Con il suo nuovo album Francesca Michielin non lascia molto spazio alla fantasia: FEAT di nome e di fatto. Quello da ultimo pubblicato è, infatti, un lavoro interamente composto da collaborazioni e duetti con l’obiettivo dichiarato di mescolare in un unico contenitore soluzioni e composizioni diverse. Una specie di Grand Prix del pop.

Ma attenzione perché il filo che separa il coraggio dall’incoscienza è davvero sottile.

Come nei casting per il cinepanettone la caccia all’artista è serrata e meticolosa. C’è un’immagine artistica ancora under constrution e una platea da conquistare. Un po’ sporty, un po’ pane e salame; un po’ dancefloor e un po’ gipsy. Una musica che vuole sapere di tante cose, ma che alla fine non sa di niente. E allora, invece di ripartire da 2640, ecco un prodotto preconfezionato per playlist di Spotify, all’interno del quale sfilano uno dopo l’altro i nomi oggi più o meno in voga nei loro generi di riferimento e che rende ancora più nebuloso il contesto. Questione di numeri ed obiettivi.

C’è l’indie radiofonico di Coma Cose (RISERVA NATURALE) e Carl Brave (STAR TREK) che riciclano versi canonici come la “circonvalla” o le “Lucky Strike“, solo che sono già tre anni almeno che li sentiamo. Proprio come quei registi che si credono tanto furbi e chiamano De Sica per fargli esclamare: “ma che è sta cafonata” ancora dopo 35 anni. Ma in sala nessuno ride.

C’è Fabri Fibra (MONOLOCALE) con cui propone un r&b facilone con le solite liriche trite e ritrite delle difficoltà sentimentali dell’artista e c’è Shiva (GANGE) che si allinea sulla stella lunghezza d’onda, anche se più wannabe-Kelly-Rowland-anni-2000, completamente scollegato e soprattutto contraddittorio rispetto alle intenzioni nobili in altre parti dell’album con un bridge del tipo:

Yah, ti sto pensando più dei soldi
Più del cash, più del grano, più del cash, più del grano
Più del cash, più del grano, yeah-yeah

Accanto a loro una sottospecie di Le Vents Nous Porterà con Max Gazzè (LA VIE ENSEMLBE), seguita da un nuovo cambio d’abito per il reggae/trip hop (SPOSERÒ UN ALBERO) featuring Gemitaiz e YO TENGO NADA con Dardust ed Elisa: urban spagnoleggiante simil-Elettra: jackpot, bingo e 6 al superenalotto per radio e stabilimenti balneari. Chiudono Giorgio Poi (LEONI) e Takagi & Ketra con Fred De Palma (ACQUA E SAPONE) e a questo punto non ne puoi letteralmente più di tutti questi nomi, mentre ti chiedi che fine abbia fatto Francesca Michielin che sembra prestare lei la voce agli altri in qualche b-side e non il contrario.

Intenzioni nobili si diceva. Purtroppo rimane tutto solo sulla carta, specie con l’opening STATO DI NATURA che propone con un ritardo di più di 20 anni un mezzo Rage Against The Machine e Rancore perché “wow il rap ha spaccato a Sanremo“. Insieme a lei Maneskin per il nuovo manifesto femminista che nei fatti appare solo come uno slogan da catena di Whatsapp, nel quale chi guarda il culo a una donna viene associato a chi le mena. Anche no, grazie.

Generalmente le recensioni finiscono con espressioni del tipo “un album che conferma...” o “un album che alza/abbassta l’asticella“. Ma in questo caso nessuna di queste clausole di stile potrebbe funzionare perché nel suo ultimo lavoro Francesca Michielin sembra scomparire per lasciare spazio ai suoi ospiti, come i registi che si credono furbi e che lasciano fare tutto agli attori. Anche se quel caps lock senza senso ci vuole obbligare a notarlo facciamo finta che non esista e per quest’anno il cinepanettone evitiamo di guardarlo.

Tracce consigliate: CHEYENNE, l’unico brano senza intrusioni sensibili nel quale Francesca fa quello che le riesce meglio e con un Charlie Charles che – in questo caso sì – alza la sua personale asticella.