Il cappotto è un breve racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’, che tratta la rocambolesca storia di Akakij Akakievič, il quale, collocato ai margini della vita sociale pietroburghese, è deriso dai colleghi per via del suo cappotto logoro e liso. Akakij, così, per un anno rinuncia alle sue spese abituali, fa a meno del tè, delle candele e prende a passeggiare lentamente per evitare che la suola delle scarpe si consumi, e tutto ciò per un duplice fine: acquistare un nuovo cappotto e, allo stesso tempo, riacquistare maggior decoro e dignità al cospetto dei colleghi. Anche i Junior Boys, come Akakij, hanno atteso molto tempo perché il loro grosso cappotto nero fosse finalmente ultimato, per l’esattezza cinque anni. Ed anche loro si sono privati di molto, desistendo dagli eccessi synth pop e facendo a meno del suono tanto dolciastro da risultare spesso indigesto.

In realtà, prima che da rinunce, Big Black Coat – come la nuova mantella di Akakij – nasce da una consapevolezza raggiunta: quanto è stato indossato per anni dal duo canadese – così come dal funzionario di Pietroburgo – è ormai sciupato, in certe parti addirittura usurato e forse trito dal tempo. Allora ciò che cercano non è solo un nuovo cappotto, ma anche un buon sarto, il migliore, che riesca a cucir loro addosso certo una stoffa, ma anche un’identità nuova e rigenerata. E dunque in soccorso di Akakij giunge Petrovič, ad aiutare indirettamente invece i Junior Boys è Daniel Victor Snaith, meglio conosciuto come Caribou, il quale ha da sempre incoraggiato i suoi due conterranei, soprattutto Jeremy Greenspan che negli ultimi anni ha accudito e ospitato presso Jialong, la sua bottega.

Big Black Coat è confezionato su un morbido tessuto upbeat. L’imbastitura è invece profondamente personale, calzante. Tanto personale che emergono timidamente spettri pop (You Say That), ma comunque costretti nella forma rigida del charleston e del synth caustico. Più esplicito è invece il carattere malinconico e trascinato dei primi Junior Boys, che si manifesta pienamente in ballate R&B spumose (C’Mon Baby, No One’s Business, Baby Don’t Hurt Me). Poi ecco l’elemento assolutamente nuovo, Greenspan arricchisce il lavoro introducendo un temperamento più audace e sfacciato. Nel periodo solista si è infatti avvicinato alla scena elettronica sotterranea e in Big Black Coat prova così ad unire synthpop a suoni più marcati della prima Detroit. Il risultato, generalizzando ampiamente, si avvicina più a quello ottenuto dai Yellow Magic Orchestra che a quello conseguito dai Kraftwerk, ma comunque da entrambi, per ovvie ragioni, rimane molto molto lontano. Si rivela insomma più dance, più melodico, che minimalista e robotico. Il tutto, oltre che sui vocalizzi spesso riverberati di Jeremy, è come sviluppato su di un continuum: ad un estremo c’è Over It, che quasi sembra l’ultimo 45 giri di Michael Sembello, e all’altro estremo c’è invece And It’s Forever, che è quanto di più simile ad Our Love di Caribou.

Il giorno in cui Petrovič ebbe terminato il cappotto, fu probabilmente per Akakij Akakievič il più solenne della sua vita. “Ogni minuto, ogni istante sentiva d’avere sulle spalle un cappotto nuovo e varie volte persino sorrise d’interna soddisfazione”, e questo perché quello di Akakij era davvero un buon cappotto, poi ben rifinito, e soprattutto imbottito per combattere e vincere il freddo. Anche Big Black Coat è un album ben assemblato e, anche se disomogeneo, abilmente tenuto insieme nonostante le premesse fossero ancora più promettenti. L’illusione che il duo canadese possa aver compiuto un lavoro impeccabile, d’alta sartoria, che finalmente dia loro un certo tono, dura infatti grosso modo cinquanta minuti, la durata dell’album. Diversamente da quanto accade ad Akakij che, un momento prima della festa data dai suoi colleghi per lui e il suo nuovo cappotto, è derubato della mantella che aveva acquistato con i risparmi di un anno e che l’aveva reso, per qualche istante, un uomo nuovo. E questo perché quel cappotto era stato confezionato con una cura e una precisione sartoriale mai viste prima.

Tracce consigliate: And It’s Forever, Love Is A Fire.