Tutto era cominciato parlando di supereroi, grattacieli e tramonti. Li avevamo presentati come uno dei possibili crack del 2013 e, precisi come un orologio svizzero, a 10 mesi di distanza ci troviamo a parlare di uno degli album più attesi ed acclamati dell’anno.

Hannah Reid, Dot Major e Dan Rothman, sono loro gli artefici del piccolo capolavoro chiamato London Grammar. Dopo singoli di assoluto valore, la pressione su di loro era elevatissima, l’hype creato attorno al trio incalcolabile e l’attesa per il loro debut album quasi soffocante. Tutto è filato liscio, pulito, limpido, come la splendida voce di Hanna, e l’album di debutto, If You Wait, non ha tradito le aspettative. La formula è stata vincente sin dall’inizio: sonorità alla XX unite ad un vocalizzo sublime di un dono di natura, un incrocio tra Florence Welch e Jessie Ware. Aggiungiamoci astuzie e strategie di marketing degne delle più affermate band e il gioco è fatto.

Si inizia con Hey Now, così come era iniziata la carriera dei London Grammar. Un climax minimale di percussioni e di corde pizzicate delicatamente, che trova il suo punto più alto nella potente voce di Hannah Reid. Il portone d’ingresso nel mondo di Hannah e soci. Shyer e Stay Awake delineano l’atmosfera con un perfetto bilanciamento tra parti strumentali e cantato, raggiungendo apici di ambient-pop recentemente sfiorati e assaggiati con i Daughter.

Innestiamo le marce alte con Wasting My Young Years, secondo singolo della band londinese nonché uno dei migliori brani dell’anno. Un sali e scendi di pathos; l’ascoltatore è rapito dalla prima all’ultima nota in questa dedica canora all’ex ragazzo della Reid. Un intreccio strumentale che si sovrappone a quello sentimentale, in cui la struggente voce di Hannah è libera di esprimere tutto il suo potenziale. Con questo brano è ipotizzabile la vera e propria esplosione della band, con un balzo nel mondo musicale non necessariamente di nicchia, ma maggiormente mainstream.

In un album “hannareidcentrico”, ogni singolo pezzo convince e coinvolge. Le undici tracce sono perfettamente amalgamate ed equilibrate, senza mai scadere nella monotonia. L’innesto di tre ballate al piano come Interlude (Live), Nightcall ( splendida cover del famoso brano di Kavisky) e If You Wait, stemperano l’ipnotica ripetitività che si sarebbe potuta creare. Ennesimo punto d’interesse è la variante sfumatura etno dub di Flicker, perfetto tramite per l’eterea chiusura sinfonica affidata alla titletrack.

Con un album d’esordio come If You Wait, i London Grammar hanno tutto per poter diventare dei pezzi da novanta del mondo musicale inglese e non solo.

Per chi non ne avesse ancora abbastanza è presente anche una Deluxe Edition assolutamente da leccarsi i baffi. Ulteriori sei tracce, in cui spiccano la sonorità tribale di Darling Are You Gonna Leave Me e Help Me Lose My Mind, il featuring coi terribili Disclosure.

Recomended track: Wasting My Young Years, Strong

7.8/10