Questo Collections, secondo lavoro in studio per il quartetto di Manchester Delphic, l’ho ascoltato in macchina, autostrada A4, tronco novara milano. La strada che corre, il rombo dei motori e il paesaggio post industriale. Nonostante le numerosissime insegne a led luminosi mi tentassero non poco a seguire il loro consiglio “se sei stanco fai una sosta“, io quest’album l’ho ascoltato fino in fondo. Ed è stata dura.

Già dall’ opening track Of  The Young che apre il disco con un sottile tappeto di percussioni e una linea melodica che potrebbe essere tanto di Bieber quanto di Bellamy e soci, capiamo che abbiamo a che fare con un disco di merda, piatto, inconcludente e molto poco ispirato.

Mentre guidavo ho visto dal finestrino un cartellone pubblicitario de Il Gattone, leader padano dell’ arredamento low cost , che recitava ” Gattone: offerte graffianti”. Con buona pace del loro copywriter (probabilmente defunto R.I.P) ho immancabilmente pensato che i giochi di parole dovrebbero essere tassativamente vietati a certe categorie di persone, tipo gli idioti. Ecco, così pure dovrebbe essere per l’uso dei sintetizzatori, che- per carità- se piazzati con gusto e capacità sanno essere (grazie al cazzo) piacevoli, ma sono anche capaci di dare il colpo di grazia ad un album già di per sè non particolarmente pregnante ed ispirato. Questa scontatissima ma essenziale verità ci viene ribadita più volte dal terrificante ascolto di questo Collections, dove, tra melodie piuttosto banalotte e insensate, fanno capolino sintetizzatori che alternativamente ci ricordano:

-la neomelodica indiana
-i suoni della natura (quelli new age per dormire) 
i suoni di windows
-GLIANNIOTTANTA

Purtroppo il fattore nostalgia non entra in gioco efficacemente, e l’ascolto di questo lavoro rompe il cazzo dopo 10 minuti. Il singolo  proposto Baya è, fralaltro, fra i primi a stufare: un po indiano e un po’ nigga, appare imbarazzante, noiso e anche un po’ sbruffone, nonostante  sia generalmente favorevole al meleting pot. Attraverso Changes, Freedoom Found, The Sun Also Rises, Memeo ecc. il disco scivola via piatto e incomunicativo, privo di veri momenti di interesse. Uniche parti a onor del vero salvabili sono le linee vocali, in genere armonizzate piuttosto bene ( ad esempio in Changes e Atlas). E bohm. Rimane davvero poco altro da dire di questo Collections, come pure è poco ciò che rimane dal suo ascolto.

Tracce consigliate:  Atlas