Dopo aver ascoltato il nuovo album dei Sottotono, Originali, è svanito definitivamente l’interesse per le reunion.

Le aspettative non erano così alte, ma il culto della nostalgia è uno strumento di persuasione talmente abile da trasformare in desiderio l’enorme diffidenza verso queste riesumazioni temporanee. E poi, nel caso di specie, si trattava di quella roba finissima di fine anni ’90 ai tempi di Soprattutto Sotto, di Area Cronica e poi di Sotto Effetto Stono e così via. Quindi ci si era presi abbastanza bene; ma tutte le cazzate da public relations, gli slogan altisonanti e la compiaciuta presunzione del disco si sono trasformati in un mix di contraddizioni e occasioni perse.

Quello che delude dell’album Originali non è da attribuire alle sole canzoni, perché in senso assoluto non fanno nemmeno schifo. È che, più semplicemente, avrebbe potuto essere qualcosa di molto di più di una mossa di marketing del tipo siamo-tornati-a-spaccare-il-culo. Ciò che lo rende così piatto è, infatti, l’assoluta assenza di personalità e originalità, che lo condanna a puntare esclusivamente sui grandi della scena attuale, sulla rievocazione di ricordi e sull’auto-referenzialità, quasi fosse un tribute album di una band degli anni ’70 ormai in pensione. Ma il risultato non combacia nemmeno con l’intenzione.

Da un lato c’è la pretesa di definire questo ritorno come “quelli che tornano con la sostanza, non tanto per ribadire uno status, ma per fare musica“, dall’altro una sfilza di nomi famosi che accompagnano i sette ri-arrangiamenti dei pezzi storici: Tiziano Ferro, Gué Pequeno, Marracash, Fabri Fibra (con la rime postume di Primo Brown), Emis Killa, Jake La Furia, Mahmood, Elodie, Coez, Stash, Luchè e CoCo.

Purtroppo i vecchi brani (che erano dei capolavori) sono diventati un frullato che suona uguale ad altre hit commerciali pop/r&b senza vita e sono stati costruiti per intercettare i più giovani, che, dal canto loro, si annoiano di bestia con il flow di una volta e quindi per appassionarsi necessitano di qualche barra riciclata che svilisce la natura dei brani, come quelle di Marra e Guè in Solo lei ha quel che voglio 2021: “Il fatto è che ho un debole per le donne forti/per le droghe e i soldi” e ancora “Inseguivo queste banconote/Ed ora inseguo te, non posso fare finta. 

Dove non si tenta di far entrare il linguaggio di oggi in un sistema vecchio di 20 anni, il risultato è abbastanza inconsistente, ad eccezione del featuring di Mahmood di Amor de mi vida. In altri casi, invece, c’è proprio del disappunto: quando alla cassa wannabe-Kaytranada di Dimmi di sbagliato che c’è 2021 entra un vocoder (inutile quando andava di moda e ancora più inutile oggi) o quando si palesano terzinati inspiegabili, come in Non c’è amore 2021 con Coez.

E poi ci sono i sei inediti. Se possibile, però, questi nuovi brani sono ancora più banali e privi di sostanza, al punto che si fa fatica a ricordarli una volta finito l’album. Nemmeno quando si sovrappongono i richiami della loro amata west coast con le nuove tendenze di Anderson .Paak o quelle dello stesso Kaytranada le cose migliorano e si rimane confinati nella mediocrità. Potremmo forse dire che Mastroianni si distingue, ma poi vai a vedere che ci si è messo di mezzo anche Calcutta e allora due conti te li fai.

Nonostante la passione che ci hanno messo, Originali è un disco che non trasmette alcun sentimento, nemmeno quello della nostalgia, in nome della quale – nel bene o nel male – vengono fatte queste reunion. Nel tentativo di svecchiare un prodotto unico nella storia del rap italiano, si è creato un album troppo lontano dai due estremi che voleva unire.

Il risultato è una pappetta innocua senza alcun sapore che non crea nemmeno fastidio ascoltarla. E questo è pure peggio che fare musica scadente. (Come, ad esempio, il feat. di Tormento con i Gazosa)

Tracce consigliate: Mastroianni