Will Toledo – in arte Car Seat Headrest – fa musica già da dieci anni: con Making a Door Less Open qualcosa doveva cambiare. Il prodigio dell’indie-rock americano, con già una dozzina di album alle spalle prima di debuttare in casa Matador, non pubblicava un album inedito dal 2015, a cui risale il meraviglioso Teens of Denial. In quella recensione dicevamo che con Teens of Denial Toledo avrebbe scavalcato l’indie di nicchia per calcare i grandi palchi e così è stato: il progetto Car Seat Headrest è così diventato una rock band.

Quattro anni dopo, con Making a Door Less Open, Car Seat Headrest si trova ad affrontare cosa significa successo e, soprattutto, cosa è cambiato in lui come persona, come autore e come performer. Will Toledo ha sempre guardato dentro per raccontare le sue storie e la sua scrittura è sempre stata eccellente anche per il modo in cui interiorizza e interpreta tutto attraverso la sua penna sarcastica e spigolosa, in modo schietto e a suo modo poetico. Ora Car Seat Headrest è un mostro che si tiene in piedi da solo e Toledo è costretto a guardare anche fuori per raccontare le sue ansie. È così che decide di indossare una maschera e di creare un alter ego, Trait, per sopperire all’ansia da prestazione sul palco, come spiega nel primo singolo Can’t Cool Me Down. E col nuovo personaggio arriva anche un nuovo stile e un nuovo registro per il nuovo album: Making A Door Less Open è decisamente più orientato verso l’elettronica che verso il rock, con synth quasi onnipresenti per tutta la durata del disco. Ma il risultato non convince e non è solo una questione di genere.

Per Car Seat Headrest l’elettronica non è una novità. Chi conosce il suo catalogo precedente a Teens of Style (2015) sa che l’uso dei synth era costante nelle sue produzioni casalinghe e in Making a Door Less Open ne fa solo un uso più sperimentale. Il primo dettaglio che si nota già in apertura con Weightlifters, ma soprattutto più avanti con Hymn e Deadlines (Thoughtful), è che si tratta di una sperimentazione erratica, scostante, molto acerba e in fondo un po’ amatoriale, con beat e drum machine che tendono a sopraffare il resto degli elementi, inclusi i testi. La nuova direzione sembra essere una decisione di Toledo e del batterista Andrew Katz, che hanno prodotto insieme l’album, diventando a tutti gli effetti una band piuttosto che un artista con dei turnisti; è così che Katz co-firma Hollywood (al contempo il brano più rock e più fastidioso dell’album), mentre al chitarrista Ethan Ives viene affidata la più appetibile e acustica What’s With You Lately.

Forse è proprio la co-presenza di altri autori a rendere Making a Door Less Open meno coeso, ma l’album riesce ancora a splendere nei momenti in cui la band torna su elementi familiari: Martin è un grande singolo che mostra quanto venga semplice a Toledo scrivere un gran pezzo indie pop; Deadlines (Hostile) (assente nelle versioni fisiche – ma questa è un’altra storia) ha uno di quei ritornelli grandiosi, con l’epicità che ritroviamo sul finale con i due pezzi migliori dell’album–Life Worth Missing e There Must Be More Than Blood. In tutto l’album la complessità della narrazione di Toledo continua a splendere come sempre, soprattutto nel modo in cui alcuni versi e temi si ripetono e si riprendono, cosa che faceva spesso anche in Twin Fantasy: in Weightlifters, un brano sull’inerzia come stato da superare, c’è la realizzazione difficilmente traducibile di “If thoughts can change your body […] Your body can change your mind, poi ripresa sotto forma di domanda sul finale di Famous (“Did you change your mind?”); There Must Be More Than Blood è una lunga lettera aperta ai luoghi e alle persone familiari che ormai non lo sono più; Life Worth Missing, infine, è una resa emozionante, una parziale accettazione dell’autore dopo una lunga lotta con se stesso:

Fall over the edge
Learn to live while falling
Every laugh is a path worth following
When you put it into words
It’s comfortingly bland
There’s so little left to understand

[…]

I feel it break
I feel the weight of anger, pain and sorrow
Breaking over me
The flags are raised
We walk with no goodbyes and no tomorrows

Making a Door Less Open è in fondo un album complesso. Registrato in due fasi (una dal vivo con la band e una in MIDI con i synth) poi combinate, forse proprio per questo manca di una coesione di fondo, nonostante le ottime idee e dei grandi pezzi. Una cosa è certa: Car Seat Headrest ora è una vera e propria band, nel bene o nel male.

Tracce consigliate: There Must Be More Than Blood, Life Worth Missing