Era il lontano 2014 quando il mondo musicale fu scosso – nel bene o nel male – da Hey QT, un misterioso brano bubblegum-pop che fece parlare molto di sé tra chi lo definiva il punto di partenza di un nuovo filone musicale e chi invece lo vedeva come la morte definitiva della musica, di qualsiasi genere. In produzione c’erano A.G. Cook e SOPHIE, due mezzi sconosciuti che – attraverso il volto di Hayden Dunham – cercavano di promuovere un semi-fittizia bevanda energetica: la QT, appunto.
Da lì la carriera di SOPHIE è stata un continuo crescendo: la sua LEMONADE è finita in uno spot del McDonald’s, ha prodotto brani di artisti del calibro di Charli XCX, Vince Staples e Madonna, ha pubblicato PRODUCT – un album/compilation dei suoi primi inediti – ed è riuscita a trovare un’identità per quanto riguarda la sua sessualità, definibile come genderqueer.
Immaterial girls / Immaterial boys / I could be anything I want / Anyhow, anyplace, anywhere, anyone, any form, any shape, anyway, anything / Anything I want
È così, infatti, che recita il testo di Immaterial (cantato da Mozart’s Sister), nonché la colonna portante di tutto l’album. Un brano che ci racconta di una persona che non ha bisogno di avere un genere o una forma definita per sopravvivere, anzi. Può essere ciò che vuole, quando vuole, nel modo che più preferisce.
La stessa cosa fanno i suoni di questo disco, che continuano a mutare prendendo forme e colori che gli essere umani non hanno mai visto, se non in qualche visual di Jesse Kanda nei video di ARCA. L’unica differenza tra i due artisti sta nella iper-contaminazione pop che SOPHIE riesce a dare alle sue canzoni rendendo tutto più leggero e digeribile rispetto ai lavori del cileno (Ponyboy e Faceshopping arrivano dal 2050, ma hanno comunque melodie e ritmi ultra-catchy).
OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES è un intimo romanzo che narra la trasformazione sessuale dell’artista attraverso sonorità post-drone-noise-ambient-pop (da Tim Hecker a Ben Frost, da Oneohtrix Point Never a Blanck Mass) e violente pratiche BSDM circondate da momenti di quiete con gli intermezzi Infatuation, Is It Cold In The Water? e la opening-track It’s Okay to Cry.
SOPHIE ce l’ha fatta. Ha dato una nuova non-forma al pop con un disco che – contro ogni pronostico – porta la PC Music (intesa come genere, non l’etichetta) a toccare vette mai raggiunte prima in questo ambiente e che difficilmente verranno toccate di nuovo. È il diamante a 24 carati in mezzo a una miniera di carbone grezzo.
Tracce consigliate: Immaterial, Whole New World/Pretend World, It’s Okay to Cry