Nella prima metà del vecchio secolo, nei bar si trovava sempre uno spazio dedicato alla musica. Un qualcosa di secondo piano che intrattenesse gli ospiti, senza infastidirli ma permettendo comunque a chi fosse interessato, di seguire lo spettacolo dell’artista. Di solito l’artista era al piano, se non accompagnato da una band, nei casi dei primi gruppi jazz. L’atmosfera era immersa in una specie di foschia causata sì dal fumo all’interno ma anche dagli effetti del consumo di alcol di una serata. Non si poteva rimanere perfettamente lucidi e avere una visione chiara del posto. Tutto ciò era la regola nell’America anni ’50, se non prima.

Majical Cloudz non viene da quel epoca e non è nemmeno americano è un musicista talentuoso canadese, conosciuto ai più grazie al suo nome riportato di fianco a Nightmusic, bellissima traccia contenuta in Visions di Grimes. Le tinte scure sono le stesse dei pianisti di epoche andate a cui si guarda come a momenti di produzioni musicale di altissima eleganza. Oscurità però futuristica quella che caratterizzò Grimes. Ma tra i due c’è un abisso.

Impersonator è un album statico, esattamente opposto al dinamismo pop e dance di Claire Boucher. Oltre alle dinamiche degli album, agli antipodi sono anche le voci dei due artisti. Grimes, acuta all’inverosimile invece baritonale quella di Devon Welsh. I suoi synth sono i colpevoli del taglio trasmesso all’album. Avvolgono l’ascoltatore come i maglioni di lana che fanno tanto periodo natalizio. Ogni nota scalda sempre più e ogni parola, vista la profondità dei temi, crea quel prurito della lana sulla pelle che impedisce di lasciarsi intorpidire dalla tiepida temperatura dell’album.

In estate tutto questo è abbastanza difficile da tollerare o anche solo da immaginare ma aspettate (dai che prima o poi arrivano) quei temporaloni estivi, che vi rovinano la giornata al mare. Nel caso abbiate un lettore mp3 a portata di mano con dentro quest’album, non vi farà tornare il sorriso ma vi farà almeno dimenticare la rabbia per cose frivole come l’ennesima giornata in spiaggia. Mettete su Childhood’s End per avere uno shock termico, colpa di quella voce alla Tom Smith (Editors) oppure Bugs Don’t Buzz e quel martellante piano acustico che aveva spezzato parecchi cuori in album come Put Your Back In 2 It di Perfume Genius.

Non è quindi un album estivo, ma per quei momenti che vi ho consigliato sopra, per ora non c’è niente di meglio.

p.s Attenti potreste ritrovarvelo in metro.

Tracce consigliate: Childhood’s End, Bugs Don’t Buzz.