Vi ricordate qualche estate fa, quando Day ‘n’ Nite spopolava ovunque? E quel video pieno di figa? Beh, di quel Kid Cudi è rimasto poco. Sono anche passati 5 anni e Kid non solo si è sbarazzato dei Crookers e ha sfornato altri due LP, ma  si è sbarazzato anche di quel sound da canzonetta estiva: in pratica quello che invece Pharrel ancora non è riuscito a fare. Certo, sparare a zero su Kid Cudi sarebbe stato fin troppo facile, visto e considerato che nella concorrenza del genere non è di certo in pole position, ma allo stesso tempo sarebbe stato anche fuori luogo. A dire il vero, lo stesso Kid non ha avuto le idee chiare su cosa avrebbe rappresentato questo album per lui: su Twitter negli ultimi mesi ha annunciato poi smentito poi riannunciato l’uscita di un EP, poi di un album poi non si sa bene di cosa. Finché, un mese fa circa, ha lui stesso dichiarato (sempre su Twitter) “We all take flight in February” riferendosi al suo lavoro come “the bridge between INDICUD and MOTM3. An experience 6 years in the making”; dunque dopo questo confusionario hype, è giunta l’ora di vedere quanto Mr. Cudi ci faccia volare verso la luna, come lui stesso ha promesso.

Le 11 tappe che compongono Satellite Flight: The Journey to Mother Moon sono eterogenee, passano tra sonorità aggressive a vere e proprie rap-song. Ciò che accomuna tutti i 41 minuti di ascolto è un’atmosfera cupa, senza alcun ricordo dei bei tempi in cui faceva sculettare mezzo mondo; che ti è successo povero Kid? La opening-track è una dichiarazione d’intenti, Destination: Mother Moon, una due-minuti di synth e batteria che rendono l’atmosfera elettrica. L’anima nigga non si sente ancora nemmeno alla seguente Going to the Ceremony caratterizzata da uno snervante riff di chitarra e poco altro di notevole. Ma eccoci nel bel mezzo del viaggio che con Satellite Flight viene fuori quello che stavamo aspettando, il nigga-sound! E, se non bastasse, il prof. Cudi ci ha anche dato un’interpretazione filosofica di questo brano “Take it to the satellite means think beyond what you know, look beyond what you can see, feel beyond what you can touch. The vibes”:  philosophy is a dope, mate! Dopo un inframezzo musicale, incontriamo un po di tamarraggine gratuita nei pressi di Balmain Jeans, ma la punta di diamante è il dissing verso ignoti, Too Bad I Have To Destroy You Now in cui il motivo ricorrente è un modesto “People talk shit bout me/Deep down they knowin’ they ain’t right”. Alla fine del viaggio Kid chiude Satellite Flight con Troubled Boy, in cui spiega ai suoi colleghi gangsta che nessuno vuole un ragazzo incasinato, ma a dirla tutta la realtà sembra smentirlo.

Tra alti e bassi il nigga di Cleveland, con questo (forse inflazionato) espediente del viaggio, sforna un album tutto sommato apprezzabile. Il tuo viaggio verso la luna è ad un buon punto, ma magari quando sarai nuovamente un Man On The Moon, torna a farci ballare man!

Traccia consigliata: Too Bad I Have To Destroy You Now