Nervous Young Man era il titolo di uno degli undici album autoprodotti da Will Toledo, ventitreenne prodigio di quell’indie rock americano tra il lo-fi e lo slacker, erede tra gli altri di Pavement, Guided by Voices e Dinosaur Jr., che abbiamo imparato ad apprezzare negli ultimi tempi con nomi come Frankie Cosmos, Teen Suicide, Alex G o Porches. Giovane e nervoso è rimasto un po’ il marchio di fabbrica di Car Seat Headrest anche dopo essere stato notato da Matador che, meno di un anno fa, ne ha pubblicato il debutto in major Teens of Style, una compilation di pezzi riarrangiati ripescati dal prolifico catalogo precedente.

Dai pezzi registrati in macchina (da cui il nome) di tempo ne è passato, eppure l’attitudine DIY è rimasta: Teens of Denial è il primo lavoro inedito di Will Toledo per una major, e per l’occasione Car Seat Headrest ha messo su una vera e propria band, riuscendo nel difficile compito di arricchire i suoni e le distorsioni noise con una produzione più pulita, più attenta al dettaglio e teoricamente meno lo-fi. Eppure Car Seat Headrest riesce a confermarsi al contempo il nome di punta del nuovo indie rock d’oltreoceano e quello che il ‘genere’ lo cavalca e lo stravolge, tenendosi facilmente fuori dalle etichette di sorta.

Uno dei due motivi principali che rendono Car Seat Headrest un progetto di molte spanne superiore a quello dei suoi coetanei e colleghi risiede appunto nella sua capacità di stravolgere il genere: contrariamente a qualsiasi filosofia ereditata dal lo-fi anni ’90, i brani di Toledo sono lunghi (Cosmic Hero, ad esempio), spesso contengono addirittura diversi movimenti all’interno (The Ballad of the Costa Concordia), con delle variazioni sottili quanto disinvolte, come ad esempio fa nel cambio di ritornello nel singolo Drunk Drivers/Killer Whales. Il resto della band si piega alla voce di Toledo con degli arrangiamenti più solidi e ricercati che in passato, ed insieme rendono Teens of Denial un lavoro robusto, ma dal sapore spontaneo e libero.

La scioltezza e la libertà assaporate nella produzione di Teens of Denial si rispecchiano poi nella scrittura eccezionale di Will Toledo, che riesce a piegare e distorcere la metrica a favore della sua voce – sempre nasale, spesso urlata, spesso spoken word – unendosi a una capacità lirica unica, vicina forse solo a quella di Patrick Stickles dei Titus Andronicus o Conor Oberst dei Bright Eyes (e con un pizzico di Courtney Barnett). Teens of Denial è un disco che parla ai ventenni, è un concept album che affronta il tema della depressione esplorando il senso di vuoto di quando ti svegli non-sai-dove dopo una sera passata a bere (Drunk Drivers/Killer Whales) o dopo la prima esperienza con gli acidi ((Joe Gets Kicked Out of School For Using) Drugs With Friends (But Says This Isn’t a Problem)), o il senso di alienazione e solitudine che mascheriamo con l’ironia (“I have become such a negative person / It was all just an act / It was all so easily stripped away”; “I didn’t want you to hear that shake in my voice / My pain is my own”). Il singolo Vincent invece cattura l’antitesi tra depressione e socialità con la capacità arguta che ha Toledo nel trasformare il verso più breve in una pugnalata: Vincent inizia con “Half the time I want to go home”, colpisce con “I find it harder to speak / When someone else is listening” e affonda definitivamente con “I had a bright tomorrow / I spent it all today / Now I am silent at last / Now I have nothing to say”. Invidiabile non è solo la capacità di arrivare al punto senza girarci attorno o senza strane metafore (tranne in The Ballad of the Costa Concordia, dove l’allegoria del capitano che abbandona la nave parla per sé), ma anche nel saper fare uso di un linguaggio semplice e diretto, libero come lo è la maniera in cui viene cantato – liberatoria, e con quel tocco di distanza e autoironia che riesce a non appesantire mai i toni del disco – come in Fill in the Blank, che vede incrociarsi versi e riff taglienti (“You have no right to be depressed / You haven’t tried hard enough to like it”).

Con Teens of Denial, Car Seat Headrest riesce in diverse imprese: quella di ridare vita all’indie rock nel momento in cui di questo si era quasi smesso di parlare, facendosi portavoce di un genere e al tempo stesso mostrando il talento giusto per stravolgerlo e porsi diverse spanne più su; Will Toledo riesce anche a rappresentare una generazione di ventenni cinici e autocommiseratori, con tutte le contraddizioni del caso, e lo fa con delle chitarre e dei versi cattivi al punto giusto da essere sempre sia canticchiabili che imprevedibili. Teens of Denial è anche un netto salto di qualità per Car Seat Headrest stesso, il cui talento lo porta al di fuori della cameretta, dritto sui grandi palchi.

Tracce consigliate: Vincent, Drunk Drivers/Killer Whales, 1937 State Park