Molte persone in questo periodo fanno fatica a dormire, probabilmente per una maggiore affinità con la faccia negativa dei sogni. Ascoltando la voce lo-fi e sommersa di Elvis Depressedly, c’è qualcosa che ci suona familiare. Avete presente quando nei sogni turbati vorreste gridare ma non ci riuscite? Vorreste fare un gesto semplice ma la parte più acquosa della vostra personalità, lì, mentre dormite, non ve lo fa fare? Ecco, Depressedelica è la voce di queste sensazioni. Una voce che, in queste settimane, non possiamo non sentire vicina.

Depressedelica doveva uscire lo scorso anno: la sua strada era iniziata con la pubblicazione in estate del singolo Jane, don’t you know me?, insieme al quale si annunciava l’arrivo dell’album a ottobre 2019, un lavoro che avrebbe celebrato al meglio i dieci anni di Elvis Depressedly. Poi però a settembre c’è stata la battuta d’arresto. Matthew Lee Cothran, anima del progetto, ha comunicato con un post su Facebook che per il bene della sua salute mentale tutto era rinviato. Insieme all’etichetta Run For Cover, Cothran ha deciso di sospendere la pubblicazione di Depressedelica per dare priorità alle proprie esigenze personali, per la prima volta nella sua vita ha deciso di curare seriamente il disturbo bipolare, la depressione, l’alcolismo. “If you break your leg, stop thinking about dancing and start decorating the cast”, con queste parole aveva concluso quel messaggio.

Ma facciamo un balzo in avanti e arriviamo ad oggi. Depressedelica è uscito il 10 aprile, insieme a un nuovo messaggio dell’autore. I suoi problemi non sono finiti, dice che è ancora in cura e ha davanti a sé del duro lavoro da superare. Però gli è sembrato, questo, il tempo giusto per rilasciare quel disco messo nel congelatore mesi fa:

Questi sono tempi difficili per tutti sul nostro pianeta, e ora, chiunque prenda del tempo dalle proprie lotte per stringere la sua mano con la mia, darebbe un bellissimo esempio di come la musica sia in grado di collegare l’umanità, di rendere possibile un dialogo e portare la pace sulla terra.

Con questa premessa ascoltiamo il nuovo album di Elvis Depressedly, un disco che vuole dare voce a queste difficoltà.

Depressedelica riempie le undici tracce di interrogativi, simbologia e temi autobiografici, immersi in un rock lo-fi e elettronico. Il disco inizia con una domanda, Who can be loved in this world?, brano che sembra essere un dialogo allo specchio (“So I can be loved in this world / So you can be loved in this world”), e prosegue su questa scia con Jane, don’t you know me?, una ballata lo-fi sulla resa al cospetto della debolezza umana (“And I can feel my spirit weaken / Worn down through the seasons”) che si conclude con una chitarra rabbiosa e improvvisa. La disillusione e l’umiltà di queste prime due tracce creano la scia per lo sviluppo dell’album e dei suoi simboli sommessi e rarefatti. La calma della parte strumentale si scontra però con la paralisi della voce, quella appunto tipica di un brutto sogno, trattenuta e strozzata – un simbolo indiretto di grande tensione. La penna e gli strumenti sono nemici in Depressedelica.
È anche per questo che, ascoltando l’album, incappiamo in giri di sensazioni molto lunghi. peregrinazioni simili a quelle che garantiscono la musica di Sufjan Stevens e Father John Misty, dell’ultimo Alex G e che troviamo sotto il tappeto dei Car Seat Headrest, per giungere ai Bon Iver di 22, A Million e i,i, fino alle suggestioni di Oneohtrix Point Never.

I segni con cui Depressedly dà forma alla propria inquietudine (“Get drunk in secret / If you can see through me you’ll se me through”) si trovano nella chitarra “in putrefazione”, eppure così calma e ariosa, di Can you hear my guitar rotting?, si ravvisano nelle immagini di Chariot, una canzone presentata nell’album in doppia versione, nell’immobilità di Primal Sigh o in quei versi da incubo – eppure racchiusi in un’atmosfera paradisiaca – di Peace of Earth, in cui Cothran vede se stesso cantare la pace nel mondo riflesso in una vasca di sangue. L’immagine di sé riflessa è ricorrente in Depressedelica. Tutto l’album è da considerarsi un grande confronto con chi si vorrebbe essere e con chi si ha paura di diventare, un confronto estremizzato in New Love in The Summertime, in cui si canta “And when I’m dead in a hospital basement / And you’re dying on the 13th floor / I hope my spirit passes by your bed side / One more laugh the about the days before”.

D’altronde questo album parla di un momento di difficoltà ancora vivo. Non è un punto di arrivo, né un punto di partenza; è un durante, un giorno tipo il sabato santo, tipo uno qualsiasi del 2020, un momento di attesa verso ancora non si capisce bene cosa, in cui Elvis Depressedly ci ricorda perché nasciamo piangendo.

Tracce consigliate: Chariot, Primal Sigh, New Love In The Summertime