Strano a dirsi, ma è così: Persona di Marracash è un album coeso, coerente e progettualmente valido, tra i migliori, per questi aspetti, usciti in Italia fino a adesso, quest’anno. Strano a dirsi, non tanto perché si parte prevenuti nei confronti di un artista che, è vero, tra queste nostre righe non ha ricevuto mai un’accoglienza calda, ma perché da uno dei maggiori nomi di successo della scena pre-trap italiana, non ci si aspettava un cambio di messa a fuoco come quello che è al centro di Persona.

Due volti di una stessa persona

Il cuore del disco è già tutto nell’outro di BODY PARTS – I denti, prima traccia che si conclude con una voce proveniente da un film di Ingmar Bergman, ispiratore omonimo dell’album: “Tu insegui un sogno disperato, questo è il tuo tormento”, la tensione emotiva del genio svedese irrompe come un fulmine nel beat, un cortocircuito che ti salda sulla sedia o ovunque stai ascoltando il pezzo – ti impone a continuare. “Butta fuori i tuoi pensieri o finiranno per ucciderti”: inizia QUALCOSA IN CUI CREDERE – Lo scheletro, si entra nel vivo di Persona, un inno alla musica intesa come salvezza, c’è Gue Pequeno non a caso, a palleggiare le strofe. È Fabio a parlare, qui, del suo scheletro, della struttura che da sempre lo tiene in piedi. Ma subito dopo invece, di contrappasso, subentra il doppio, ecco tornare Marracash: parte la base cult di Frankie Hi-Nrg, nuova invocazione alla musa, che in questo caso è però l’algoritmo che domina e manovra oggi la diffusione musicale e artistica, ma anche tutto il resto, dalla politica al non-pensiero della massa contemporanea.

Questi due volti di una stessa persona – Fabio e Marra – si alternano in tutto l’album. Proseguendo il percorso, nella parte centrale del disco abbiamo più Marra, il personaggio; è infatti una sezione composta da hit, pezzoni radiofonici con Mahmood e Sfera Ebbasta, o la prova di forza con Luchè che è SPORT – I muscoli. Scendendo verso la coda dell’album invece l’atmosfera cambia, sale sul piedistallo Fabio con i moti che, evidentemente, hanno innervato le radici prime di tutto il progetto. Centrale in questa sezione è CRUDELIA – I nervi, un pianto, un’accusa e una maledizione lanciata a un destinatario preciso; ve lo ricordate Eamon? Ecco, CRUDELIA è Fuck It i cui panni sono risciacquati nelle suggestioni che Bergman ha suscitato in Marracash. Anche Ambra Angiolini subisce questo bucato ad alta gradazione (APPARTENGO – Il sangue). E già solo accostare Bergman e Ambra Angiolini e Eamon è sintomo di un lavoro da ricordare. Ma andiamo avanti ancora.

Fuori dalla palestra

Non c’è solo geometria binaria. Uscendo dallo spazio dei contenuti, si offre una certa varietà nella costruzione musicale, soprattutto nel montaggio logico e strutturale dell’album. Questi sono tratti che vanno a rimpiazzare una solare assenza di freschezza strumentale, che a primo approccio sembra essere un punto debole di Persona. Non c’è infatti innovazione nelle basi; non c’è nemmeno però una coerente ripresa dei suoni tipici dell’età dell’oro di Marra. È stato quindi fatto un passo in avanti, ma non lì dove ci si aspetterebbe. Cos’è allora? Si sente che il tappeto sonoro è stato ripassato nel setaccio trap (ovvero nel presente), ma di trap c’è poco, anzi niente. Certo, tra il parterre dei producer compare Charlie Charles, ma è insieme a Dardust in un feat. con Mahmood (i vincitori di Sanremo): siamo quindi in una fase già post-trap. In cabina di produzione appare soprattutto Marz, che dà suono a Ernia e Rkomi, così come Zef, che è inoltre noto essere in stretta collaborazione con Izi. C’è anche Big Fish, non ha bisogno di presentazioni, e Low Kidd, il cui tocco colora l’universo Machete e le strofe di Lazza. Prima ancora di ascoltare il disco, si potrebbero allora già formulare idee su quello che Persona vuole essere partendo da questa lista di produttori. Passato, presente e futuro dell’hip hop italiano; commistione del genere verso il pop, ma anche verso il cantautorato. Bilanci e controbilanci, corsi e ricorsi – di certo Persona non offre virtuosismi innovativi, ma ha il merito di ristabilire sotto il pieno controllo di un unico obbiettivo l’intero album; ha poco senso, infatti, parlare di “belle basi, testi brutti” o viceversa, questa distinzione diventata obbligatoria con la fondamentale etichetta prod. by che fa il 50% almeno di un pezzo rap/trap, in questo disco si sgretola.

