La macchina di release discografiche Ty Segall ha avuto al suo fianco in molti lavori, un ragazzo castano capellone che nei live del biondo amico imbracciava il basso. Quel capellone è Mikal Cronin e anche lui in quanto a progetti e release non scherza. Tra collaborazioni con il golden boy del garage revival (Ty Segall appunto) e lavori con altre band tra cui Okie Dokie, Epsilons. Oggi arriva il suo secondo album da solista. O meglio a suo nome.

Nel 2011 aveva già dato in pasto agli amanti dello skate, dei chitarroni sporchi e ai ragazzoni un po’ malinconici un disco omonimo.

10 tracce allora e 10 tracce oggi. Lo stile di Mikal è fortemente simile a quello di Ty Segall. Ma se in Slaughterhouse il biondo c’era andato giù pesante col fuzz, qui si resta più legati ad album come Goodbye Bread. Ogni brano infatti si mischia con chitarre acustiche che aprono i pezzi in chiave psych-folk e addirittura country.

Nel dettaglio dei pezzi si parte da un inaspettato pianoforte in Weight e una educata voce ma appena si schiaccia il pedale dei sogni (il fuzz) scatta l’abbraccio tra fratelli del garage grazie ai vocalizzi di Mikal. E’ la canzone per iniziare la mattinata di merda I’m not ready for another day/I’m not ready for the weight againTake me from myself/Holding on for something, I don’t know. Il ritornello di Shout It Out punta parecchio su quelle melodie punk attitude in cui t’imbatti nell’adolescenza. Ma fanno sempre centro perché Shit goes on and on and on and on and on.

See It My Way e Piece Of Mind sono il perfetto biglietto da visito per il ragazzo di San Francisco. La prima gioca benissimo tra chitarra acustica e assoli che se si potessero trasformare in pezzo di legno, spaccherebbero le gambe. La seconda è tutto il lato da songwriter che viene fuori. Chitarra e violino. Roba da artisti di strada. La musica come passione totale, quello che dimostra il perché questi ragazzi di San Francisco facciano revival a nastro di garage e lo-fi rock.

Change ha una chiusura stupenda tra archi dolci e schiaffi di fuzz a tradimento. Insomma Mikal ti sa schiaffeggiare col fuzz, ma poi ti sa dedicare un pezzo acustico per cui non riesci a picchiarlo come Don’t Let Me Go.
MCII trova il suo meritato spazio nella vostra libreria di dischi garage/psych-folk se l’idea di vivere a San Francisco e trovare un Ty Segall ad ogni angolo vi stuzzica parecchio.

Chi invece ha paura del fuzz, si può solo dire di prendere prima il libretto dei testi di Mikal, farvi intenerire e poi il fuzz sarà solo un peto profumato di un neonato (metafora tra il punk e il poetico) per le orecchie.

L’ennesimo disco di revival. Ma di quelli tanto belli.

Tracce consigliate: Weight, Don’t Let Me Go.