Fare rap a 40 anni ed essere presi sul serio non è facile, specialmente in Italia. Fabrizio Tarducci, in arte Fabri Fibra, arrivato all’ottavo album, tutto sommato ci è riuscito ancora. È lui stesso a chiedersi, nell’intro di Fenomeno, se vale ancora la pena rappare alla sua età , visto che (specifica) in Italia è una cosa per ragazzini, la premessa è che “la roba sua è molto più profonda del rap”, peccato che nel disco di canzoni che si possono considerare davvero profonde ce ne sono solo due (quelle dedicate al fratello e alla madre). I temi trattati non sono poi tanto diversi da quelli dei dischi precedenti (autocelebrazione, successo, ricordi, psicoanalasi e critica della società) e il ritratto che ne viene fuori è quello di un uomo problematico che continua a credere di essere il rapper migliore in circolazione.

Fenomeno, primo singolo da cui l’album prende il titolo, è una sorta di rivisitazione (in peggio) de La Cosa Più Facile degli Uomini Di Mare, (tratto dall’EP del 2004), tra citazioni di programmi tv e nomi di chef famosi si è praticamente garantito una sicura rotazione in radio (e così effettivamente è stato) ma sostanzialmente è un brano di una estrema pochezza (Esco dallo studio con il MasterChef/Doppio salto mortale in un mare di offese/Guarda come ti muovi, Harlem Shake/Lo sa anche Alessandro, l’Italia è Borghese […] La sera prego da bravo cristiano, Malgioglio/Pago carta oro, mangio Carte d’Or/Dopo cena mi fumo una Canna-vacciuolo)  che fa rivalutare molti dei testi delle canzoni della Dark Polo Gang. Continuare a ripetere che quando aveva iniziato lui a fare rap erano in quattro gatti e non era ancora di moda mentre adesso lo fanno tutti è una costante che sentiamo da anni nei suoi testi ma nel brano che apre il disco (Red Carpet) lui sente il bisogno di doverlo ribadire (Rappo da prima dei social / Da prima di Twitter / Da prima che ci fossi tu su YouTube) perché si considera il più vero e onesto di tutti, l’unico a prendere la musica sul serio. Money For Dope 2017 è un pippone riflessivo tra quesiti esistenziali in stile Marzullo e banalissime considerazioni degne del peggior Travaglio (La tecnologia ci controlla/Ma chi controlla la tecnologia? Compriamo cose, ma ci servono davvero?/O siamo sotto con la pubblicità?/E chissà quanti soldi che girano in nero/Perché in Italia frate è così che va) oltre a una serie di riflessioni da quattro soldi sulla politica e la società consumistica da cui lui (ovviamente) prende le distanze (E sui giornali i politici insistono/Anche se ormai sono così distanti/Quanti problemi ci fanno sul fisco/La soluzione ce l’hanno davanti).

La collaborazione con i Thegiornalisti in Pamplona sarà sicuramente uno dei prossimi singoli, una canzone in cui ci ha buttato dentro talmente tante cose a caso che è difficile trovargli un senso (Stavo col Libanese/Quando sotto casa gli hanno sparato/Ma quanta violenza che passa in tele/Però meglio in tele che dentro casa), ma all’ascoltatore medio non importa, perché “Troppo figo Fibra che cita Romanzo Criminale!!!“, anzi verrà sicuramente lodato per essere riuscito a unire nello stesso pezzo episodi di cronaca nera (Un matto gira in centro in mutande/E uccide i passanti con un machete) a considerazioni sullo stato in cui versa il mondo (La politica ci vuole divisi/In TV sento parlare di Isis/Su nel cielo, guarda, volano missili/Fuori fighe da sfilate Intimissimi); tutto condito da un ritornello cantato da Tommaso Paradiso che segue alla perfezione il non-sense generale della canzone (Dove sei?/L’estate comincia adesso/Ma tu vuoi correre/C’è l’Apocalisse in centro/Segui le luci della città/Pace agli uffici e alle università/Beviamoci su che qualcosa qui non funziona/Siamo come i tori a Pamplona). Le trombette di un Major Lazer strafatto lo candidano come sicuro successo radiofonico, non c’è dubbio. Però anche questo pezzo, col rap c’entra poco o niente, la partecipazione dei Thegiornalisti ci azzecca quanto Future nell’ultimo singolo dei Maroon 5.

Equilibrio mischia la solita autocelebrazione (La cosa migliore che sia successa all’Italia è Fabri Fibra/I testi che scrivo fanno ai ragazzi da guida/Ho visto e raccontato ogni aspetto della vita) alle ennesime considerazioni di carattere generale sul mondo in cui viviamo (I giovani mangiano sushi annoiati sull’iPhone che conosce tutti i loro segreti/Ultimamente in giro vedo solo militari/E se magari passo in mezzo prego che non spari. I politici a Roma amano Totti/I bambini a Roma giocano coi topi. Male, male, male, senza soldi frate si sta male/Finisci per guidare un Tir in mezzo al lungomare/Finisci per impazzire, frate, può capitare/I vicini diranno: “Sembrava un tipo normale”).  Fino a questo punto sembra di ascoltare un disco rap come lo farebbero Fazio o Beppe Grillo. Roberto Saviano compare in uno skit sulla legalizzazione della cannabis in cui, in poco meno di 2 minuti, riesce ad ammorbare anche il consumatore più incallito. Fortunatamente lo skit di Mr.Pesantezza è alleggerito dal brano che segue, Cronico, che parla – indovinate un po’ – di Ganja e, sostanzialmente, fare festa in un modo degno del peggior Jovanotti (Uno per i soldi, due per lo show/Tre per il flow superfibradelico/Se ti piace ‘sta roba allora alza le mani/Posso farne ancora, duro fino a dopodomani). È giusto soffermarsi sul testo perché c’è ancora chi lo considera il miglior rapper italiano (Bella lì, bella raga/Scrivo rime finché l’Universal mi paga/Lei versa vino con un completo Prada/Odore d’erba pure in mezzo alla strada); ma perché essere critici su un pezzo spensierato e divertente dopo tanti contenuti di spessore?

