Spesso è nelle situazioni di merda che la musica punk nasce, prospera e si riproduce. Che si parli di Sex Pistols o Black Flag, di Minor Threat o IDLES, di critica politica o introspezioni personali, si parte sempre da lì. Lo sa bene Jeff Rosenstock, che con i Bomb The Music Industry! ha passato 10 anni a sdrammatizzare situazioni di merda, prima di staccare la spina al progetto nel 2014.
Niente che non abbia continuato a fare dopo: We Cool? è il punto di partenza, ma sono stati WORRY. e POST- ad aver riportato il focus sul suo songwriting. Neanche fosse un episodio dei Simpson, Jeff è sempre stato in grado di anticipare nei suoi brani il disastro che si sarebbe abbattuto sull’America da lì a poco – Trump, sto parlando di Trump – e in NO DREAM riesce molto spesso ad usare le parole perfette per descrivere quello che molti millennial passano tutti i giorni pensando a un futuro apparentemente senza speranza.

Se vi ritrovate in questa descrizione – e ci mancherebbe, dopo mesi e mesi chiusi in casa – e non avete paura di sporcarvi la maglietta con una manciata di accordi distorti, ritmiche veloci e melodie che rimangono in testa, è probabile che NO DREAM sia il disco che fa per voi. La title-track, ad esempio, parte tutta carina con Jeff che canta di violenze e abusi, che tanto noi stiamo dormendo ed è tutto un sogno, salvo svegliarsi di botto a mille all’ora lanciando un rant clamoroso sul capitalismo, una sorta di manifesto accelerazionista in tre accordi. Nikes (Alt) si muove su un punk rock più classico ma il senso è sempre lo stesso: “Chasing bliss is only numbing it”, ci dice Jeff, “So I scour the internet for a new pair of Nikes / Status symbol shit that I say I’m above”. O l’iniziale NO TIME, che in meno di un minuto mette in fila Rancid e NOFX per chiedere a tutte quelle persone sempre tranquille e realizzate, come hanno fatto a vivere un’esistenza così bilanciata nonostante il casino che circonda tutti (“Did you learn to make amends with your pile of flaming shit? / Gain the patience to deal with total idiots / Without losing your composure? / Oh please, tell me how it is / I didn’t have the time”).

È buffo come molte delle sensazioni evocate da questo disco – sull’isolamento, sul riuscire a tenere la barra dritta in momenti di difficoltà – Jeff le abbia concepite non in lockdown, ma in giro per il mondo, durante un tour estenuante. Ed è questo tema che espone il lato più umano e meno cinico del buon Rosenstock: Ohio Tpke, che chiude il disco, parla semplicemente del tornare a casa e della contraddizione che nasce quando sei un musicista e il tuo lavoro è suonare ovunque (“I miss coming home to you / I hate coming home / I hate leaving home”), mentre The Beauty Of Breathing è un mite vaffanc*lo alle persone che trattano con leggerezza ansia e attacchi di panico. Menzione speciale per State Line, che prima tratteggia alla grande la vita del musicista in tour (“So long, been staying home less than leaving / Anxious more often than lookin’ alive / Stoned more than feeling, drunk more than sleeping”) per poi aprirsi in qualcosa di più romantico (“Can I take a piece of you ‘cross the state line / Like the rhythm steals my body / Like the song that steals my mind?”).

NO DREAM ha la forza delle band che hanno fatto grande il punk rock negli anni ’90 e la fragilità di chi ha deciso di mettere in piazza i propri sentimenti, dato che le maschere servono solo ad Halloween. Jeff Rosenstock in questo momento è l’apice di una catena evolutiva partita dai Ramones, passata per Rancid e Bad Brains e arrivata fino ai Green Day di Dookie e Insomniac. Forse abbiamo trovato il perfetto manifesto punk rock per questo 2020.

Tracce consigliate: State Line, Scram!, The Beauty Of Breathing