Dopo un così imponente successo nei primi anni 2000 e un crollo a picco alla fine del decennio, è difficile riemergere dalle profondità di quel vasto mare che è la scena pop mondiale. A distanza di cinque anni dall’ultimo disco, però, Nelly Furtado non si è data per vinta ed ha deciso di tornare a far parlare di se, questa volta sotto tutt’altra veste rispetto a come la conoscevamo noi tutti qualche anno fa.
Fa infatti uno strano effetto parlare ora della carriera dell’artista canadese. Dopo che tutte le sue hit passate sono ormai finite nel dimenticatoio, viene da ridere se si pensa che Say It Right, nell’ormai lontano 2007, passava su MTV/in radio ad ogni ora e tutti la conoscevano. Un brivido attraversa la schiena pensando alle inascoltabili Turn Off The Light, Manos Al Aire e Promiscuous.

Ma in questi anni qualcosa è cambiato. Tutto l’hype che si è creato attorno all’artista prima dell’uscita di questo album non è un fenomeno da poco conto. In primo luogo il featuring con Dev Hynes è probabilmente ciò che ha dato via al tutto. Il bellissimo singolo Hadron Collider, uscito un anno fa in anteprima a Freetown Sounds, ha suscitato una certa curiosità. La Furtado ha inaspettatamente cambiato stile e dimostra le proprie capacità in un brano soul-pop, finalmente fornito di una buona emotività. Secondo: esce Pipe Dreams, singolo e anteprima di The Ride. Dopo questo, le aspettative per il nuovo album sono tante. Pipe Dreams è un fortissimo brano. Atmosfere anni 80 si miscelano ad un downtempo legato ad eccentuati organi, direzionando tutto verso una ballata gospel, ricordando tanto il già citato collega Blood Orange, Kindness e la cara Solange.

Ecco che poi arriva The Ride. E se dopo Pipe Dreams ci si aspettava una svolta soul-R&B, già dalla prima traccia del disco, Cold Hard Truth, si viene (quasi amaramente) smentiti. Ciò che viene proposto è infatti del synth pop graffiante, dance e che, in fondo, con la voce della cantante si sposa bene. Salta subito alla mente una versione meno rock di St. Vincent e infatti, non per caso a produrre il disco questa volta sarà John Congleton, già produttore della Clark, ora santo protettore della cantante canadese. Seguono quest’onda FlatlinePalaces, Paris Sun e Right Road, quest’ultima, con i suoi suoni semi-orientali è forse la canzone che più merita in tutto il disco.
Le ballad tipiche della prima Furtado vengono ora lasciate da parte se non per qualche eccezione che devia verso un pop melodico (Carnival Games, Tap Dancing, Phoenix). Ma di quel pop caratteristico dell’artista non è rimasto praticamente niente. La ricerca di un suono indipendente ha portato ad un alternativa al pop. Adesso il genere è molto più particolare, sicuramente più consono all’artista. A momenti ci si avvicina ad una Lykke Li in Youth Novels. Stick and Stones con la sua cassa dritta, le percussioni tribali e i bassi sporchi, è paragonabile ad una versione più frenetica dell’artista svedese.

Questo è un capitolo sicuramente buono per la carriera dell’artista canadese, non è da togliere però che c’è ancora tanto sul quale lavorare. Gran parte dei brani mancano ancora di carattere seppure musicalmente siano fondati su buone basi. La scelta di un buon produttore e delle giuste collaborazioni hanno giovato al sound dell’artista e l’aver scelto di intraprendere una nuova strada dopo una carriera simile è stata una mossa particolarmente audace. Rimane il fatto che la Furtado deve ancora trovare un vero sound che le si addica, tuttavia, il cammino sembra promettere bene e fa decisamente effetto vedere un artista del genere reinterpretarsi, cercando di dare sfogo ad un secondo debutto.

Brani consigliati: Pipe Dreams, Right Road.