Sfera Ebbasta ci regala un’altra delusione. L’enfant prodige della trap italiana ci ha preso per il culo un’altra volta, con un disco di una banalità e piattezza incredibile. Famoso è un’altra occasione persa, data in pasto al suo suo ego e a quella vacca che di nome fa Mercato Discografico Italiano Di Merda che bisogna mungere finché produce latte.

Vabbè, ma cosa ti aspettavi da Sfera, dai?

Mi aspettavo molto: mi aspettavo che spaccasse tutto quanto con un disco divertente e facile, ma soprattuto fresco e di qualità.
E il motivo non è così complicato.

Sfera è il miglior prodotto internazionale che l’Italia musicale sia stata in grado di creare negli ultimi anni: il suo album omonimo è stato una bella ventata di aria fresca che ha fatto partire la macchina della musica trap in Italia. Successivamente Rockstar, nonostante non regalasse nulla di nuovo (musicalmente parlando), è stata un’importante novità per il nostro Paese, grazie a quel gigantesco featuring con Quavo dei Migos in Cupido che ha portato Sfera (e parte del movimento italiano) a essere preso in considerazione al di fuori di casa nostra. Ed è proprio da qui che Sfera pone le basi per il suo quarto album Famoso: tanti featuring importanti, un’infinità di soldi spesi da Universal e Spotify e la voglia di arrivare in ogni parte del mondo con le proprie gambe.

Famoso, sin dalle prime battute, si presenta con un susseguirsi senza sosta di cliché, sia nei testi che nella musica: la opening track Bottiglie Privè, usata come singolo di lancio, è una grande paraculata con la quale Sfera vuole comprare la nostra approvazione per aver fatto un pezzo ‘classico’ (con pianoforte e archi) rappandoci sopra. Peccato che la progressione degli accordi e la linea melodica della voce siano banali tanto quanto la qualità degli arrangiamenti e della produzione che puzza di presets digitali in maniera terribile. Un esperimento in stile Lazza uscito malissimo.

Le tracce che seguono sono – sulla carta – i pezzi forti di tutto il lavoro: abbiamo Future, J Balvin, Offset e Diplo nel giro di 10 minuti, ma niente di tutto ciò risulta interessante o degno di nota, anzi. Sfera dimostra di aver venduto la propria identità in un mix di reggaeton latino patetico (Baby), ritmi e basi ripetitive che sentiamo oramai da qualsiasi trapper da almeno tre anni (Abracadabra e Macarena), e pezzi più punk à-la Achille Lauro e Machine Gun Kelly (Hollywood). Il tutto condito da liriche che non hanno assolutamente niente da raccontare e che faranno fatica a trovare posto persino nei selfie malinconici dei/delle ragazzini/e delle scuole medie.

La traccia Tik Tok, spezza il disco in due e ci regala l’unico momento decente sia dal punto di vista musicale che dei testi, specialmente grazie a un Marracash in evidente stato di grazia dopo Persona, che arriva e manda al tappeto chiunque gli si avvicini con “Quattro platini, vi ho già doppiati – Vorrei ridoppiarvi, alla Fabio Celenza – Marra A.K.A.: Fabio Eccellenza“. E cosa gli vuoi dire?

La seconda parte del disco offre altri momenti di follia totale con una traccia (Giovani Re) rubata probabilmente a Tommaso Paradiso (forse abbiamo scoperto che fine hanno fatto gli altri due dei Thegiornalisti), un pop italiano anni ’60 in stile L’esercito del selfie (in 6 AM), una brutta copia di quel pezzone che era Figli Di Papà (in Salam Alaikum con Steve Aoki) e la solita trap senza sapore (in Gelosi e Gangang con Lil Mosey).

L’ego di Sfera (come si vede dalla foto – poco originale – che gira persino sui led wall di Times Square a New York), oramai ha preso il volo e sembra inarrivabile, al pari degli ascolti streaming di Famoso, che aumentano di ora in ora e che hanno sfondato ogni record già nelle prime 24h dopo l’uscita e al momento (quindi dopo 4 giorni) superano i 30 milioni di streming su Spotify. Trenta milioni.

Le aspettative sono state esaudite per metà, o anche meno, perché il disco a tratti è, sì, divertente e facile, ma tutt’altro che fresco e di qualità. Manca dall’inizio alla fine un nuovo sound, un qualcosa che possa identificare il sound di Sfera – come riusciva a fare Charlie Charles all’inizio della loro carriera. Le storie raccontate non vanno oltre le tipe, gli invidiosi e l’erba. I tanti produttori, diversi per ogni traccia, tolgono solo valore a quella che dovrebbe essere l’identità di Famoso: ci sta pure bene che sia un album pop e non trap, ma nel 2020 si può fare benissimo del pop radiofonico di qualità, senza scadere in un disco dai mille generi, fatti solo per accontentare il palato di tutti. Ma soprattuto con la potenza di fuoco che c’era dietro alla creazione di questo disco ci si aspettava davvero qualcosa di grandioso e figo, sia per i 14enni con la tracolla Supreme, sia per chi cercava un prodotto simpatico e leggero, ma di buona fattura.

Tracce consigliate: Tik Tok (feat. Marracash & Guè Pequeno), Male