Oggi vi raccontiamo velocemente i nostri pensieri su una manciata di dischi usciti negli ultimi giorni: la rivoluzione nella musica di Taylor Swift, il nuovo EP dei GOMMA, la raccolta di Angel Olsen e tanto altro.

Taylor Swift – reputation

 “I’m sorry, the old Taylor can’t come to the phone right now
Why?
Oh, ‘cause she’s dead!

Taylor è cambiata ancora in reputation: addio a tutti gli strumenti analogici e dentro a tutta l’elettronica possibile, addio alle canzoncine felici e gioiose e benvenuti sound cupi e testi di maggior riflessione. La Swift nell’ora scarsa del disco cambia abito diverso volte somigliando di tanto in tanto ad alcune sue colleghe. Su tutte Lorde, la regina del pop del 2017, che evidentemente ha ispirato brani come Delicate, So It Goes… e Dress. Poi prende i vestiti di Charli XCX in This Is Why We Can’t Have Nice Things, delle HAIM in Getaway CarKing Of My Heart e di Fergie in Look What You Made Me Do. Non che questo sia controproducente anzi, riesce per assurdo a dare un minimo di identità al disco che comunque ha un suo filo logico e suona quantomeno fresco, grazie soprattuto ai 4 singoli di lancio che sono ottimi brani pop e che non potete perdere (…Ready For It?, Look What You Made Me DoCall It What You Want e soprattuto Gorgeous).

Voto: 6.8 – Andrea Pelizzardi

Sam Smith – The Thrill Of It All

Anni fa si parlava di Sam Smith come il nuovo artista di punta della musica pop (e non solo) inglese, oggi si parla di Sam Smith come l’ennesimo talento mancato e soprattutto bruciato da esigenze lucrative discografiche e poco più. Oggi Sam fa canzoni noiosissime e neanche i testi riescono a soddisfare le eventuali stories su Instagram delle teenager col cuore spezzato. Due anni fa, al suo debutto ufficiale, qualcosa di buono si era intravisto, specie quando l’artista cantava su schemi meno pop rispetto agli attuali. Ma oggi quello che rimane è solo un altro brutto disco pop in cui c’è un chiaro plagio a Creep dei Radiohead in Midnight Train. E un po’ spiace perché con una voce del genere si può fare qualsiasi cosa, anche rischiando di cantare un band grindcore.

Voto: 4.0 – Andrea Pelizzardi

Angel Olsen – Phases

My Woman era stata la consacrazione definitiva del talento di Angel Olsen, un talento dalla voce impareggiabile e dalla personalità misteriosa quanto sfacciata. Phases è una raccolta di B-side, cover e demo che parte dal folk intimo e minimale del debutto Half Way Home e ritraccia la carriera dell’artista fino alle produzioni più ricche dell’ultimo album. Di fattura più recente sono i due brani di apertura Fly on Your Wall – dalla compilation anti-Trump Our First 100 Days – e la bellissima Special, ingiustamente tagliata fuori da My Woman. Il resto dell’album, anche nelle sue cover (tra cui spicca una Tougher Than the Rest di Springsteen), riprende quella chiave lo-fi delle primissime produzioni, scegliendo come vertice la ricchezza vocale di Olsen, che necessita di poco altro che una chitarra acustica per dispiegarsi appieno nella sua forza e vulnerabilità. Phases è una raccolta che per sua stessa natura non aggiunge nuove sperimentazioni al catalogo della cantautrice, ma dona nuova vita a brani che attendevano di essere aggiunti in scaletta.

