La maturazione dei Red Hot Chili Peppers ha lasciato per strada troppi vuoti da riempire, e la conseguente mancanza d’ispirazione ed idee ha creato dischi di (sempre meno) singoli e (sempre più) riempitivi. Potrebbe sembrare strano ma tutto è avvenuto con Californication: il ritorno di John Frusciante, e dunque il ritorno ad un sound funky più scazzato e cristallino, confrontato al più pesante, sottovalutato e Flea-centrico One Hot Minute, ha trasformato i RHCP in una band dal successo planetario che si appoggia solo su poche canzoni arcinote. Non me ne vogliano i fan della band ma il loro periodo più florido è stato senza il chitarrista newyorchese, con un Hillel Slovak in sinergia con Flea (al massimo del suo potenziale hard-funky) fino all’ 87 e successivamente la forte presa di posizione del bassista su Dave Navarro nel già citato One Hot Minute, sono stati i momenti più sinceri e carichi di rabbia.

The Getaway si trascina su binari ormai fin troppo conosciuti. Già su I’m With You si è sentita la parabola discendente della sezione ritmica: Chad Smith si limita al compitino, mentre Flea non crea più i suoi vorticosi giri slap & pop e non bastano quei pochi bridge estemporanei. Il rallentamento delle canzoni è quindi inevitabile: We Turns Red sembra la versione slow di Give It Away, mentre Goodbye Angels quella di Can’t Stop. Così come il resto, anche la voce di Anthony Kiedis, ormai monotonale, si appiattisce generalmente su una melodia pop standard e sono poche le occasioni in cui la modulazione vocale varia (e non è un caso che ciò accada nei pezzi migliori del disco). This Ticonderoga è un treno hard-funky che si permette dei cambi di tempo azzeccati, Go Robot ammicca al nu funk con sintetizzatori a tappetto, un bridge incredibile (seppur corto, mannaggia a voi) e un mezzo ritorno al rapping.

Il disco viaggia stancamente verso la conclusione ed i pezzi dimenticabili sono veramente tanti. Il pianoforte come nel precedente lavoro non riesce a dare una marcia in più (The Longest Wave, il singolo Dark Necessities, The Hunter e la conclusiva Dreams Of Samurai) e sembra aggiunto solo per possibilità e non necessità. Due pezzi che potevano essere curati in maniera differente sono Detroit ed Encore, che ammiccano al passato prossimo ma non riescono ad emergere durante l’ascolto, perdendosi troppo presto. In tutto ciò Josh Klinghoffer resterà per tutti il sostituto mal riuscito del peggior Frusciante e, informalmente, il turnista della band durante i loro live.

Per concludere, e per chi ancora se lo stesse chiedendo: no, non sentivamo il bisogno di The Getaway.

Tracce consigliate: This Ticonderoga