Con il suo quinto disco Marracash cambia totalmente approccio al materiale: lo sguardo osserva da un’altra parte, il foglio si riempie di parole e urgenze nuove, le barre mutano forma e significato. Ne esce fuori un album sorprendentemente intimo, in grado di dare un abbraccio avvolgente ai problemi interiori che – senza vergogna – sono stati messi al centro del lavoro. La muscolatura di un rap spaccone, roccioso (che rimane vivissimo in alcuni tratti come dimostra SPORT – I muscoli), cede il passo a una voce più amara, più sottile (pur mantenendo la sua tipica rozzezza); la tecnica di scrittura, la sua esibizione palese, lascia spazio all’urgenza di uno sfogo; non c’è più solo Marracash davanti allo specchio della palestra (la palestra del rap, delle classifiche), ma c’è anche Fabio chiuso in casa davanti alla propria immagine riflessa (la depressione e l’ansia).

Il nuovo sguardo di una scena

Insomma, Persona è un album che spiazza le aspettative relative al suo autore, e allargando il cerchio, è un disco che, con la sua architettura e i suoi fili, fa ripensare in questi i termini le direzioni che un’intera scena potrebbe intraprendere: il rap in Italia, i suoi esponenti più illustri, più esperti, stanno forse cambiando occhi? I toni si fanno cupi, scuri, introversi. Una forte componente emo tinteggia ormai molte delle barre che prima invece non ammettevano debolezze – o se c’erano, erano una posa. No, non è una scopiazzatura dell’emo trap che ha dilagato su SoundCloud, ormai da diversi anni, negli Stati Uniti; quella nera malinconia d’oltreoceano è una maniera al pari degli altri cliché linguistici e stilistici della trap in generale (come dimostra l’ultimo Ketama). Qui si tratta di altro, si avverte che c’è un movente di fondo che spinge a “fare rap”: storicamente, questo movente può essere stato (e lo è tuttora) la denuncia sociale, possono essere i soldi (i trapper non l’hanno mai negato). Ora Marracash ci suggerisce che il rap può diventare anche strumento di autorialità, di espressione interiore. Una novità? No, certo che no, ma in Italia, nel 2019, non è così scontato che i dolori di un’anima possano essere dipinti e curati in un album che, in virtù di essere esponente del genere più in voga dell’industria musicale attuale, dovrebbe rispettare canoni da sfonda-classifiche. Dietro Persona si sente che c’è un autore, una voce che doveva dire quello che dice, non c’è solo uno staff di gente che strofina le mani annusando il successo. Il nuovo album di Marracash è di più, è un’architettura complessa, un disco legato da una fitta trama di fili strettamente annodati; un album, un organismo unico appunto, come suggeriscono le appendici dei titoli di ogni brano. Parti di un unico corpo che vanno prese tutte insieme, tenute unite da un’uguale struttura – un progetto che va ascoltato come si deve ascoltare un album vero, fatto a maniera: dall’inizio alla fine, ascoltare e capire. Non è infatti uscito un singolo apripista di Persona, è arrivato tutto insieme, in un solo colpo, senza frammenti; altra scelta che si allontana dall’orizzonte d’attesa che si osserva parlando di Marracash, rapper che è stato fondamentale più per poppizzare il genere, anziché elevarlo in termini di spessore e ricercatezza artistici.

Ma ora qualcosa è cambiato, ed è un cambiamento che in potenza può essere a effetto farfalla: sono già emersi e potranno ora farlo ancora più speditamente sotto questo segno, artisti come Tedua, Izi, Lazza e chi come loro, che pur essendo teste d’ariete delle tendenze del momento, hanno la necessità di un rap introverso, che guarda più dentro che fuori, che mostra un’interiorità anziché il bicipite; un rap per sfogare sé stessi, per curare sé stessi. Pur non avendo una chitarra e non venendo dal Midwest a stelle e strisce.