Nel settembre del 2016, in un anno ormai noto per delle uscite discografiche che avrebbero segnato il decennio, usciva anche – quasi di soppiatto – un disco che non avrebbe scalato le classifiche, ma che sarebbe diventato un piccolo gioiellino semi-nascosto dell’indie rock di metà anni ’10: Return to Love dei LVL UP era un album che faceva vanto delle sue influenze, ma che durante l’ascolto riusciva a stupire grazie alla complicità tra i singoli componenti, che da soli portavano qualcosa di diverso e insieme realizzavano qualcosa di nuovo. I LVL UP si sarebbero sciolti di lì a poco, ma Dave Benton, cantante principale della band, non si è fermato ed è ora al secondo album solista col moniker Trace Mountains.

Eppure ridurre il progetto Trace Mountains a “il cantante dei LVL UP” sarebbe fuorviante. La prima cosa che salta all’orecchio ascoltando Lost in the Country, o anche il precedente A Partner to Lean On, è un senso di calma che nei LVL UP non c’era. Nei dischi dei LVL UP si sentiva sempre un sottofondo oscuro, un tocco di disagio che non veniva mai propriamente a galla. Lost in the Country invece è un disco ad una sola voce, consapevole del suo posto nel mondo e quindi placido in questa consapevolezza. Benton affronta depressione, incertezze e relazioni finite lasciandole nelle mani del tempo, della natura e dei fenomeni che non può controllare: è così che il titolo dell’album prende vita e inizia a delineare spazi, a descrivere la campagna e le strade e il suono delle foglie quando le calpesti e della pioggia quando colpisce il cemento. Lo fa anche musicalmente, con chitarre acustiche strimpellate dolcemente su tappeti di chitarre elettriche, percussioni ovattate e occasionalmente accompagnate dalla voce di Susannah Cutler (Cooper’s Dream, Lost in the Country).

Il timbro di Benton ricorda tantissimo quello di Jeff Mangum dei Neutral Milk Hotel ma le atmosfere di Lost in the Country ricordano molto quelle dei Grandaddy, di Kurt Vile o dei brani più pacati di (Sandy) Alex G, anche per i testi vagamente astratti; eppure in Fallin’ Rain, verso la fine dell’album, quel velo di calma cala su un riff vagamente disorientante e un testo che non esita a raccontarsi più apertamente: “I am proud to be so dirty / Fuck the world, it’s gone insane / And I have lost it all in the deepest heartache”.

Lost in the Country è un disco che si descrive già dal titolo: la colonna sonora di un piccolo percorso in uno spazio immenso, perfetto per perdersi nel mondo in un pomeriggio di primavera.

Tracce consigliate: Lost in the Country, Fallin’ Rain