Sappiamo tutti benissimo che sono due anni almeno che i Kasabian sembrano fare a gara con la band di Bellamy e soci a chi riesce a farsi prendere più per il culo dal mondo intero, e che probabilmente il loro nuovo disco sarà una cagata atomica: è essenzialmente per questo che qui in redazione  48:13 rimbalza minacciosamente da un recensore all’altro come un bel gavettone pieno di merda. Ma è arrivato il momento, per cui ragazzi non facciamoci prendere dal panico, facciamo un bel respiro e vediamo cosa possiamo dire a riguardo. Cercando di stare calmi, anche se stiamo parlando di ragazzi che hanno un frontman che ha pressappoco questo aspetto. Anche se hanno sbagliato le magliette per il Glastonbury. Anche se hanno detto di voler suonare nello spazio. Anche se sono amici di Noel Gallagher. CERCHIAMO DI STARE CALMI. Per evitare di sciorinare una lunga sfilza di insulti a caso, o di scrivere semplicemente “è una merda!” voglio organizzare metodicamente il lavoro, e procedere track by track, dicendovi in breve con tutta l’obiettività di cui sono capace cosa funziona e cosa no.

(shiva): un minuto e qualcosa di rumore con un po’ di synth di garage band. Vorrei cambiare disco ma non posso.

bumblebeee: un pezzo che sfiora l’autoplagio, eccezion fatta per un coretto in odor di power metal. Arrangiato bene, ovviamente prodotto benissimo, ma sa già di riempitivo.

stevie: cari Kasabian, caro Serge. Quando, circa un anno fa, avete dichiarato che il prossimo album sarebbe stato senza chitarre eravamo tutti contenti. Eravamo contenti perché pensavamo solo a quanto sarebbe stato bello liberarsi di quella onnipresente zanzara transistor che è la chitarra di Pizzorno, e che in genere copre ogni cazzo di secondo di musica. Mai più però avremmo potuto immaginarci che sareste stati così fottutamente geniali da metterci gli archi, tantissimi archi. Il risultato è così rumoroso e malriuscito che ho dovuto controllare un paio di volte se non ci fosse qualche altro player aperto, la tv accesa o se stesse squillando il telefono. L’unico motivo per cui potrei rispettare la presenza degli archi in questo lavoro è pensare che abbiate voluto sommergere di suoni a caso i vostri pezzi perché in fondo neanche a voi piacciono, ma so che non è così, e che questo è l’ennesimo tentativo di passare per genietti della musica contemporanea ficcando in un contesto che francamente non lo richiede strumenti classici a caso, giusto per far esclamare “WOOOHOOOOO!” ai più beceri fra gli ascoltatori.

(mortis): uuuuuuh!

doomsday: questo pezzo l’ho sentito per la prima volta in macchina, cambiando canale alla radio. È partito fortissimo, spedito, cattivo. Per un attimo mi sono sentito giovane, e ho spinto un bel po’ sull’accelleratore. Quando è partito il ritornello con il suo cambio di tempo vagamente latin sono tornato in me e ho rallentato. Forse quell’orribile break mi ha salvato la vita, chissà. Questo per dirvi che il pezzo in sé non sarebbe malissimo, e per trovare un senso a quel cambio che più fuori luogo non si può.

treat: un riffaccio rubato dai Deep Purple per un pezzo dei Kasabian che dura quasi sette minuti. Addio.

glass: mischiare la ritmica della chitarra acustica di Wonderwall, dei synth brutti e una parte rappata alla fine può esservi sembrata una buona idea. Ma non lo è.

explodes: i Kasabian hanno imparato che si possono mettere gli effetti anche alla batteria, qualcuno li fermi. Il pezzo non è peggio di altri, la parte col chitarrone distorto a 3:20 mi ha anche esaltato un pochino. Il suono con il quale inizia il pezzo invece sono io che mi sparo.

(levitation): sambaaaaaaaa!

clouds: autoplagio parte II, quindi nel complesso meno insopportabile del resto.

eez-eh: vi ho già detto che stanno facendo a gara coi Muse a che viene preso più per il culo?

bow: pezzo molto più riuscito di altri, lo apprezzerei quasi se non mi stessero seguitando le orecchie, peccato.

s.p.s.: ballad folk a caso, dopodiché ABBIAMO FINITO.

No cioè, troppo bravi.

Traccia consigliata: doomsday