Che carino il nuovo album del cantante dei Noah And The Whale! No, aspè, come dici? Dean Wareham non ha nulla a che fare con loro? Ah. Bene. Allora probabilmente Charlie Fink (cantante dei citati NATW) sarà contento di sapere che ha un clone. Bando alle ciance, Dean Wareham ha deciso l’anno scorso, a quarantasei anni suonati, che era l’ora di darsi alla carriera da solista, abbandonando i precedenti progetti Luna prima e Galaxy 500 poi. La sua prima release da solista è stata l’EP Emancipated Hearts i cui caratteri principali si ritrovano anche nel primo vero e proprio album, chiamato con grande fantasia proprio Dean Wareham. La musica di Dean è una musica semplice, accessibile veramente a chiunque, una musica talmente positiva che stucca dopo una settimana. A ben vedere potrebbe essere la colonna sonora perfetta per un film di Wes Anderson, senza nulla togliere al regista preferito dai sedicenti hipster neocinofili. Dean è però un maestro a dare equilibrio ad ogni brano, riuscendo perfettamente a far pesare ogni elemento quel tanto che basta a rendere armonica ogni singola traccia: la sua voce non è mai fuori posto, ogni accordo, ogni riff, ogni assolo (per quei pochi che compaiono) è al posto giusto nel momento giusto.
Con poco più di una chitarra, una batteria, un piano (e talvolta dei timidissimi synth), la voce di Dean è accompagnata per 9 tracce in una track-list organizzata più che degnamente. Però, nonostante l’apparente alone di serenità emanato dalle atmosfere sonore, i testi raccontano storie tutt’altro che allegre, come già si intuisce da svariati titoli: Heartless People, Love Is Not A Roof Against The Rain o I Can Only Give My All. Certo, non siamo di fronte alle tragedie di Sun Kil Moon, ma che non vi sia troppa allegria si intuisce da versi come “What have I done with my life? What have I done to deserve it?” o, ancora, “Empire is corrupted/Exile is returned/Come  turn the world on again”.
In generale, il secondo lavoro solista di Dean Wareham registra poche differenze rispetto ad Emancipated Hearts. Purtroppo (o menomale, a seconda dei punti di vista) il genere in questione non è destinato a subire una grossa evoluzione, né a fare storia oramai, ma nonostante questo la semplicità senza tempo del pop di Dean riuscirà a rilassarvi anche quando, a fine 2014, ci chiederemo: ma chi cazzo era Dean Wareham?

Traccia consigliata:  The Dancer Disappears