Parlare di “scena” è un po’ il tabù della critica perché il rischio di cadere in generalizzazioni è sempre dietro l’angolo. Diremo allora che c’è “qualcosa” che si sta muovendo nel panorama musicale del nord Europa: questo marasma sonoro da cui sono emerse band come Iceage, Holograms, Vår, Sexdrome, Eagulls (per citare solo i nomi più noti), ha di recente vomitato anche l’esordio dei Lower.

Per fare i precisini qui stiamo a metà tra il maelstrom sfasciatutto di Elias Bender Rønnenfelt e soci, e la wave più rigorosa degli Holograms, per dire.  In questo caso sono del tutto assenti gli influssi marcatamente hardcore e black metal che contraddistinguono altri progetti citati, semmai i Lower si dedicano alla pratica di un post-punk asciutto e marziale, spigoloso ma anche in grado di concedere tregue melodiche, soprattutto grazie alle parti vocali a tratti drammatiche.
La batteria suona marce per soldati persi in paesaggi apocalittici e mentre il basso spara cartucce manco fosse un AK-47, la voce di Adrian Toubro non ha difficoltà a passare da registri aggressivi a momenti più malinconici e possiamo considerarla un elemento interessante per la potenziale crescita della band. A questo livello di violenza esistenziale non ha nemmeno senso analizzare singolarmente le tracce, una sparatoria infilata dietro l’altra; gli unici episodi non del tutto ansiogeni sono forse Soft Option e Tradition, i quali suonano più come lamenti di dolore che come grida di rabbia.

Con Seek Warmer Climes i Lower infilano un altro tassello in quella che si sta rivelando un’invasione barbarica che ci auguriamo possa spezzare l’assioma del punk sempre e comunque politicizzato (poi i risultati sono davanti ai nostri occhi) per reintrodurre un approccio più coerente ad alcuni mostri sacri (qualcuno ha detto Joy Division?) che a volte sembrano adottati dal panorama indie/hipster/quelcazzochevipare in toto più come una sorta di status symbol che per vera empatia.

Se servivano dei ragazzini con il broncio e le teste rasate a riportarci in una costellazione ideale che unisce Ian Curtis a Mishima, i Wire ai The Cure, i The Fall ai Crisis allora direi che non resta che goderci il paesaggio.

Tracce consigliate: Another Life, Tradition