Quinto album per i Dodos, duo psych-folk di San Francisco, registrato in seguito alla scomparsa di Cristopher Reimer (2012), chitarrista che accompagnò il gruppo sul palcoscenico nel 2011. Facile dunque immaginare da questa premessa che le atmosfere di Carrier sarebbero state segnate dal tragico avvenimento.
E così è infatti dall’apertura Transformer, tra arpeggi acustici ed elettrici più distesi di quanto i due ci avessero abituato negli album precedenti, e una coda strumentale molto emozionale. Emozioni che lacerano come il break distorto di Confidence e il suo cambio di ritmo schizofrenico a metà brano, tipico del duo; svolta ancor più marcata in Relief: da un acustico delicato a un crescendo elettrico struggente. E anche se il riff di The Current e le percussioni di Destroyer sembrerebbero suggerire spensieratezza e facilità d’ascolto, è proprio nelle loro esplosioni che si percepisce una vena di penosa inquietudine, un tormento che nemmeno la musica nel pieno della sua energia riesce a esorcizzare. E al tormento in questione viene dato un nome: Death, una ballata di gran delicatezza che si districa tra violini e controcanti, andando a braccetto con la successiva, e conclusiva, The Ocean.
L’ennesimo disco folk dei Dodos, diranno in molti. Ma un ascolto attento mostrerà come Long e Kroeber sappiano divincolarsi dagli stretti canoni del genere per esplorare territori nuovi, facendoli poi confluire naturalmente in un tutt’uno profondo, sincero. Ogni pezzo è una storia a sé che potrebbe racchiudere una dolce melodia da popsong, un climax quasi post-rock, una ballata tutta archi, un assolo psichedelico o ancora un fraseggio che strizza l’occhio al noise; tutto ciò orchestrato e arrangiato con maestria, racchiuso in una visione d’insieme coerente per un ascolto piacevole e mai banale.
Tracce consigliate: Confidence, Relief.