Sun Kil Moon è una delle penne più prolifiche degli ultimi tempi: al terzo album in meno di tre anni, dopo l’acclamatissimo Benji (2014) e il suo successore Universal Themes (2015), per Mark Kozelek scrivere, e farlo con una voce propria, è una necessità, e lo chiarisce bene in Exodus: “I’m very much me and Nick Cave is very much he, but we’re the same in that we’re both songwriters and we don’t stop moving – we’re like waves in the sea“. Muoversi è l’altra necessità, ed è quella da cui trae ispirazione per scrivere così prolificamente, soprattutto dopo l’abbandono di un certo stile fatto di metafore che lui stesso definisce “vecchie e noiose” in cambio di una narrazione più simile ad un flusso di coscienza che ad una “canzone” a tutti gli effetti.

Con così tante cose da dire Kozelek sa bene che per non risultare anch’egli vecchio e noioso deve continuare a muoversi in modi diversi e collaborare con artisti sempre nuovi: e allora arrivano Steve Shelley (Sonic Youth) alla batteria, Isaac Brock (Modest Mouse) alla chitarra, Will Oldham, Rachel Goswell (Slowdive), Alan Sparhawk e Mimi Parker (Low) ai cori. E poi ovviamente, prima di tutti, c’è Jesu, il progetto che risponde al nome di Justin Broadrick, già membro dei Godflesh e maestro nella produzione di quei suoni a ridosso tra l’ambient, il post-rock e l’industrial che con le pinze definiremmo post-metal, ma che in Jesu / Sun Kil Moon sono perlopiù cangianti e vengono declinati con paradigmi sempre diversi.

Va premesso che le numerose declinazioni non ottengono sempre il successo sperato: se c’era una cosa che avevamo particolarmente ammirato in Universal Themes era la sottomissione totale degli elementi strumentali, che fungeva principalmente – ma mai banalmente – da contorno alle parole, persino nella chitarra elettrica di With a Sort of Grace I Walked to the Bathroom to Cry, che è il vero ponte di continuità tra questi due lavori (in realtà Kozelek cita i Godflesh in anche The Possum).

In Jesu / Sun Kil Moon le chitarre industrial tipiche di Broadrick, metalliche e prepotenti, riescono a rafforzare l’urgenza della domanda “What does rekindle mean?” di Good Morning My Love in apertura, così come a dar voce e necessità alla violenza vocale (che altrimenti non troverebbe porto) di Sally, ma rischiano di prendere il sopravvento in Carondelet in cui, colpevoli anche gli echi, Kozelek diventa quasi sfuocato. Di Father’s Day si può dire invece che quel tappeto di suoni elettronici memore un po’ dei Postal Service (simile in Last Night I Rocked the Room…) è la controparte troppo debole di quel che accade nel testo:

What is next?
And when will I face death?
Do I want kids? We both think “no”
But I hear them laughing on the playground at school
And I think about life
With all its pain and hurdles

La domanda quindi è valida: due brani non troppo riusciti possono appiattire tutto un album? A volte possono, ma qui non ci riescono.
Sono braccia forti quelle di Good Morning My Love e di Sally; e lo sono ancora di più quelle dietro A Song of Shadows, in cui Broadrick immerge una canzone d’amore nel più classico post-rock; è forte quel piccolo capolavoro che è Exodus, dedicata al figlio di Nick Cave morto prematuramente, che tra un piano struggente e i cori dei Low e di Rachel Goswell racconta una forma di lutto così inaffrontabile da non avere nemmeno un nome; lo sono i muri di suono minimali di Beautiful You come i richiami al vecchio Sun Kil Moon di Fragile; lo è la complessità musicale di America’s Most Wanted Mark Kozelek and John Dillinger, in cui i droni si accompagnano ad una chitarra probabilmente attribuibile ad Isaac Brock.

Quel che è ancora più forte è il filo conduttore che attraversa tutto Jesu / Sun Kil Moon: l’Amore, che è l’argomento che ripercorre tutta la discografia di Kozelek, ma che in questo album si ripresenta con maggiore coerenza e come punto focale di ogni brano. Non solo l’amore per la sua compagna Caroline, ma anche quello per la sua famiglia, per gli amici, per i fan e – in modo traslato – quello vissuto attraverso gli altri. Con il Sun Kil Moon post-2012 ci eravamo abituati alla musica asservita alle parole, ma con Jesu al comando della produzione Kozelek riesce a ridare un equilibrio alle due parti, oltre che a regalare una direzione sempre nuova alla sua capacità di produrre musica.

Tracce consigliate: Exodus, A Song of Shadows