La leggenda di Jesus Is King nasce alla fine di settembre 2018, quando Kanye West annuncia un nuovo album intitolato Yandhi e pubblica uno snippet del primo singolo Hurricane. Da quel momento ha iniziato a posticipare l’uscita del disco in loop fino allo scorso agosto quando Kim Kardashian ha reso nota la data di pubblicazione di Jesus Is King, altrettanto rimandata di un mese.

Per capire al meglio questo album bisogna partire però dal Sunday Service messo in atto da Kanye: l’artista infatti, per tutto il 2019, ha girato l’America spostando l’appuntamento religioso dalla città alla campagna, dal Coachella alle chiese. Ogni domenica ha riunito amici, artisti e fedeli per celebrare il giorno del Signore cantando vecchi e nuovi brani e pregando tutti insieme, accompagnati dalla sua nuova band (dal nome Sunday Service anch’essa). Un atto di fede – anche di marketing, sì – che sta a dimostrare quanto Kanye abbia profondamente accettato la chiamata ricevuta da Dio e deciso di sacrificare tutto sé stesso per portar a termine il suo lavoro.

E deve essere un atto di fede anche il nostro, quello di credere al cambiamento di Kanye: decidetelo in partenza e giudicatelo in base a quello che scegliete. Potete definirlo come un coglione che a ‘sto giro gli è partito l’embolo della chiamata di Gesù (in contrapposizione totale al periodo di Yeezus) oppure potete prenderlo seriamente e considerarlo il nuovo Paolo Brosio, un po’ più figo, pronto per l’ennesimo pellegrinaggio.

Noi abbiamo scelto di credergli.
Forse per questo siamo rimasti un po’ delusi.

Musicalmente parlando, il disco è bello; oramai è difficile trovare qualcosa di tremendo nella musica Kanye. Ogni volta riesce a sfornare dischi godibili, con qualche alto e basso certamente, ma nella media Jesus Is King suona bene e non è la semplice cagata gospel che tutti si aspettavano. È un mix di rap dritto, cori religiosi gospel e quelle 2 o 3 chicche che spara in ogni album. Nessun brano raggiunge il livello dei vecchi capolavori (a tema religioso) Jesus Walks o Ultralight Beam, ma brani come God IsFollow God riescono comunque a farci emozionare.

Con On God si torna ai tempi di All Of The Lights, Follow God ripercorre il sentiero già batutto di Father Stretch My Hands, Use This Gospel, con un fantastico assolo di sax, viaggia ai confini delle collaborazioni con Justin VernonGod Is è la quintessenza di Kanye post-2010: un brano commovente che gira attorno a uno splendido sample datato, riadattato con ottimi arrangiamenti e un bel falsetto (qualcuno ha detto “l’outro di New Slaves“?). Convince poco Selah con il suo crescendo infinito di “Hallelujah” che non porta a niente.

Il tutto è compattato in 27 minuti che passano in un Amen (eheheh). Kanye conosce il mondo discografico e ne detta le regole da sempre: questa dovrà essere la lunghezza degli LP del prossimo decennio. Tutto più rapido e fruibile, in un mondo veloce in cui la tecnologia ci ruba sempre più tempo. Ce ne aveva già dato un assaggio l’anno scorso con la Wyoming Session (oltre a ye e KIDS SEE GHOSTS c’erano gli album di Nas, Pusha T e Teyana Taylor) e ora il disco da mezz’oretta is here to stay.

Quello che non funziona, invece, è il messaggio che Jesus Is King vuole lasciarci – oggi, ma soprattutto domani. Perché se l’obiettivo dichiarato è quello di convertire il maggior numero di persone al Cristianesimo, c’è da impegnarsi e sperimentare molto di più.
Abbiamo deciso di credere al suo messaggio e allo spirito dell’iniziativa, aspettandoci di conseguenza qualcosa di maestoso, imponente e d’avanguardia. Ma quello che rimane al termine dell’ascolto è un mucchio di cliché, citazioni bibliche a caso e pensieri confusi su ciò che lo circonda.

On God fa da esempio per tutto il disco: è un riassunto di tutte le cazzate combinate nella sua vita, farcite dall’ennesima figuraccia sulla questione del 13esimo emendamento americano, da qualche citazione presa dalla Bibbia e da improbabili giustificazioni assurde per ognuna delle cazzate di cui sopra – non può mica far morire di fame la sua famiglia, le Yeezy dunque costeranno sempre 1000$, così come il merch di questo disco o i biglietti dei suoi concerti. Lo fa per la famiglia e lo giura su Dio.

Closed on Sunday è un mix di frasi che al giorno d’oggi potreste sentire a qualsiasi TED Talks o corso di self-coaching – con un’altra caduta di stile nel tirare fuori la catena Chick-fil-A, nota per le politiche anti-LGBT. Water invece lavora un po’ meglio i racconti e la parte simbolica del Battesimo nel mondo cattolico (“Clean us like the rain in spring / Take the chlorine out our conversation / Let Your light reflect on me / I promise I’m not hiding anything / It’s water”).

Il resto delle liriche, tanto per intenderci, può essere riassunto con banali salmi responsoriali come “Dio è grande, Gesù è il re, Dio ci ha salvati, Dio è la luce, la mia è una missione e non uno show, il Signore è mio pastore e io non manco di nulla“.

I made “Jesus Walks”
I’m never going to hell

Così Kanye cantava tempo fa in Otis con Jay-Z: è vero, ma Jesus Walks era di un altro pianeta e con questo disco non si apriranno sicuramente le porte del paradiso (a differenza di quanto cantato in Selah), ma quelle del confessionale di una chiesa.

Il percorso sembra essere ancora lungo e parecchio difficile se la strada scelta è questa: non basta imporsi di dire al massimo due parolacce al giorno o dire ai tuoi collaboratori di non scopare prima dal matrimonio.

Arriverà un altro invito a presentare i PornHub Awards.
E probabilmente lo accetterai.

Tracce consigliate: WaterGod Is