Io lo avevo già detto nel live report del concerto tenutosi il 7 settembre al Magnolia di Segrate (MI): “Molti hanno definito la sua musica ‘fragile’, ma ieri sera l’impressione è stata tutt’altra”.
Impressione che si riconferma in questo Too Bright, terzo disco di Perfume Genius.
A conti fatti il titolo pare una presa in giro, un’ironia, poiché le tinte dark, precedentemente contenute solo (o quasi) nei testi, hanno ora contaminato in maniera evidente anche la musica dell’artista, ricca di virate tendenti agli 80s (periodo che già in passato Mike aveva ammesso di amare), per quanto i classici pezzi al pianoforte comunque non manchino.

OGGETTIVITÀ
Si parte con I Decline che pare la naturale prosecuzione di Katie, bonus track del precedente Put Your Back N 2 It. Pianoforte e voce, un paio di note di chitarra di contorno creano il gelo, riscaldando il cuore. Dico io, puoi iniziare un disco con tutta questa carica emotiva? Evidentemente se sei Perfume Genius la risposta è soltanto una: sì.
Il singolo Queen aveva già spezzato tempo fa eventuali “ma questo fa sempre le stesse cose?”: chitarra distorta, voce distorta, batteria, cori, riff di sintetizzatore. Il sentore di un’evoluzione è stato poi confermato dall’altro singolo, Grid, ossessiva, quasi occludente. My Body (già ascoltata live) ha proseguito poi il trend dark cui accennato prima, raggiungendo picchi quasi horrorifici.
D’altro canto però si possono trovare tracce che sono, se non proprio bright, almeno più dedite agli 80s fatti di luci al neon: Fool, tra schiocchi di dita riverberati, gorgheggi gospel, ottoni, e Longpip con la sua cascata di sintetizzatori vintage e clap incalzanti.
Perfume Genius riesce a reinventarsi rimanendo comunicativo come sempre, riuscendo ad arrivare al cuore dell’ascoltatore, smuovendo un qualcosa nel profondo, anche allontanandosi dalle strade che lo hanno reso famoso.
C’è comunque sempre spazio per momenti che rimandano indietro nel tempo e che stringono il cuore in una morsa, lì tra i polpastrelli poggiati sui tasti bianchi e neri e la voce: è il caso della già citata I Decline, di No Good (“There’s no journey/There’s no safe place/For the heart to hang/When the body’s no good […]To me love was/Always in pain/Stolen moment/At a time”) e di Don’t Let Them In, dell’oscura I’m A Mother, della più cadenzata e ricca di fiati Too Bright e della conclusiva, straziante, All Along.
In queste canzoni però non permane troppo a lungo la sensazione del “già sentito”; tutto è infatti arricchito da controcanti riverberati, chitarre ambientali, fiati, droni strappalacrime.
Riguardi ai testi lo stesso Mike aveva già dichiarato: “[…] a lot of people […] nudged me to make less gay-themed things. […] to make something with broader appeal. And that’s why I failed trying to be that. There are a lot of songs about how I recognize the bad patterns I’m in. There would be lots of easy things for me to do that would get me out of those behaviors but […] no thanks, I’m just going to keep being horrible and miserable”.

EMOZIONI
Tutte le tracce, da quelle più innovative a quelle più consone allo stile di Mike sono gioielli, momenti splendidi, cristallini, espressione di un talento e di una delicatezza rari. Delicatezza dietro cui si cela un artista con i controcoglioni (e scusate il francesismo), capace di rinascere dalle proprie ceneri fatte di oscurità, discriminazione, stupri in famiglia, droga, e di risplendere fieramente, meritatamente; finalmente.
Rischiando di cadere nei luoghi comuni, commuove sempre vedere la potenza disarmante della musica come mezzo per esorcizzare le paure e le difficoltà, un mezzo per afferrare quella bellezza che sfugge nella vita ma che si palesa senza filtri in melodia, così, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
I cuori sussultano.
Too Bright è uno dei dischi dell’anno. Punto.

Tracce consigliate: Queen, Longpip, All Along