Nella maggior parte dei casi direi che Jenny Hval è una donna fissata col sesso, e poi le darei ragione.

Non sapendo a quali casi riferirmi continuo citando le sue parole: “That night, I watched people fucking on my computer” e “I arrived in town with an electric toothbrush pressed against my clitoris”. Questi sono i due versi d’inizio dei suoi ultimi due album sotto il nome Jenny Hval, che è il suo nome, si perché prima si chiamava Rockettothesky, e col nome Rockettothesky ci aveva fatto altri due album, ma noi crediamo fermamente che la migliore Jenny Hval è quella che si fa chiamare col suo nome, ovvero quella di Viscera e Innocence is Kinky.
Poco male.

Innocence is Kinky è un album apparentemente cattivo, almeno nei temi, sicuramente più cattivo e mascolino di Viscera; basta dare un’occhiata alle due frasi d’apertura: la frase dello spazzolino e del clitoride fa parte di Viscera, l’altra di Innocence is Kinky. La differenza sostanziale è che mentre con lo spazzolino si sta effettivamente masturbando, col computer non fa altro che guardare gente che fa sesso, il che non appaga certo quanto lo spazzolino. Questo fa di lei una voyeur frustrata e vogliosa lontana due spanne dall’oggetto del suo desiderio che le rimane davanti per tutta la durata del disco. Snervante dite?
Date anche un’occhiata alla copertina, la sua faccia già, c’è la sua faccia in copertina, un primo piano un po’ di scorcio mezzo bagnato; lei stessa dice di essersi ispirata alla Giovanna D’arco di Dreyer per la realizzazione del disco, primo lungometraggio di Giovanna D’arco famoso per l’uso incessante del primo piano, Jenny Hval dice che c’è più sesso lì che in tutta la filmografia di Paris Hilton. Effettivamente non si sbaglia, Freud ci insegna che il volto è la parte del corpo più carica di sessualità, potremmo guardare per ore una faccia che ci piace, vedete? Di nuovo il voyeur.

La voce di Jenny Hval, oriunda di Oslo, resta in primo piano per tutto il tempo, un paio di dita sopra gli altri strumenti, tanto da permetterti di immaginare la sua faccia per bene, spiaccicata contro lo schermo. Che la sua voce è un filo, non la si potrebbe descrivere diversamente, come se si prendesse un filo e lo si facesse scorrere tra le mani, creando forme, disegnando linee…
È pop sperimentale in fin dei conti, Jenny che c’ha sulla punta della lingua un paio di soluzioni nuove che cerca di buttare giù in base a qualche appunto preso in fretta che poi si finisce ancora una volta ad elencare le voci alle quali assomiglia, che in realtà, per far sì che la cosa avesse un senso, si dovrebbe fare un elenco lungo questa volta, che comunque mi scoccia fare.
Al di là di quello che di primo acchito il disco potrebbe suggerire, la formazione usata per le registrazioni è roba già testata: chitarra basso batteria e tastiere, nulla di più nulla di meno, arrangiati assieme in pattern minimali e sghembi.
Tanto di cappello a questo disco quindi, che è un disco fine sebbene compromesso.

Tracce consigliate: Innocence is Kinky, Mephisto in the Water.