Voto: 7.3 – Claudia Viggiano

GOMMA – Vacanza EP

Attivi da poco più di un anno, ma ai GOMMA le introduzioni non servono: reduci da un ottimo esordio – Toska – che li ha portati un po’ ovunque in giro per l’Italia, la band emo pubblica inaspettatamente un EP di tre tracce che riflettono le “conseguenze” della vita vera che intercorre tra un tour e l’altro. Vacanza, registrato con Andrea Sologni (Gazebo Penguins), si pone in diretta continuità con Toska pur allontanandosi dallo schema imposto dal primo album, presentando tre brani che funzionano in modo diverso tra loro. La title-track Vacanza è probabilmente la prova più pop della carriera dei GOMMA, con i suoi alti e bassi: le linee vocali mixate in modo incerto e il ritornello leggermente stucchevole sono salvati dal riff di Giovanni Fusco e da un bridge tutt’altro che pop. Mentre Vacanza premia le doti di Fusco, d’altra parte la voce di Ilaria Formisano si sposa al meglio col punk-rock di Falò e Foresteria, in cui i toni si fanno più aggressivi anche dal punto di vista lirico, tra molotov e attacchi di panico che diventano istantaneamente tratti caratteristici del già forte immaginario dei GOMMA. La sfacciataggine di Falò, sorprendentemente, funziona anche in maniera melancolica nella sua controparte acustica Falò (Spento), un bellissimo duetto con Generic Animal, il nuovo progetto solista di Luca Galizia dei Leute. Vacanza è un avanzamento creativo e compositivo per la band campana; il compito a casa per il futuro è però quello di riamalgamare al meglio le qualità migliori dei singoli componenti.

Voto: 6.5 – Claudia Viggiano

Tennis – We Can Die Happy

Con We Can Die Happy, il duo statunitense Tennis si libera di quell’enorme urgenza di dover precisare il loro precedente Yours Conditionally, uscito agli inizi di questo fecondo 2017. Un ep forse più soddisfacente se portato ad album, meglio anche se rilasciato in data diversa vista l’impossibilità di ottenere un certo tono a causa dell’inestimabile numero di uscite musicali del periodo. A dargli una certa rilevanza però è la motivazione che si nasconde dietro il rilascio di questo e il certo distacco dal melenso pop-rock anni 70. L’idea di We Can Die Happy nasce durante il giorno dell’attentato di Borough Market, durante il quale la band si ritrova bloccata all’interno del locale londinese nel quale stavano suonando. Ci si ritroverà poi a sperimentare un dj set che si prolungherà sino alle 4 del mattino dopo, con l’intento di mantenere gli animi in pace e attendere che le acque si calmino. Per quanto il tema del disco resti inquietante, si giunge comunque ad una nuova forma e certe atmosfere della neo-psychedelia si trovano con il rock anni 70, caratterizzando il suono pop della band. Groove magnetici di basso, tastiere nettamente più presenti e una chitarra messa in primo piano (No Exit) sono l’evoluzione nel suono della band che vede una volta per tutte oltre.

Voto: 6.0 – Claudio Carboni

Yung Lean – Stranger

La versatilità di un artista ne determina la sopravvivenza: quanti avrebbero prestato attenzione all’ennesima gag pansessuale di Miley Cyrus, se non avesse giocato la carta della reinvenzione parental-controlled in Malibu? Chi avrebbe scommesso, fondatamente, sulle potenzialità di Yung Lean, se da fenomeno del web e caricatura di se stesso non avesse investito in una produzione discografica più matura, sfatando il pregiudizio che lo associa ad un mero prodotto da milioni di views, spogliandosi dei brand sulla giacca e dell’abuso di codeina per riconoscersi, umanamente, come autore introspettivo oltre lo stereotipo? Si tenga presente, a dimostrazione di quanto scritto, che la denominazione del gruppo di cui Håstad è leader, Sad Boys, assume palpabile consistenza artistica laddove si leggano con occhio critico -e non più ironico- le liriche composte, prima memorabili per immaginario estetico ed adolescenziale, oggi veicolo d’espressione di un’interiorità riflettuta e profondamente sofferente, realistica. La generazione dell’umorismo dei meme, dei neologismi più astratti ad identificare trend giovanili (vaporwave, seapunk, PC music) è impietosa e tiranna, dedicando non più di una settimana a ciascun eroe dell’Internet, tempo di una condivisione in rete sepolta dal video più interessante che l’algoritmo proponga immediatamente a seguire. Il ventunenne svedese demolisce qualsivoglia banalizzazione della propria sperimentazione, confermandone i tratti più interessanti: lente melodie dilatate, il cui riverbero è contornato da tintinnanti gocce di synth, alternate a trascinanti beat trap, di sfondo ad un cloud rap melancolico, ma mai cantilenante. Stranger si impone come terzo album in studio e manifesto identitario di chi Lean intenda essere al momento, meritevole di considerazione non più perché in vetrina, bizzarro protagonista -al di fuori della tradizionale logica musicale- cui puntare il dito come attrazione circense, ma perché abile plasmatore di quel che era macchietta in interprete completo.

Voto: 7.0 – Laura Caprino