Toro Y Moi ha abbandonato quasi definitivamente la via chillwave che sorreggeva i suoi precedenti dischi, volando in cielo come i delfini della Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, e non è un caso che parli di un libro scritto da un inglese. Con questo nuovo What For? il nostro Chaz ha attraversato ufficialmente l’Oceano Atlantico navigando verso Est, abbracciando sia l’ondata beat degli anni ’60, ispirandosi alle band revival ’90, quali Teenage Funclub e The Boo Radleys, e ad i buon vecchi XTC del periodo post-Skylarking (1986); psichedelia, insomma, da tutti gli scorsi decenni. La voce, invece, mi ha ricordato molto spesso il cantante degli Scritti Politti: Green Gartside, nota per me positiva.

D’altro canto la possente base funky che trasuda in tutto il disco rende il lavoro un ibrido tra US & UK. Da questo punto di vista, l’etichetta ipnagogica che gli era stata appioppata fin dagl’esordi, viene qui levigata e migliorata. I synth ci sono ma non sono più il perno, i tre strumenti rock la fanno da padrone e si ha come la percezione che Toro voglia seguire le orme di Ariel Pink, con un disco compatto e non traboccante di citazioni com’era il magnifico pom pom.
Ne escono 2 grandissimi pezzi disco-funk come Buffalo e Spell It Out, e un’altra traccia tanto liquida quanto piacevole con tutte quelle tastiere: Empty Nesters. Ratcliff, invece,  è tra le canzoni Beatlesiane più pacchiane mai sentite, mentre il duo che chiude il disco è molto scialbo e ci fa arrivare stanchi alla conclusione.

L’album è stato sicuramente prodotto magistralmente, le sonorità a cavallo tra 60s e 70s sono ricercate e i suoni entrano in testa in pochissimo tempo, ma la velocità con cui escono è altrettanto rapida. Chaz è in continuo mutamento e trasformazione, deve ancora trovare la quadratura del cerchio
What For? suona come un passettino indietro che comunque lo aiuterà: il talento c’é, ora manca il disco giusto al momento giusto.

Traccia consigliata: Buffalo.