Heaven to a Tortured Mind inizia con una falsa partenza. Come i saltatori che giunti davanti all’asta capiscono di non aver preso bene la rincorsa, Yves Tumor, nome d’arte di Sean Bowie, fa rewind tre volte prima di lasciare che il suo nuovo album inizi. D’altronde ci voleva un bel respiro profondo prima di fare un grande salto verso un universo nuovo.

In un percorso frantumato e irregolare, il disco rimbalza e approda temporaneamente verso tanti lidi del tutto estranei all’idea che avevamo di Yves Tumor. A partire da Gospel For A New Century, l’artista ci rivela subito l’intenzione di declinare una inedita vocazione black. Heaven to a Tortured Mind inizia così nel segno del soul e dell’R&B/neo-soul tipico dei Free Nationals di Anderson .Paak, e prosegue questa esplorazione in tutto il disco, come nella struttura e nel falsetto di Super Stars, che fanno balzare alla mente alcuni dei marchi di fabbrica di Thundercat, o come nel basso che guida Asteroid Blues, l’unico pezzo strumentale dell’album. Una variazione su questo tema, e un riferimento puntuale della duttilità di Yves Tumor, si ravvisa nella traccia più mastodontica dell’album, Kerosene!, una registrazione che, supportata dalla voce di Diane Gordon, si muove tra l’ironia di Tyler, The Creator e tutta la serietà del prog rock, richiamando, in un intreccio di cori e chitarre infinite, i picchi di The Great Gig In The Sky dei Pink Floyd.

I brani straripano di sensualità tipica delle liriche rock anni ’70. Il “montaggio” del disco vede alcuni pezzi di transizione, come Identity Trade Hasdallen Lights, che scivolano via per prepararci al blocco centrale dell’album, che trova il suo picco con Romanticist e Dream Palette, una doppietta micidiale in cui intro e outro si confondono, la voce sporca di Yves Tumor si confonde con quelle di Kelsey Lu e Julia Cumming, e il senso della prima metà (“I wanna keep you close, right my side”), si infrange invece contro il cinismo aggressivo della seconda (“Our hearts are in danger / Tell me, is this fundamental love?”). Queste sonorità apparentemente lineari si sfilacciano di tanto in tanto; accelera l’encefalogramma dell’album il ritmo tagliente di Folie Imposée, ma subito detonato dall’eco psichedelico della voce, un mood che influenza Strawberry Privilege, l’unico pezzo insieme a Medicine Burn in cui ritorna una vena velatamente da incubo.

Yves Tumor cambia totalmente pelle in Heaven to a Tortured Mind, si trasforma in una rockstar scomposta e maleducata, in grado di fare incursioni corsare tra generi e reminiscenze. Non si tratta di un mutamento consueto e stagionale, ma di una enorme operazione di stravolgimento personale e musicale, artistico. La pelle lasciata alle spalle diventa già roba per collezionisti; le vibrazioni mute di When Man Fails You e Serpent Music sono del tutto superate, così come superata è anche l’elaborazione maturata in Safe in The Hands of Love, il vero punto di snodo della carriera di Sean Bowie, e per molti una delle vette artistiche di fine decennio.

Oggi non rimane quasi niente dell’enigmatico album del 2018, se non qualche scoria come Noid Licking an Orchid, gli unici due brani in cui si poteva ravvisare la nuova sembianza più esplicita di Yves Tumor. L’artista di Miami, nel nuovo disco, emerge dalle sabbie mobili, diventa più accessibile e ci fa sentire la sua voce come mai aveva fatto prima (a tratti identica a quella di Tunde Adebimpe dei Tv On The Radio o vagamente riconducibile a Kid Cudi, a seconda degli effetti utilizzati). La novità di maggiore impatto sta proprio qui: Yves Tumor arriva sulla terra e comunica con linguaggio verbale umano. Vengono messi da parte i segni ambient e industrial che costituivano il grosso del codice della sua comunicazione precedente; da un’espressione magmatica, elettronica e sperimentale, si arriva oggi, in Heaven to a Tortured Mind, ad un formato di canzone più canonica, fatta di strofe e ritornelli, adagiata su un tappeto sonoro i cui strati principali sono la chitarra, il basso, la batteria, gli ottoni. Un tappeto apparentemente rock, dunque, ma attraverso il quale Yves Tumor cuce trame di ossessioni e di integrazioni di suoni più complessi e elaborati, garantendo così un risultato che invece – questo sì – è tipico di tutta la sua carriera: un collage assortito e elaborato di tante influenze stilistiche diverse tra loro.

L’essere uscito dal sottosuolo è il punto di svolta della nuova versione di Sean Bowie. Ogni suo progetto ha sempre costituito un viaggio a sé, uno stravolgimento sempre enorme di ricerca che ha portato la sua arte a non convivere mai con strascichi del passato. Heaven to a Tortured Mind è il risultato di un movimento pachidermico, un album che sancisce non una nuova fase di un artista, ma la nascita di un nuovo personaggio. Possiamo dire che ogni nuovo album di Yves Tumor è a modo suo una rivoluzione, ma in questo caso a cambiare è stato l’oggetto di ricerca: la sperimentazione, più che musicale, è stata personale. Infatti abbiamo un nuovo Yves Tumor versione hitmaker, che porta con sé una nuova, complessa e devastante, idea di pop.

Tracce consigliate: Gospel For A New Century, Kerosene!, Romanticist / Dream Palette