A un anno e mezzo di distanza da This Is EkstasisJulia Holter torna a far parlare di sé, o meglio lascia alla musica l’arduo compito.
Se This Is Ekstasis era un lavoro estemporaneo e magicamente fluttuante tra Medioevo e Classicismo greco, un’eterea commistione di pop, ambient ed elettronica, Loud City Song è l’affresco contemporaneo di una grande realtà urbana; nello specifico le pennellate musicali disegnano parallelismi tra l’odierna Los Angeles e la Parigi degli anni 50, e tra la Holter stessa e la protagonista del musical Gigi, ambientato in Francia nel 1958.

Julia diventa dunque una donna e va nel mondo, abbandona la produzione in cameretta impegnandosi in una più complessa elaborazione in studio, la quale porta nella sua musica l’inserimento di una batteria, una sezione d’archi e una di fiati “che fanno qualcosa che io non avrei mai potuto fare con la mia Casio”.
Loud City Song si presenta immediatamente come un album dalla preponderante valenza cinematografica, non tanto come una potenziale colonna sonora quanto più come un racconto vero e proprio.
World ne è l’introduzione e coincide con l’ingresso della Holter in un mondo amaro, estraniante, sovraffollato e dunque emarginante. L’atmosfera che prevale è sempre questa, un dolceamaro molto in voga nella cultura degli anni 40 e 50. Musicalmente si spazia molto: il jazz sghembo di In The Green Wild si contrappone a Horns Surrounding Me, pop ipnotico e una grande prova vocale di Julia, una sorta di continuum della precedente Maxim I. La voluta inaccessibilità di Maxim II compie il suo lavoro a dovere, tra cambi di ritmo improvvisi e cacofonie d’ottoni su droni accennati. La componente ambient incantata non si è comunque persa in questa metropoli, ma è riscontrabile nei sei minuti di Hello Stranger e nella breve e pianistica He’s Running Through My Eyes. A chiudere questa Loud City Song (da notare l’uso del singolare, evidente segno di un’opera concepita come tutt’uno) è City Appearing, sintesi delle numerose sfaccettature artistiche della Holter: cantato a cappella, pianoforte e droni a cui si accostano tutti i nuovi elementi, dalla batteria ai fiati, sino alla chitarra acustica dall’andatura jazz, elementi che poi cozzeranno in un fragore ben lontano dall’essere lieto fine.

Sebbene sia un ascolto complicato e alle volte (volutamente) poco melodico, Loud City Song si lascia apprezzare per la sua ricercatezza, per la capacità di rendere concreto, tangibile e coerente un progetto ben preciso.
Loud City Song è il nuovo passo di un’artista che sta contribuendo a ridefinire e ampliare il concetto di pop moderno, senza mai smettere di sperimentare e di ricercare un piglio caratteristico in ogni produzione.

Tracce consigliates: Hello StrangerHorns Surrounding Me