Le aspettative che concludevano l’Hype N°190: “Il gruppo (Palehound, ndr) ingloba l’attitudine noise-rock risultando, a volte, pericolosamente simile agli Speedy Ortiz, ma mantenendo una propria identità che sicuramente con l’uscita del prossimo disco sarà più marcata.”

I padrini Pixies e The Breeders si fanno sentire più intensamente in questo esordio, Dry Food, con la benedizione dei Pavement e con delle derive tipicamente americane come: surf, folk e country; e non è nemmeno tutto qui. Easy filtra nelle ossa, scivolando via, delineando un paesaggio 90s tra malinconia e follia; Cinnamon, addirittura, si porta con sé un tipico effetto da chitarra jazz votata al pop. Il momento più alto si ha però con la prima canzone, Molly: la traccia parte con un incalzante basso e arpeggio di chitarra, una chitarra crunchy spunta felicemente dopo il cantato, sprigionando una forte aggressività seppur non dilaniando la canzone, incastonandosi in questo mix tra post-punk, surf, math-pop e country, con un finale in levare che volta completamente faccia al pezzo.

Le restanti canzoni (8 nel totale del disco, che dura poco meno di 30 minuti) sterzano i momenti più sghembi, riportando tutto in una dimensione eterea, senza tempo e, nonostante tutto, alterata. Ellen Kempner, deus ex-machina dei Palehound (in questo disco suona tutti gli strumenti, meno la batteria) confeziona un disco che lascia grosse soddisfazioni, grandi pezzi e una qualità sempre alta. Se vi siete davvero emozionati con quell’enciclopedia Nineties che è Sometimes I Sit And Think, And Sometimes i Just Sit di Courtney Barnett, oppure vi siete lasciati trascinare dall’anti-folk di Painted Shut degli Hop Along, questo disco è sicuramente adatto a voi; ma soprattutto, se volete riprendervi da quella mezza delusione di Foil Deer degli Speedy Ortiz, qui troverete il vostro rifugio ideale.

Traccia consigliata: Molly, Easy