When rock’n’roll is good, it’s really pop music, sentenziò Tennant in un’intervista di qualche anno fa, a ridosso dell’uscita di Electric. Lo ribadisce oggi nel fare i conti col passato in The Pop Kids, primo estratto dall’album seguente: we were so sophisticated, telling everyone we knew that rock was overrated. E a conti fatti un disco come Super regala ancora un paio di punti alla tesi che è sfondo coerente di tutto il progetto Pet Shop Boys: forse il rock è davvero una roba sopravvalutata se a quelli come Neil Tennant e Chris Lowe bastano voce e samples per uscire indenni dal tunnel. Cosa chiedere ancora a due che si collocano già di diritto nel pantheon dei pionieri? Se decidessero di starsene tranquilli a impacchettare rassicuranti compendi delle gesta passate non potremmo neanche biasimarli, che d’altronde è ciò che si limitano a fare i colleghi altrettanto longevi come Erasure e Orchestral Manoeuvres in the Dark. Ma di campare di rendita i Pet Shop Boys non vogliono proprio saperne, e così tre anni fa dicono addio alla Parlophone, mettono su un’etichetta tutta loro e sotto l’egida di Stuart Price riemergono dagli abissi di un album come Elysium tornando con Electric a reclamare spazio nel panorama dance contemporaneo.
Squadra che vince non si cambia, anche stavolta Price è in cabina di regia, fresco del lavoro coi New Order di Music Complete, che per molti versi somiglia a quello fatto con Tennant e Lowe, perchè in sostanza la perizia del produttore britannico risiede nella capacità di traghettare nell’EDM del presente le cifre stilistiche di progetti consolidati senza snaturarli. Epurato di velleità orchestrali e dettagli datati, il sound caratteristico del duo torna a vibrare in costruzioni pulite e dirette e a declinare quell’estetica degli opposti che sin dagli albori è l’essenza del progetto.
È un processo che non si esaurisce in Electric, di cui Super solo a volte suona come un encore un po’ chiassoso, perchè per il resto il tredicesimo album in studio dei Pet Shop Boys ne sancisce l’approdo in epoca odierna, e mentre il suo predecessore esitava in atmosfere siderali un po’ desuete, la freschezza di Super punta dritta a solleticare il gusto retromaniaco attuale.
La club culture del secolo scorso riecheggia nel midtempo mellifluo di The Dictator Decides così come nell’italo disco di Pazzo!, in una dance music dal costrutto intellettuale che si salva sempre dal suonare pretenziosa, sempre sul filo di una dicotomia che si esprime al meglio nelle ballad sintetiche come Sad Robot World o nella soft disco torbida di Into Thin Air.
C’è da dire che a rendere ancor più encomiabili gli ultimi Pet Shop Boys c’è il demerito di una grossa fetta delle produzioni synth pop di questo millennio, un elenco a cui quella recente targata M83 è solo l’ultima ad aggiungersi, che col pretesto di rendere omaggio ai fasti degli anni ’80 e ’90 svaligiano gli archivi senza rigenerarli introducendo apporti. Thirty’s calling, round the bend, will your ideas ever trend? Sui synth frivoli e squillanti di Twenty-something si innesta il talento melodico delle liriche di Tennant a dispensare più di un consiglio ai colleghi più giovani, ma poi arrivano schegge euforiche come Groovy e Undertow, sfavillanti e contagiose a ribadire agli aspiranti successori che sarà dura tenere il passo.
Tracce consigliate: Groovy, Into Thin Air