La seconda parte del disco prende una piega più personale, a cominciare da Stavo Pensando A Te, che con le sue sonorità vagamente anni ’80 parla di amore e gioventù, fino a tematiche famigliari che prima d’ora nei suoi dischi aveva solo vagamente accennato. Le Vacanze lo ritrae come una persona sola, triste e problematica, tutto riconducibile al complicato rapporto con la famiglia  (Con i grandi non mi ci vedevo /Poi crescendo lo senti il veleno/Alle favole io non ci credo/Perché il male esiste davvero/Dentro casa non ero sereno/C’era una situazione pesante/Anche i miei litigavano meno/Ma solo durante le vacanze) che viene definitavamente spiegato nei due brani conclusivi, rispettivamente dedicati al fratello Nesli (Nessun Aiuto) e alla madre (Ringrazio), troppo personali per poter essere giudicati dall’esterno, ma che aiutano a far capire i motivi per cui a 40 anni Fabri Fibra è un uomo pieno di complessi e demoni interiori (A casa ancora mamma pensa che suo figlio/Non sia altro che un bambino/Mi parla come fossi un cretino/Lei non vuole che io abbia successo/Perché sa che per averlo dovrei parlare di ciò che mi è successo/In famiglia ero depresso/In famiglia i miei giorni più tristi/La famiglia che mi odia perché ne parlo in tutti i miei dischi).

Gli va dato atto della forza avuta per essersi aperto ed esposto su temi così personali, un atto che lui stesso ha definito come liberatorio dopo anni in cui si è tenuto tutto dentro, non deve essere stato facile mettersi così a nudo. Un fratello che dopo tutto l’aiuto che ha ricevuto gli ha voltato le spalle perché succube della madre (Sono stato chiuso in casa a pensarci per un’intera estate/Dalle prime rime alle prime foto alle tue prime grafiche/Ero sempre in prima linea con entrambe le mani alzate/”Questo come si chiama?”, la gente nella scena se lo chiedeva/Il tuo primo demo, ti ricordi, ero l’unico che ci credeva. Mia madre dice a Nesli: “Distruggilo nelle interviste/Così vedranno che se lo insulti quello non reagisce”), descritta come un vero e proprio mostro (Perché sono così cattivo? Non c’hai mai pensato?/Non sai cos’ho passato, non te l’ho mai spiegato/Mia madre mi soffoca da quando sono nato/Mi vorrebbe morto dopo quello che son diventato/Per lei è difficile accettare che ora sono grande/Prendevo botte fino a quando non usciva il sangue).

Nel pezzo che conclude il disco viene fuori l’immagine di una madre che gli ha rovinato la vita: una figura che l’ha oppresso fin da giovane e al di là di quanto possa piacere o meno Fabri Fibra come rapper è impossibile non provare empatia per lui ascoltando questo sfogo angosciante (Non so più stare in mezzo alla gente, ho i pensieri di un pazzo/Mi sento solo e ringrazio mia madre/La notte sogno che ammazzo mia madre. Mi ha rovinato la vita mia madre/E non è mai finita con mia madre/Ora capisco mio padre.). Un brano che vale la pena analizzare se si vuole cercare di capire cosa ha portato Fabrizio Tarducci a diventare Fabri Fibra, ogni sua canzone dagli inizi a oggi si può spiegare attraverso questa dolorosa confessione, perché il rapporto con sua madre l’ha segnato fin da piccolo e inevitabilmente ha caratterizzato tutte le fasi della sua vita (Non voglio più tenermi dentro questo peso/La mia gioventù passata come un incompreso/Se mia madre fosse qui adesso mi direbbe: “Non ti vergogni?/Non aiuti mai tuo fratello, lui che insegue i tuoi stessi sogni”… Mia madre mi manda messaggi, mi dice: “Ti guardo quando vai in TV”/Poi chiama dicendo: “Ho visto che parli di casa, non farlo mai più”/Lei teme che io dica a tutti quanti schiaffi ho preso/Per capirlo basta guardare come son venuto su).

Il disco si conclude così, con la consapevolezza che ci troviamo di fronte a una persona che ha sofferto davvero, la copertina lo ritrare con i capelli tinti di viola e uno sguardo vuoto e al tempo stesso pieno di fantasmi che lo accompagneranno per il resto dei suoi giorni, ma il giudizio finale non può essere condizionato da questo. Fibra è passato da Mr.Simpatia a essere Mr.Banalità, ma considerando la vita problematica che ha avuto poteva finire anche molto peggio. Buon per lui che ha trovato una valvola di sfoga nella musica, nel suo caso possiamo proprio dire che gli ha salvato la vita.

Tracce consigliate: Nessun Aiuto, Ringrazio