo di emergere, il proprio linguaggio. Trovare dunque il modo per non restare inespressi, il modo di approfondire quel verso di Namasté che recita “non fosse per la musica saremmo pazzi”. Ci è voluto tempo per scongiurare questa ipotesi, per “bucar la superficie che sembra impenetrabile”, ma è stato sicuramente tempo ben speso: parliamo infatti di un album che è stato profondamente elaborato, cesellato, modellato nel corso del tempo. È il risultato di una profonda ricerca, corporea e spirituale; la ricerca di un linguaggio musicale unico e ricercato in ogni suo aspetto (di cui un preludio lo abbiamo avuto in OBE di MACE), per cui è possibile, oggi, tornare ad accostare un album italiano al concetto di opera artistica.
How to be i nuovi Battisti-Mogol? Chiedete a Venerus-MACE: in questo disco è stata data una nuova identità alle canzoni cantate in italiano. Lo scoglio più grande da superare era innanzitutto quello di inserire l’italiano in basi musicali e in linee melodiche che fanno fatica ad accogliere le articolazioni della lingua, proprio per come essa viene pronunciata – quello scoglio che per esempio i Verdena hanno superato con il no-sense e Liberato con un pasticcio partenopeo-internazionale. Venerus, senza risparmiare senso e identità, ci offre quindici tracce (sono sedici, contando Cosmic interlude) dall’altissimo valore lirico, cantate con una voce unica, che ha revisionato a proprio modo vocali e consonanti, sillabe e suoni. Il primo strumento unico e almeno finora inimitabile che si incontra nell’album è quindi la voce del suo autore. Poi viene tutto il resto.
Nonostante le nostre orecchie non siano più abituate a lavori più lunghi di 40 minuti, una volta finita la chiusura di Luci ci troviamo lì davanti al piatto a chiedere umilmente un altro po’ di solchi incisi sul vinile. Questo perché la struttura dell’album è di un equilibrio olimpico, grazie al quale l’ascolto risulta omogeneo e lineare sebbene ci siano tantissime sfumature di suoni, generi e mood (ben rappresentati dall’artwork in copertina). Il messaggio dell’artista milanese viaggia nell’etere rivoluzionando i diversi strati dell’atmosfera che incontra dall’r&b al soul, dallo psy-rock alla ambient-tecnho. Il cantautorato calcuttiano viene stravolto in Sei Acqua con i Calibro 35, i Beatles appaiono attraverso i sitar nel sogno psichedelico di Namasté (con Rkomi) per poi ispirare Venerus in Lucy, il miglior brano dell’intero disco che fonde i ritmi rollingstoniani alle droghe sintetiche dei Primal Scream. Non contento, porta in Italia i maestri del jazz e del soul, traducendoli in una lingua più pop in Brazil, Una Certa Solitudine, Canzone per un amico e soprattuto nell’assolo di tastiera di Solo dove vai tu, un brano fantastico (grazie ad amanda lean e not for climbing) che ci fa toccare il punto più alto dell’atmosfera, togliendoci il fiato.
Se cerchiamo il senso di MM, lo troviamo per aria, in quel pallone aerostatico: è scritto lì. Ma anziché stare col naso all’insù alla ricerca di questo messaggio, diciamo che possiamo ritrovarlo anche più semplicemente nel nostro animo, alla fine dell’ascolto. Dal primo secondo di Ogni pensiero vola alla grandiosa chiusura di Luci, infatti, non c’è un momento che non sia coerente con l’atmosfera dell’album: un’atmosfera eterea e di pace, di evasione dalla razionalità, “nuove strade per uscire da me”, che portano verso quelle “forme d’amore” del messaggio aereo: un amore totale che trascende dal corpo, per la vita, per il mondo, per il cosmo (“E risale così dal profondo di me / la voglia di sciogliermi / e amare più il mondo”). Tutto Magica Musica è percorso da un senso di scorporazione, di ascesi (“Ed io rimango chiuso in camera da solo, e lascio fuori tutto il mondo / e cerco tra le note un altro modo per ritrovarmi fino in fondo”), ma anche da un bisogno soave di umanità e amore, che emerge in brani come Fuori, Fuori, Fuori…, Sei Acqua, Canzone per un amico ed Eden, che contiene uno dei versi più belli del disco:
E cresceranno fiori dove per anni è stato deserto nei nostri cuori.
Magica Musica, album di debutto di Venerus, è un’opera organica, che vive di vita propria, che ha un suo singolare respiro: MM è un organismo a sé stante, un disco che non si ferma sulla superficie melensa dell’itpop, e né tantomeno su quella muscolosa dell’hip-hop odierno; MM non cannibalizza i suoni dei decenni passati, non filtra e rielabora quello che è stato già fatto: è MM che fa qualcosa di nuovo, e lo fa proponendo un nuovo modo di intendere la canzone italiana.
Tracce consigliate: Ogni pensiero vola, Sei acqua, Lucy, Namasté, Una Certa Solitudine, Solo dove vai tu