Perfume Genius non ha mai fatto un disco che non fosse bellissimo, ma No Shape è quanto di più vicino, nel 2017, al di là dei clickbait e di tutte le esclamazioni inflazionate, ci possa essere alla definizione di ‘capolavoro’. Curioso, poi, che venga da uno che ‘genio’ ce l’ha nel nome.
Ogni disco è un’esperienza estremamente personale sia per chi lo scrive che per chi l’ascolta, ma – cercando di essere il più obbiettivi possibile – cosa rende un’opera artistica degna di essere definita un capolavoro? Tra i criteri possiamo elencare l’innovazione, la qualità della composizione, del cantato, degli arrangiamenti e della produzione, ma anche il modo in cui il disco si relaziona al passato e al futuro (sia dell’artista stesso che della scena a cui appartiene), nonché la coesione, il concept dell’album; e i testi, quanto sono onesti e cosa dicono del disco e dell’esperienza/visione del mondo di chi li scrive? Secondo questi criteri No Shape è un lavoro che soddisfa tutti i requisiti.
Ognuno dei quattro lavori di Mike Hadreas è bellissimo in modo diverso, e se Put Your Back N 2 It ne aveva già consacrato il cantautorato eclettico, Too Bright ne aveva consolidato le doti poliedriche e la capacità di reinventarsi in scrittura e personalità. No Shape riprende molti degli elementi di Too Bright, ma con una rinnovata sicurezza di sé: la fragilità indossata con orgoglio in brani come Queen si rafforza e celebra sé stessa quando celebra l’amore e, soprattutto, quando trascende la forma; Hadreas, per cui il mix di minimalista e massimalista non è una novità, ci invita con Otherside ad entrare nella sua cattedrale di suoni sontuosi, e quel che ci guida da ascoltatori è una sindrome di Stendhal perenne e durante la quale ci lasciamo andare ad un volere compositivo e lirico che mai perde di direzione. L’album si apre con un invito sommesso fatto inizialmente di voce e piano, che esplode aprendo le porte al primo singolo Slip Away, un manifesto upbeat dedicato a quell’amore che è così forte da non doversi appoggiare a nient’altro: “they’ll never break the shape we take”. Perfume Genius, che più volte ha cantato la sofferenza dell’amore queer, sembra aver imparato a non vergognarsi della sua non-forma/non-conformità, che indossa sfacciatamente cavalcando le percussioni in Go Ahead (“watch me walk on by […] you can even say a little prayer for me”) e che canta con una nuova spensieratezza in Wreath (“Burn off every trace / I wanna hover with no shape / I wanna feel the days go by”).
Sul piano emotivo, No Shape riesce a fare quello che Arca faceva poco tempo fa col suo disco eponimo: catapultare l’ascoltatore all’interno di un dramma identitario in modo sinestetico, senza lasciargli lo spazio di muoversi ma costringendolo a seguire ipnotizzato. È così che – senza alcun tipo di incoerenza – l’intimità del violino di Every Night si trasforma nell’inquietudine maestosa della voce e della viola di Choir, che a sua volta cede il passo alla nudità spiazzante di Die 4 You, poi seguita da un duetto (Sides) in cui dominano la voce di Weyes Blood e gli strumenti a corde. Il gran finale è riservato ad Alan, brano dedicato al compagno e collaboratore Alan Wyffles, onnipresente nell’album ma qui citato in modo diretto, commovente, come a confermare che quel rapporto, che ormai non ha nulla da chiedere a nessuno, ha finalmente acquisito una sua (non-)forma:
Did you notice
We sleep through the night
Did you notice, babe
Everything is alright
C’è un libro bellissimo di Jeffrey Eugenides, Middlesex, a cui ho pensato molto mentre scrivevo questa recensione. È la storia di un ermafrodito alla continua ricerca di un’identità che lo rappresenti laddove non esistono definizioni e laddove il linguaggio manca della complessità per descrivere certe emozioni. Ogni esperienza umana è diversa, ma di fronte al limite della forma e del linguaggio è necessario creare delle forme e dei linguaggi nuovi. La forma di Perfume Genius è un’assenza di forma, ed è perfetta così.
Tracce consigliate: Die 4 You, Alan, Choir