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Anche quest’anno i Weval hanno qualcosa da dirci, in diretta dalla terra di mezzo che separa la sdoganata pista da ballo dall’elettronica spazzatura. Da quando hanno cominciato nel 2013, i due sbarbatelli hanno confezionato un ep d’esordio eurodisco capolavoro (Half Age, Atomnation, 2013), seguito da un lavoro in salsa techno niente male (Easier, Kompakt, 2014) un remix per il supergruppo The Acid (Ra, 2015) e poi sotto con le percussioni per produrre un album che non sarà un classico del futuro, ma ci va molto vicino.

È proprio la cura e il dettaglio delle ritmiche a rendere l’ascolto di Weval esente da ogni distrazione e interamente focalizzato sull’imprevedibilità e l’estro creativo del duo. Synth e voci si alternano a beat improvvisati (The Battle) e cassa dritta (You Made It), offuscando le influenze musicali coltivate negli anni senza tralasciare l’attaccamento ossessivo per le macchine. L’aspetto vivo e tambureggiante della musica dei Weval si percepisce in ogni brano, come nella splendida I Don’t Need it, che traduce la spontaneità e l’urgenza di condividere un’idea di musica oltre i canoni, talvolta commerciali, della amata/odiata etichetta Kompakt.

Il lato pop dei Weval affiora insieme ai meccanismi compositivi dell’ultimo Caribou, con brani che richiamano i passaggi upbeat di Our Love (in particolare Dive e Second Chance) con i synth corposi di Days, affiancati da una voce glaciale simile alla cara Jessy Lanza, e il groove artigianale e jazz-oriented di You’re Mine. Dopo aver raggiunto il traguardo dei 50 minuti di ascolto la sensazione è quella di smarrimento e ipnosi, con pochi ritornelli nella testa e la chiusura più convenzionale Years to Build, che completa il repertorio, già ricco, con l’eleganza dei Bob Moses e la decadenza di George Fitzgerald.

Weval è un album chiave della nuova scuola, di chi ha assimilato le influenze e le ispirazioni dell’era del multitask e le ha applicate alla pura manovalanza, lontana dalla pista da ballo ma cara alla passione sconclusionata e ad uno studio adulto del beatmaking.

Tracce consigliate: I Don’t Need it, You’re Mine.